MINISTORIA DEL CAMPIONATO DEL MONDO DELLA 500

 

Testo pubblicato per gentile concessione dell'autore  ANDREA BIAGI

 PROLOGO
Il campionato di motociclismo fu istituito nel 1949, nettamente in ritardo rispetto alla maturità tecnica ed agonistica raggiunta da questo sport. Furono soprattutto gli inglesi ad impedire l’effettuazione di un campionato a prove multiple, per non mettere in discussione la loro supremazia. Maestri indiscussi, propugnatori di un tipo di motocicletta da corsa semplice (all’insegna del motto “tutto quello che non c’è non pesa e non si rompe”), si trovarono in difficoltà con l’evolversi della tecnica. Italiani e Tedeschi, costruirono mezzi molto più sofisticati, con motori pluricilindrici che prevedevano l’uso del compressore e dei carburanti speciali, infrangendo ripetutamente la supremazia inglese nei veloci circuiti europei. Dove però le case ed i piloti britannici rimanevano imbattibili era nel Gran Premio d’Inghilterra che si disputava nell’isola di Man. È questo, (perché si disputa ancora oggi!) un circuito pazzesco dal punto di vista della sicurezza, che richiede peraltro grandissima abilità da parte dei piloti e grandi doti di resistenza emaneggevolezza delle moto. Un percorso di 60 Km che partendo dal livello del mare sale fino a 600 metri di altitudine per poi piombare nuovamente sul traguardo. Le partenze avvengono a cronometro a causa della ristrettezza della carreggiata e le prove libere si svolgono all’alba perché il circuito deve essere riaperto al traffico normale. Sono leggendarie le curve e le località che la gara attraversa: la curva in discesa prima di Bray Hill, il ponte di Ballaugh dove le moto saltano paurosamente, la Verandah, la curva di Greg-ny-baa, il Governor’s bridge, con la immancabilepubblicità della Dunlop, curva strettissima e in discesa che catapulta i piloti sul rettilineo d’arrivo. Andare forte all’esordio è in sostanza impossibile: non si tratta di memorizzare le solite poche curve di un normale circuito, ma una miriade di curve cieche, tutte diverse, correndo tra case, muretti e marciapiedi. Non solo chi vince questa gara, ma anche chi sale sul podio riceve la patente di campione. Le case italiane e tedesche andarono all’assalto di quest’ultima roccaforte, spinte anche da motivi politico-nazionalistici (il motociclismo italiano del ventennio si adattò molto bene alfascismo, in un perenne scattare di saluti romani, e cose analoghe avvennero ovviamente anche in Germania). La prima casa continentale che riuscí a compiere la grande impresa di vincere questa corsa fu la Moto Guzzi, che deve a questa vittoria buona parte della fama che seppe guadagnarsi. Nel ’35, il campione irlandese Stanley Woods, assunto nell’occasione, realizzò una mirabile doppietta 250-500 usando il monocilindrico nella prima e il bicilindrico longitudinale a V di 120 e 2 nella seconda gara. Due anni dopo, Omobono Tenni fu il primo pilota non di lingua inglese a vincere questa corsa con la Moto Guzzi 250. Il trevigiano fu protagonista di una gara formidabile, sgomentando lo speaker della corsa per il pazzo abbandono con cui prese le curve del circuito. Nel ’38 si fecero avanti anche i tedeschi che vinsero la 250 con la DKW a due tempi di Kluge e la 500 nel ’39 con la BMW del famoso George Mayer detto "il sergente di ferro". Sempre nel '39, fu particolarmente significativa la vittoria dell’Inglese Ted Mellors nella 250, perché ottenuta in sella alla Benelli bialbero che lo stesso pilota era andato a chiedere ai fratelli Benelli dopo averla vista gareggiare a Monza. In quello stesso anno si svolse inoltre un campionato europeo a prove multiple, in realtà un vero e proprio campionato del mondo, che fu vinto dal pesarese Dorino Serafini con la Gilera 500 quattro cilindri. Questa moto merita una citazione particolare perché progenitrice di tutte le moto pluricilindriche italiane a quattro tempi che dominarono i mondiali fino agli anni ’70, quando il motore a due tempi riuscì a ribaltare a proprio favore la supremazia tecnica. Costruita a Roma dall’OPRA (Officine di Precisione Romane Automobilistiche) del conte Bonmartini, fuprogettata dagli Ingegneri Gianini e Remor al tempo in cui Piero Taruffi, giovane pilota alle primearmi, frequentava la facoltà d’Ingegneria.
Quando questi riuscì finalmente ad ottenere la guida della moto, l’OPRA fu chiusa dal volubile conte che fondò la CNA (Compagnia Nazionale Aereonautica) per conto della quale Gianini e Taruffi progettarono una seconda moto quattro cilindri, raffreddata ad acqua e sovralimentata dal compressore, che fu denominata Rondine e con la quale Taruffi vinse numerose corse compreso il GP di Tripoli, molto famoso a quei tempi. Ma anche la CNA ebbe vitabreve e fu venduta alla Caproni Aereonautica che però non volle interessarsi della moto. Taruffi si mise allora in contatto con Giuseppe Gilera (l’unico vero gran signore di Arcore!), proponendogli l’acquisto del materiale da corsa, ed il suo ingaggio come progettista-pilota. La moto ebbe notevoli perfezionamenti e Taruffi, che aveva il pallino delle carenature e dei records, stabilì nel ’37 il primato assoluto di velocità strappandolo alla BMW. Alla Gilera era nel frattempo sopraggiunto, su consiglio dello stesso Taruffi, l’ing. Remor, primo progettista di questa moto, particolarmente bravo nella progettazione dei motori. La vittoria del campionato europeo premiò il lavoro e la passione di tutti. A questo punto la guerra interruppe ogni attività.

1949
Le corse ripresero faticosamente nel dopoguerra, disputate su improvvisati circuiti cittadini con le vecchie moto che i più fortunati erano riusciti a nascondere e a recuperare a guerra finita. Arrivati al ’49, fu istituito il campionato a prove multiple, decidendo che tanto valeva denominarlo Campionato del Mondo. Gli inglesi, in cambio del loro consenso, ottennero che fosse vietato l’uso di sistemi di sovralimentazione e di miscele speciali ad altissimo numero d’ottano. In questo modo potevano riprendere immediatamente le corse con gli stessi mezzi anteguerra, mentre le caseitaliane dovevano progettare nuove moto o correre con quelle esistenti spogliate del compressore perdendo ogni vantaggio in fatto di potenza. La Moto Guzzi rispolverò la vecchia bicilindrica, ormai tecnicamente superata, mentre Gilera preferì far realizzare una nuova moto dall’ing. Remor che progettò un quattro cilindri raffreddato ad aria, compatto e leggero. Gli inglesi parteciparono con la solita gloriosa Norton, irremovibile dal monocilindrico, e con la più audace AJS che presentò un bicilindrico orizzontale detto “porcospino” per la particolare alettatura ad aculei della testa. Per i tedeschi non ci fu problema perché furono tenuti fuori delle corse per qualche anno. Il primo gran premio si disputò all’isola di Man e vide la vittoria di Harold Daniell con la Norton. La Moto Guzzi bicilindrica di Robert Foster fu costretta al ritiro dopo aver fatto il giro più veloce, come fu attardata da noie meccaniche l’AJS di Leslie Graham, primo gran campione del dopoguerra, appartenente però alla vecchia generazione, come lo stesso Daniell o come l’italiano Pagani, penalizzati daglianni persi per la guerra. La Gilera non partecipò neppure alla gara, ritenendo inadatti sia la moto sia i piloti, tutti italiani e quindi inesperti del micidiale circuito. Nella successiva gara disputata al Bremgarten in Svizzera, vinse Graham davanti al giovane Artesiani con la Gilera quattro, mentre Pagani, in sella soltanto alla Gilera Saturno monocilindrica, a causa d’alcune discussioni con l’ing.Remor, arrivò soltanto quarto; un piazzamento che costò a conti fatti il titolo mondiale. La prima guida della Gilera, Carlo Bandirola, detto "il Banda" e dagli inglesi “the bandit” cadde infortunandosi. Ad Assen Pagani finalmente in gara con la quattro cilindri compì un capolavoro di strategia disputando tutta la corsa dietro Graham per risparmiare il motore e saltando in testa all’ultimo giro sul rettilineo, dove fece valere la maggiore potenza della sua moto. All’ arrivo l’ing.Remor, commosso fino alle lacrime, fu freddato dal sarcastico Nello con un “potrebbe anche ridere una buona volta, sono due anni che piange!”, riferendosi ai problemi che avevano afflitto la nuova moto fino a quel momento. In Belgio, fermo per guasto Graham, in ritardo per problemi alla moto Pagani, prevalse in volata Doran con l’AJS su Arciso Artesiani con la Gilera. Sul difficile circuito irlandese Graham vinse la gara mettendo quasi al sicuro il titolo su Pagani che arrivò solamente terzo. Soltanto una vittoria dell’italiano accompagnata dal ritiro dell’inglese poteva rimettere in discussione il titolo. In effetti, accadde proprio questo, perché Pagani vinse a Monza precedendo Artesiani, mentre Graham fu messo fuori gara da un incidente a Lesmo, causato dal solito impetuoso Bandirola, al rientro dopo l’infortunio. La classifica calcolata su tre gare dava i due pretendenti a pari punti, ma Pagani aveva un punteggio totale più alto, perciò sembrò che il titolo dovesse essergli assegnato, ma a questo punto si scatenò la polemica: per gli inglesi il campione era Graham! Era accaduto che il regolamento del mondiale, (scritto in francese) prevedesse l’assegnazione di 1 punto supplementare all’autore del giro più veloce d’ogni gara, se classificato. Per gli italiani significava che si dovesse assegnare il punto soltanto all’autore del record sul giro se questo concludeva la gara, mentre per gli inglesi il punto doveva essere sempre assegnato all’autore del giro più veloce tra chi arrivava al traguardo. In pratica era accaduto che nel gran premio di Svizzera l’autore del giro più veloce Frend si era poi ritirato ed il punto era stato assegnato a Graham che aveva fatto il secondo giro veloce vincendo la gara. La federazione dette ragione agli inglesi, forse anche per compensare il danno subito da Graham a Monza per opera di Bandirola e cosi Leslie Graham e l’AJS furono i primi campioni del mondo.

Classifica finale     1) Leslie Graham (AJS) 30
                                 2) Nello Pagani (Gilera) 29
                                 3) Arciso Artesiani (Gilera)25

1950
 Qualcosa di notevole avvenne durante l’inverno ’50 in casa Gilera. L’ing. Remor litigò con il Commendatore e se ne andò alla MV ingaggiato dal conte Agusta, che stava impegnando grandi risorse per affermare la sua casa in questo sport. Dopo poco tempo uscì la nuova moto, molto originale nelle sospensioni a barre di torsione, nella trasmissione ad albero cardanico e con un curioso comando del cambio, con una leva per parte, una per salire ed una per scalare le marce. Ilmotore invece era assolutamente identico al 4 Gilera, la qual cosa provocò grandi polemiche tra le due case. La nuova moto portata in gara al GP del Belgio da Artesiani arrivò quinta, mentre ottenne un buon terzo posto a Monza. La lotta per il titolo fu per il momento questione esclusiva di Gilera e Norton. Il TT vide apparire il primo grande campione della nuova generazione: l’inglese GeoffreyDuke, uno dei più grandi in assoluto, forse secondo solo a Mike Hailwood. Pilota freddo e calcolatore, inventore della tuta intera, fu il primo pilota a comprendere l’importanza della cura dei particolari, sia della moto sia dell’abbigliamento del pilota. Duke vinse la gara raggiungendo Bell, partito 3 minuti prima di lui, mentre Foster con la Moto Guzzi e Graham furono nuovamente costretti al ritiro, con la Gilera ancora assente. I successivi gran premi in Olanda e Belgio furono vinti da quella che sembrò la risposta italiana a Duke: il giovane parmense Umberto Masetti. Brillante e affascinante, sempre impegnato fuori pista a spassarsela, forse perché preso dalla intima paura di aver poco da vivere, dati i continui lutti che funestavano questo sport, si rivelò alla fine solo una meteora, anche se brillantissima. Questo fu il suo grande anno: iniziata la stagione italiana con il Saturno, piomba nella gare mondiali soppiantando Nello Pagani. Preso il comando della classifica, Masetti si difese strenuamente a Monza arrivando secondo dietro Duke, autore di una fantastica esibizione dovuta alle preprie doti e a quelle telaistiche dalla Norton. Terzo posto per Arcisio Artesiani con la MV, al suo primo podio.

Classifica Finale      1) Umberto Masetti (Gilera) 28
                                   2) Geoffrey Duke (Norton) 27
                                   3) Leslie Graham (AJS) 17

1951
La MV, proseguendo nella sua escalation al titolo, assunse Leslie Graham, che fu quindi il primo grande pilota inglese a correre stabilmente con una casa italiana. Ottimo collaudatore, si impegnò in un grosso lavoro di messa a punto, che consistette essenzialmente nell’eliminare tutte le trovate avveniristiche di Remor, perciò la moto diventò sempre più simile alla Gilera, senza poterla per il momento impensierire. Tra le due litiganti, però, si intromise  la Norton  che grazie a Duke e ad un nuovo telaio a doppia culla detto “letto di piume” si affermò non solo al solito TT, ma anche nelle gare del continente. Masetti vinse il GP di Spagna poi fu fermato da un incidente, sul finale del campionato ci furono le belle prestazioni di Alfredo Milani che vinse in Francia ed il GP delle Nazioni a Monza. Intanto la Moto Guzzi, dopo aver abbandonato il bicilindrico, adottò una doppia strategia: una mono evoluta per i circuiti lenti e lo sviluppo di avveniristici motori per quelli veloci. Fu, infatti, sviluppato prima un quattro longitudinale, poi, qualche anno più tardi, il famoso 8 cilindri a V, raffreddato ad acqua, che ebbe grossi problemi per la carburazione e l’accensione. Quando infine sembrò prossimo a dominare le corse, fu mandato in soffitta dal clamoroso ritiro dalle competizioni della casa.

Classifica finale     1) Geoffrey Duke (Norton) 35
                                 2) Alfredo Milani (Gilera) 31
                                 3) Umberto Masetti (Gilera)21

1952
La MV cominciò ad andare fortissimo, ma fu frenata da banali guasti che rallentarono la marcia di Graham in classifica. Dopo l’esordio vincente delle AJS di Brett e Doran,al GP di Svizzzera, il TT fu vinto da Armstrong con la Norton, mentre Duke fu costretto al ritiro, con Graham che scese al secondo posto perdendo tempo al rifornimento. Ancora assenti, per i soliti motivi le Gilera. InOlanda e Belgio nuovo gran colpo doppio di Masetti, portantosi in testa alla classifica. Fuori causa Duke a causa di un infortunio, vano e tardivo fu il recupero di Graham, che vinse a Monza a medie record e nella gara conclusiva in Spagna. Furono sufficienti per Umberto Masetti i due secondi posti dietro l’ Inglese per portare a casa il titolo.

Classifica finale      1) Umberto Masetti (Gilera) 28
                                  2) Leslie Graham (MV Agusta) 25
                                  3) Reginald Armstrong (Norton) 22

1953
Stagione invernale ricca di polemiche. Gilera ormai stufo di non poter partecipare al TT, e consapevole che la MV con Graham aveva un grosso vantaggio, si decise al grande passo e consigliato da Piero Taruffi, direttore sportivo della squadra, assunse la coppia regina della Norton, cioè Duke ed Armstrong. I piloti italiani, primo fra tutti Masetti, ma anche Milani, Liberati, Colnago dovettero da quel momento mordere il freno e disputare solo il campionato Italiano e poche gare iridate. I giornali inglesi gridarono al tradimento, accusando le case italiane di slealtà e la vigilia del TT fu vissuta con grande attesa e passione. Intanto la Norton, depauperata dei suoi migliori piloti, pescando in quello che a quel tempo era un vivaio inesauribile, assunse il rhodesiano Ray Amm. Era questo un pilota spavaldo e coraggioso che soleva dire: " se nel fare una curva non provo spavento vuol dire che l’ ho presa piano!". Il TT iniziò bene per Graham: vincitore delle 125, alla premiazione, dette appuntamento sullo stesso podio per il giorno della 500. Durante il riscaldamento della moto prima della gara, fu vittima di una caduta ferendosi al braccio. Medicata la ferita, prese regolarmente il via, transitando al terzo posto dopo il primo giro dietro Duke e Amm. Gettatosi all’inseguimento fece in pieno la curva in discesa dopo il traguardo, ma non riuscì a tenere la moto schiantandosi contro un muro a grande velocità. L’incidente mortale non fermò la corsa, perché la morte, in questa assurda gara rientrava nelle regole del gioco ed oltre 200 piloti vi hanno perso la vita. Caduto senza conseguenze Amm, che riprese la corsa, Duke sembrò sicuro vincitore, ma cadde al Quarter bridge per aver aperto troppo bruscamente il gas. Sarebbe stato un successo clamoroso per la Gilera e per il pilota, all’esordio con la 4 cilindri, invece la Norton con Amm riuscìancora una volta a vincere la gara. Nei successivi gran premi Duke recuperó agevolmente arrivando a 4 vittorie, una a testa per Amm, Milani, Kavanagh.

Classifica finale     1) Geoffrey Duke (Gilera) 38
                                 2) Reginald Armstrong (Gilera) 24
                                 3) Alfredo Milani (Gilera) 18

1954
La Norton tentò una disperata ultima difesa, potenziando il motore e affidandosi alla bravura e al coraggio di Amm, che aveva avuto il fegato di guidare nelle prove del TT la Norton Kneeler, una moto che si guidava inginocchiati, e che fu poi ritirata dalla stessa Norton che la ritenne troppo pericolosa. La vittoria di Amm al TT suscitò nuove polemiche perché ottenuta in circostanze fortunose. Proprio mentre Duke perdeva temporaneamente il comando in favore di Amm per fare rifornimento, sul circuito calava la nebbia e gli inglesi decretarono prontamente la fine della gara con questa classifica. Nei successivi gran premi Duke si dimostrò imbattibile, mentre Amm fece miracoli precedendo in alcuni circuiti, ogni altro pilota alla guida di una 4 cilindri che non fosse Duke stesso. Sul velocissimo tracciato di Monza il rhodesiano finì addirittura doppiato, a dimostrazione che la differenza di potenza tra la Norton e le moto italiane era ormai troppo alta e incolmabile anche per un campione. Intanto in casa MV, superato lo scoramento per la perdita di Graham, si era provveduto ad ingaggiare altri due inglesi, Lomas e Dale che pur essendo bravissimi, non riuscirono ad affiatarsi con la moto in modo tale da impensierire Duke e le Gilera.

Classifica Finale      1) Geoffrey Duke (Gilera) 40
                                   2) Ray Amm (Norton) 20
                                   3) Ken Kavanagh (Moto Guzzi) 16

1955
 La MV assunse Ray Amm, dando il colpo finale alla Norton che decise di ritirarsi ufficialmente dalle corse, anche se continuò per tanti anni a produrre ed a vendere ai piloti privati moto molto simili a quelle ufficiali. La casa di Cascina Costa assunse inoltre Umberto Masetti, ormai stanco di subire la dittatura di Duke in Gilera e desideroso di un rilancio. Amm venne ad Imola a correre laCoppa d’oro Shell, una gara pre-campionato con forti premi ed ingaggi, organizzata da Checco Costa, il padre del medico dei corridori Claudio. Ma l’esordio si trasformò in tragedia, perché durante la corsa delle 350 il nuovo pilota della MV cadde alla curva della Rivazza rimanendo ucciso. Fu un nuovo durissimo colpo per il Conte Agusta che dovette affidarsi per il campionato a Masetti, ormai in declino, che riuscì a mantenere le promesse fatte soltanto a Monza, dove vinse favorito da problemi ai pistoni delle Gilera. Intanto Duke e la Gilera erano riusciti finalmente avincere anche il TT dominando poi in lungo ed in largo il campionato.

Classifica Finale      1) Geoffrey Duke (Gilera) 36
                                   2) Reginald Armstrong (Gilera) 30
                                   3) Umberto Masetti (MV Agusta) 19

1956
Alla fine della stagione ’55, la MV, nella disperata ricerca di un pilota competitivo, azzardó l’assunzione del ventunenne inglese John Surtees, che in patria era riuscito a battere anche Duke. Ma una cosa era guidare sui tortuosi circuiti inglesi una monocilindrica leggera con un gran telaio come la Norton, un’altra guidare una 4 cilindri da 200 Kg a carenatura integrale. Molti piloti si erano bruciati in questo passaggio, e lo stesso incidente di Amm stava ad indicarlo. John Surtees, fu quindi convocato a Monza per una prova, e a questo proposito si racconta che, all‘inizio sembrò in difficoltà, girando pianissimo e fermandosi ogni momento al box per lamentarsi e chiedere regolazioni sulla moto. Quando ormai erano tutti spazientiti, l’inglese si fermò per l’ennesima volta, ma per affermare “ adesso moto bene!” e ripartire andando a battere il record della pista. L’assunzione di Surtees fu peró fortunata per un altro motivo: la squalifica dovuta ad uno sciopero che si abbatté su tutti i migliori piloti facendogli saltare le prime due gare. Surtees poté vincere cosí il TT e in Olanda, poi in Belgio rientrarono gli altri piloti, ma la giornata fu addirittura trionfale per la MV che vinse per la prima volta tutte e quattro le classi del GP, cosa che sarebbe diventata abituale qualche anno più tardi, ma che in quel momento ebbe del clamoroso. A quel punto il mondiale era vinto e neppure l’infortunio che impedì a Surtees di correre a Monza lo privò del titolo. Questo ultimo gran premio ebbe un protagonista inatteso, il ternano Libero Liberati, che dopo tanta anticamera era alfine riuscito a convincere Gilera sulle proprie capacità. Liberati portò al debutto vittorioso la 4 cilindri 350, classe dominata fino a quel momento dalla Moto Guzzi, con una mono leggerissima e carenata progettata dal geniale ing. Carcano, il padre della 8 cilindri 500 che intanto stava cominciando ad incutere paura. Nella 500 Liberati ingaggiò un furibondo duello con Duke, immortalato da una celebre fotografia che li vede incollati uno nella scia dell’altro, cedendo solo di un soffio nella volata finale.

Classifica Finale      1) John Surtees (MV Agusta)24
                                   2) Walter Zeller (BMW) 16
                                   3) John Hartle (Norton) 14

1957
Fu questo un anno particolare per il motociclismo agonistico, addirittura fondamentale per i motivi che vedremo. Spasmodica l’attesa degli appassionati, per i prevedibili duelli tra la MV Agusta, laGilera ulteriormente potenziata e la Moto Guzzi 8 cilindri ritenuta ormai pronta per scendere in gara vittoriosamente. La solita Coppa d’oro Shell fu teatro di una lotta entusiasmante, ricca di colpi di scena. Il primo fu la caduta di Duke alle Minerali, che costò all’inglese la stagione, mentre quello finale venne dalla Moto Guzzi 8 di Dale che andò a vincere la corsa in rimonta su Masetti. In verità il campionato vero e proprio non fu poi molto brillante per la moto di Mandello: un 4 posto al TT poi una serie di giri veloci e di ritiri. L’attesa per la prova di Monza rimase delusa, perché infortuni in serie misero fuori causa i piloti ufficiali Lomas, Campbell, Dale e Kavanagh. Il titolo fu conteso dal duo Liberati-McIntyre con le Gilera e dal campione in carica Surtees con la MV. Gran giornata di Liberati a Hockeneim, che dopo aver vinto la 350 nonostante una caduta, vinse anche la 500 sopportando il dolore e resistendo strenuamente al recupero dello scozzese Mc Intyre, battuto di un soffio in volata. Al successivo TT, non partecipò Liberati a causa dell’infortunio, ma anche perché Gilera non lo volle rischiare in una gara cosí pericolosa, dove il ternano non aveva mai corso. Bob McIntyre, pilota spettacolare ed irruente, con uno stile di guida fatto tutto di forza, esemplificato dalla sua posizione in moto con le braccia protese sul manubrio, compí la straordinaria impresa, ancora oggi ricordata, di superare la media sul giro delle 100 miglia orarie, ed a niente valse la resistenza di Surtees che si dovette accontentare del secondo posto. Ma ogni gran premio riservò un colpo di scena, perché ad Assen, McIntyre incappò in una paurosa caduta riportando un grave trauma cranico per il quale fu ricoverato in ospedale. Surtees regolò agevolmente il rientrante Liberati ed i tre si ritrovarono in perfetta parità. Il GP del Belgio non cambiò la situazione, poiché, assente McIntyre e ritirato Surtees, Liberati vinse la gara ma fu poi squalificato per aver cambiato alla partenza la propria moto difettosa con quella del compagno di squadra Brown. Solo a campionato concluso, con una decisione ormai ininfluente, fu accettato il suo reclamo e iscritto il suo nome definitivamente nell’albo d’oro di questa corsa. Il GP di Irlanda, una gara stradale con qualche similitudine con il TT, vide sfumare la grande occasione di Surtees, costretto al ritiro quando era nettamente in testa. Liberati riuscí a vincere precedendo il compagno di squadra, non ancora ripresosi del tutto dall’incidente. La corsa finale di Monza decise la lotta per il titolo tra i piloti della Gilera divisi da due punti, con Surtees ancora in grado di fare da guastafeste. Era però destino che anche questa gara suscitasse scalpore, perché McIntyre, dopo aver vinto la 350, accusò un malore, conseguenza dell’infortunio di Assen. La Gilera decise di appiedarlo e di farlo condurre in ospedale per precauzione. Il pubblico piú sportivo non gradí molto questa decisione, ma Liberati mise tutti a tacere con una splendida gara che lo vide raggiungere e superare Surtees partito in testa. Alla fine della corsa ci furono grandi festeggiamenti e bandiere tricolori al vento. Ma pochi giorni dopo, mentre si aveva ancora nelle orecchie il rombo dei motori e gli applausi, e si stava pregustando un 1958 ricco di nuove emozioni, arrivò inaspettatamente il comunicato con cui le case Gilera (vincitrice della 500), Moto Guzzi (vincitrice della 350) e Mondial (che aveva vinto 125 e 250) annunciarono il ritiro dalle corse. I motivi erano quelli consueti, cioè la forte spesa, i mezziarrivati al limite delle possibilità umane, la volontà di dedicare maggiori risorse alla produzione di serie. In realtà il motociclismo stava entrando in una fase di grave recessione causato dall’avvento delle auto popolari che si aggiunse a quello degli scooters che ridussero quasi a zero la vendita delle motociclette classiche, ormai ricercate soltanto da pochi irriducibili appassionati.

Classifica finale     1) Libero Liberati (Gilera) 32
                                 2) Robert McIntyre (Gilera) 20
                                 3) John Surtees (MV Agusta) 17

1958
Da quest’anno in poi e per diversi anni, il campionato si trascinò stancamente senza grandi motivi d’entusiasmo. La MV Agusta dominò tutte le cilindrate per tre anni consecutivi. Nelle piccole cilindrate, due grandi case tennero vivo l’interesse, da sponde tecniche completamente diverse, anche se non vinsero alcun mondiale. La Ducati con il motore desmo dell’ing. Taglioni progenitore degli attuali motori che vincono in Superbike. La tedesca orientale MZ, sorta sulle rovine della DKW, presentò degli straordinari motori a due tempi, padri di tutti i due tempi attuali, cheprevedevano l’uso del distributore a disco rotante e delle camere d’espansione progettati dall’ing.Walter Kaaden. La MV si trovò a lottare nella 500 solamente con i soliti privati in sella alle monocilindriche Norton e Matchless, impiegando oltretutto un pilota del valore assoluto come John Surtees, il quale non ebbe problemi a precedere l’ottima seconda guida Hartle. La BMW, che aveva corso negli anni precedenti con scarsi risultati, affidandosi al tedesco Zeller, provò ad ingaggiare gli ormai disoccupati Duke e Dale, ma questi non seppero adattarsi molto bene al tipo particolare di guida richiesto dalla trasmissione ad albero cardanico; anzi proprio Duke si trovò piú a malpartito del compagno, e non ci mise molto a risalire in sella alla Norton.

Classifica Finale      1) John Surtees (MV Agusta)32
                                   2) John Hartle (MV Agusta) 20
                                   3) Dickie Dale (BMW) 13

1959
L’unica differenza in casa MV, fu l’ingresso in squadra di Remo Venturi, al posto di Hartle infortunato. Lo spoletino avrà modo di lamentarsi, piú tardi, del comportamento della squadra a favore di Surtees, ma in tutta onestà non si capisce quale motivo tecnico possa avergli impedito di battere o perlomeno di impegnare allo spasimo il caposquadra. Big John realizza il primo En Plein vincendo 7 gare su 7 quando ne bastavano 4.

Classifica Finale      1) John Surtees (MV Agusta)32
                                   2) Remo Venturi (MV Agusta) 22
                                   3) Robert Brown (Norton) 17

1960
Ancora il solito dominio della coppia Surtees - Venturi, con quest’ultimo che riuscí a vincere infine il GP d’Olanda grazie ai problemi di motore che rallentarono l’inglese. Qualche corsa con la quattro cilindri di Cascina Costa fu disputata dal rientrante Hartle e da Emilio Mendogni cacciato dalla Morini 250 per far posto a Provini.

Classifica Finale     1) John Surtees (MV Agusta)32
                                  2) Remo Venturi (MV Agusta) 26

                                  3) John Hartle (Norton– MV Agusta) 16

1961
Anche la MV, stanca di correre da sola, annunciò il ritiro dalle corse. Il ritiro risultò effettivo solo nelle piccole cilindrate, mentre in 350 e 500 fu usato l’escamotage di aggiungere il marchio Privat sul logo del serbatoio. Fu comunque smantellato il faraonico reparto corse e ne fu formato uno molto piú snello per assistere il rhodesiano Gary Hocking nel mondiale ed Emilio Mendogni nel campionato italiano.Quanto a Surtees, ormai stanco di vincere troppo facilmente, all’età di 26 anni colse l’occasione per passare alle auto di F1. Vincendo nel 1964 il mondiale piloti con la Ferrari, risulterà l’unico ad aver realizzato la prestigiosa doppietta moto-auto. Il diminuito impegno comportò anche qualche battuta a vuoto, in particolare al TT dove Hocking fu costretto al ritiro in favore dello stupefacente Mike Hailwood alla guida di una Norton.. Già famoso in patria per aver vinto il titolo nazionale in tutte le cilindrate, vinse tre gare su quattro al TT, ritirandosi nelle 350 quando era al comando. Spronato dal padre Stan, ex corridore divenuto miliardario commerciando in motociclette, cominciò fin da giovanissimo a procurarsi ogni tipo di moto da corsa, con frequenti puntate anche in Italia, specialmente alla Ducati dove acquistò un bicilindrico 250 che la casa aveva costruito ma che non aveva mai portato in gara ufficialmente. Lo scetticismo e l’ironia che lo circondarono all’inizio, quando si presentava sui circuiti con la Rolss Royce ed un grande furgone al seguito, si tramutarono ben presto in ammirazione, finché il Conte Agusta si affrettò ad offrirgli una moto per disputare il GP di Monza, e l’allora ventunenne pilota lo ripagò con una vittoriaclamorosa sul nuovo campione Hocking.

Classifica Finale     1) Gary Hocking (MV Agusta Privat) 48
                                  2) Mike Hailwood (Norton–MV Agusta Privat) 40
                                  3) Frank Perris (Norton) 16

1962
Protagoniste furono ancora e soltanto le MV affidate al terribile binomio Hocking-Hailwood, ma chi pregustò un feroce duello fra i due rimase deluso, perché Hocking dopo essersi preso la rivincita sul compagno al TT, annunciò un clamoroso ritiro dalle corse motociclistiche. Assunto dalla Lotus per rimpiazzare in F1 Stirling Moss infortunato, perí quello stesso anno durante le prove del GP del Sudafrica. Indimenticabile pilota, fu protagonista di bellissime gare sul circuito di Imola, dove lo vide il giovane spettatore Agostini che pensò di iniziare a correre in moto ispirandosi a lui. Il resto della stagione trascorse così in modo ultra monotono, dominato da Hailwood.

Classifica Finale      1) Mike Hailwood (MV Agusta Privat) 40
                                   2) Alan Sheperd (Matchless) 29
                                   3) Philip Read (Norton)11

1963
La scena sembrò rianimarsi con una notizia clamorosa: Duke, dopo aver fondato una sua scuderia (a quei tempi non si diceva ancora Team), convinse Gilera a togliere le quattro cilindri dalla soffitta dove erano rimaste confinate per sei anni. Nessun intervento diretto della casa, queste furono affidate ai migliori piloti inglesi del momento (Hailwood escluso) Derek Minter e il solito John Hartle. Dopo essere tornate alla vittoria sui circuiti inglesi, le moto si presentarono ad Imola per la disputa della Coppa d’oro Shell dove affrontarono Hailwood che si presentò in precarie condizioni fisiche per una caduta avvenuta in patria. Malconcio e dolorante, fu battuto clamorosamente dai due connazionali. Il ritorno alla vittoria sollevò l’entusiasmo dei gileristi, ma si trattò di gloria effimera. Prima un brutto incidente occorso a Minter (peraltro sostituito dall’emergente Phil Read),poi uno scatenato Hailwood costrinsero Duke e i suoi piloti a riporre ogni ambizione. Soltanto ad Assen, Hartle riuscì a vincere grazie alla caduta di Mike. A Monza, le Gilera affidate al rientrante Minter e a Read, furono precedute anche dalla Bianchi bicilindrica di Remo Venturi, finendo poi per ritirarsi inspiegabilmente. L’avventura del ritorno alle corse della Gilera tramite la ScuderiaDuke era già terminata.

Classifica Finale      1) Mike Hailwood (MV Agusta Privat) 40
                                   2) Alan Sheperd (Matchless) 21
                                   3) John Hartle (Gilera Duke) 20

1964
Resta per certi versi inspiegabile il motivo per cui i giapponesi, in quei primi anni 60, ignorassero completamente la 500, mentre stavano dominando in tutte le altre classi. Si può solo osservare che, a quel tempo avevano una strategia commerciale diversa, producendo solamente delle moto di piccola-media cilindrata, che erano contrapposte anche come prestazioni, alle vecchie moto di grossa cilindrata inglesi e tedesche. Addirittura la prova della 500 fu esclusa dal GP di casa, da qualche anno inserito nel calendario del mondiale. La MV perciò, continuò a dominare tranquillamente le gare, con una moto progettata 10 anni prima, ma era in tutti la convinzione che, qualora l’Honda fosse intervenuta, avrebbe tranquillamente vinto senza resistenza. Anziché puntare sugli inglesi, alla Gilera si passò all’italo-argentino Benedicto Cardarella, buon protagonista della stagione di corse sulla riviera romagnola e di una ottima gara a Monza, dove stabilí il giro piú veloce in una gara comunque vinta da Mike Hailwood. Scarsamente impegnato, l’inglese trovò così il modo di correre contemporaneamente in Formula Uno, vantando un sesto posto a Montecarlo.

Classifica Finale      1) Mike Hailwood (MV Agusta Privat) 40
                                   2) Jack Ahearn (Norton) 25
                                   3) Philip Read (Matchless)25

1965
Vista l’inquietudine di Hailwood, sempre piú attratto dall’Honda, che gli avrebbe consentito di partecipare alla classe regina di quegli anni, vale a dire la 250, dove Honda, Yamaha, Suzuki, Benelli, Morini, MZ si davano grossa battaglia, il Conte Agusta pensò bene di premunirsi ingaggiando Giacomo Agostini. Questi iniziò vincendo a Modena nel campionato italiano, poi a Cesenatico precedette anche Hailwood afflitto da problemi ai freni. Agli appassionati sembrò di assistere alla ripetizione dell’anno precedente, quando il giovane Giacomo infilò una serie di vittorie in sella alla Morini, ai danni del campione consacrato Tarquinio Provini passato allaBenelli. Il campione inglese invece non consentí piú al compagno di squadra di arrivargli davanti. Da segnalare il TT dove Agostini, esordiente, cadde senza conseguenze ritirandosi, mentre Hailwood cadde danneggiando la moto, si rialzò raddrizzando pedane e tubi di scarico a forza di calci, poi ripartí con il motore funzionante a tre cilindri, riuscendo a vincere lo stesso. Ad Imatra, in Finlandia, Agostini , mandato da solo per risparmiare, vinse il suo primo GP in questa cilindrata.

Classifica Finale      1) Mike Hailwood (MV Agusta) 48
                                   2) Giacomo Agostini (MV Agusta) 38
                                   3) Paddy Driver (Matchless) 26

1966
L’interesse per le 500 si ridestò di colpo, perché Hailwood passò all’Honda ed Agostini rimase da solo a lottare contro l’ex compagno di squadra e contro la prima guida storica dell’Honda, il rhodesiano Jim Redman. Questi fu un pilota poco appariscente e senza feeling con gli appassionati, tanto che pochi lo ricordano, ma ebbe sicuramente gran classe e secondo alcuni, fu uno tra i migliori piloti di tutti i tempi; vincendo GP in tutte le cilindrate e, in Olanda, nel 1964, vincendo 125-250-350 nello stesso giorno. Ormai a fine carriera, poco adatto a domare la 250 sei cilindri che richiedeva la guida piú brutale di Hailwood, fu dirottato in 500 dove l’Honda pensava di vincere a mani basse. In Germania, primo GP della stagione, in sella alla nuova quattro cilindri preparata in tutta fretta, Redman vinse con 20 secondi su Agostini, in sella ad una moto invecchiata di colpo. Ma la MV, unica casa italiana che disponesse a quei tempi di mezzi adeguati, provenienti dalla produzione degli elicotteri, non si fece sorprendere del tutto, ed in Olanda tirò fuori una nuova moto con il motore tre cilindri derivato dalla 350 che aveva esordito l’anno precedente. Agostini andò prontamente in testa tirando fortissimo, Redman perse subito terreno, mentre Hailwood passato alla svelta in 500 visto il pericolo, cercò di tenere il suo passo finendo per cadere. Quando sembrò che la MV andasse ad un nuovo clamoroso esordio vincente, la moto accusò dei problemi e Redman passò in testa andando a vincere nuovamente. In Belgio, sotto un autentico uragano, Redman, finito su una pozzanghera, fu sbattuto in terra insieme ad altri piloti, riportando la frattura di una gamba, con cui chiuse la carriera. Hailwood andò al comando, ma sul più bello la moto si ruppe, cominciando a denunciare quei problemi di tenuta meccanica che la afflissero sempre. Agostini, con questa vittoria, si trovò catapultato al primo posto in classifica, con l’unico rivale rimasto ancora a zero punti. In Germania est, l’Honda si ruppe di nuovo e mentre Agostini stava andando ormai a spasso verso la vittoria, volò fuori in una curva, rovinando la moto e riportando ferite ed ammaccature in tutto il corpo. In Cecoslovacchia, ancora convalescente, non potè far altro che accontentarsi del secondo posto senza cercare altre avventure. Ad Imatra, sotto la pioggia, approfittò della maneggevolezza della sua moto, per staccare l ‘inglese, sempre in lotta con il suo mezzo, che non ne voleva sapere di stare in strada. Ma al TT ed in Irlanda, circuiti dove era di casa, Hailwood fece una doppietta portandosi in testa alla classifica. L’ultima gara a Monza non lasciava in ogni caso scelte, chi avesse vinto sarebbe stato campione del mondo. La corsa durò pochissimi giri: Hailwood partì in testa, ma Agostini non lo mollò, tenendogli la ruota e poi superandolo, mentre l’Honda già si era rotta appiedando il suo pilota. Un italiano tornò a vincere il mondiale 500 dopo nove anni dalla vittoria di Liberati.

Classifica Finale      1) Giacomo Agostini (MV Agusta) 36
                                   2) Mike Hailwood (Honda) 30
                                   3) Jack Findlay(Matchless) 20

1967
I due campioni si disputarono il titolo in un prolungato testa a testa, del resto nessun altro aveva il mezzo per potersi inserire. Finiti alla pari nel punteggio netto (erano valide la metà + uno delle gare totali), fu decisivo il numero dei ritiri per assegnare il titolo. Agostini vinse in Germania per il ritiro di Hailwood, la stessa cosa accadde a parti invertite al TT. L’ inglese andò in vantaggio vincendo in Olanda, Ago pareggiò il conto in Belgio e tornò in testa sfruttando il nuovo ritiro di Mike in Germania orientale. Nuovo pareggio di vittorie con il GP di Cecoslovacchia, ancora avanti l’italiano che vinse sotto la pioggia in Finlandia, mentre Hailwood finì fuori pista. In Irlanda fu Agostini a ritirarsi bruciando la frizione in partenza. Rimanevano ancora due GP, quello italiano ed un inedito GP del Canada. Quello di Monza fu però decisivo: Hailwood partì in testa scrollandosi dalla ruota Agostini, poi con una serie di giri velocissimi accumulò fino a 20 secondi di vantaggio. A due giri dalla fine, un pubblico prima ammutolito, poi incredulo, infine esultante, assistette al dramma del povero Mike, la cui moto cominciò a rallentare, fino a fargli perdere tutto il vantaggio accumulato. Con questa vittoria ad Agostini non rimase che piazzarsi in Canada, per conservare nuovamente il titolo alla casa italiana.

Classifica Finale      1) Giacomo Agostini (MV Agusta) 36
                                   2) Mike Hailwood (Honda) 46
                                   3) John Hartle (Matchless) 22

1968
Ma i guai per Hailwood non erano ancora finiti. Recatosi in Giappone per provare le nuove moto, venne a sapere che Honda aveva appena deciso di ritirarsi. Le corse erano troppo onerose anche per chi, come i giapponesi, stavano dominando il mercato. Solamente l’ingresso della televisione e degli sponsor avrebbe risollevato questo sport dalla crisi in cui era caduto. All’inglese furono concesse alcune moto per correre le gare delle riviera romagnola, ma senza assistenza della casa divennero rapidamente inservibili. Agostini cominciò cosí la sua lunga serie di titoli vinti con pocagloria, correndo senza avversari che avessero delle moto neanche lontanamente paragonabili alla sua. En Plein dell’ Italiano che vince 10 gare su 10 quando ne bastavano 6. Da ricordare solamente il GP di Monza, dove per motivi di cassetta, fu convinta la MV a dare una moto a Hailwood. Questi si presentò, provò la moto messagli a disposizione, ma resosi conto che era destinato a fare da vittima sacrificale, andò ai box della Benelli che aveva portato una 500 sperimentale per Renzo Pasolini. Avuta la moto grazie alla sportività del riminese, girò fortissimo in prova. In gara dopo un sorpasso esterno sotto la pioggia al curvone, che fece venire le lacrime agli occhi al buon Renzo (costretto a girare con il muletto), tenne la testa per qualche giro, poi pressato da Agostini, volò via all’ingresso della parabolica. Chiuse cosí la prima parte della sua carriera motociclistica, iniziando quella sulle auto. Dopo aver vinto un Campionato di F2, si distinse nel ’73 per aver salvato la vita a Clay Regazzoni strappandolo dalla macchina in fiamme. Nel ’74 fu compagno di squadra di Fittipaldi alla Lotus, finché un brutto incidente al Nurburgring con frattura delle gambe lo costrinseal ritiro. Stupì ancora una volta tutto il mondo motociclistico tornando qualche anno più tardi, a correre e a vincere il Tourist Trophy in sella ad una Ducati 900 e alla Suzuki 500 da gran premio. Dopo aver giocato per tutta la vita a scacchi con la morte, fu infine battuto da questa con un drammatico inganno: il 21 marzo 1981 mentre stava portando a cena i figli, andò a sbattere contro un camion guidato da un autista ubriaco. La figlia rimase uccisa sul colpo, il grande Mike perì dopo due giorni per le ferite riportate. Si salvò il piccolo David che stava sul sedile posteriore.

Classifica Finale      1) Giacomo Agostini (MV Agusta) 48
                                   2) Jack Findlay (Matchless) 34
                                   3) Gyula Marzowszky (Matchless) 10

1969
Fu un campionato noiosissimo, con il pubblico che sfollava in anticipo senza attendere la fine della corsa, tanto era scontato il risultato: primo Agostini e poi i poveri peones della moto ad almeno un giro di distacco. Da segnalare che gli organizzatori d’Imola, riuscirono finalmente ad infrangere il monopolio di Monza, imponendo l’alternanza tra i due circuiti, con grand’arrabbiatura del poco democratico Conte Agusta, che negò la partecipazione della sua casa per ritorsione. Questo consentí ad Alberto Pagani, figlio di Nello, di vincere la gara in sella all’artigianale Linto (preparata da Lino Tonti), una moto ottenuta accoppiando due motori Aermacchi 250 monocilindrici ad aste e bilancieri, in vendita ai corridori privati.

Classifica Finale      1) Giacomo Agostini (MV Agusta) 105
                                   2) Gyula Marzowszky (Linto) 47
                                   3) Freddy Nash (Norton) 45

1970
Il campionato si rianimò nel finale in seguito all’ingaggio d’Angelo Bergamonti da parte della MV. Questi ottenne un secondo posto a Monza dietro Agostini, in una gara dominata da Renzo Pasolini con  la Benelli , che condusse fino a metà gara, quando la moto cominciò a fumare dagli scarichi, segno inconfondibile di perdita d’olio e di rottura imminente. Bergamonti fu poi spedito a correre da solo in Spagna, dove vinse a medie record, dando pratica dimostrazione che, con la moto giusta, esistevano altri piloti capaci di vincere. Da segnalare infine la sparizione delle moto inglesi, sostituite dalle elaborazioni dei due tempi Kawasaki e Suzuki di serie. L’onda lunga del motore a due tempi stava ormai per abbattersi anche nella 500.

Classifica Finale      1) Giacomo Agostini (MV Agusta) 90
                                   2) Ginger Molloy (Bultaco–Kawasaki) 62
                                   3) Angelo Bergamonti (Aermacchi–MV Agusta) 59

1971
Bergamonti, nessun timore reverenziale nei confronti d’Agostini, iniziò la stagione con intenzioni bellicose, dando spesso la paga al Campione del mondo nelle gare della cosiddetta Mototemporada romagnola. Ma a Riccione, sotto la pioggia, tentando di recuperare il distacco preso in partenza, perse in frenata il controllo della moto, che si rovesciò di colpo, abbattendolo sull’asfalto. Latragedia, che produsse grande impressione, segnò la fine dei circuiti cittadini. Il mondiale iniziò quindi al solito modo, con Agostini pilota solitario al comando, senza gran gloria per gli osservatori competenti, con gran risalto invece presso il grande pubblico, impressionato dalla sequenza di vittorie. A Monza, il neo assunto Alberto Pagani, buon pilota, ma con poca grinta ed ormai a fine carriera, iscrisse nuovamente il suo nome nell’albo d’oro della corsa, sfruttando al meglio il rarissimo ritiro del caposquadra. Da notare che i posti d’onore in classifica furono occupati da due illustri sconosciuti.

Classifica Finale      1) Giacomo Agostini (MV Agusta) 90
                                   2) Keith Turner (Suzuki) 58
                                   3) Rob Bron (Suzuki) 57

1972
Fu un campionato bellissimo, ..ma in tutte le altre classi! La 500 invece vide il duo Agostini – Pagani dominare la corse. Pagani sfruttò il ritiro di Agostini per vincere in Jugoslavia, e riuscì adottenere anche un buon secondo posto dietro Ago al TT. A proposito di questa gara, va ricordato il lutto che colpì il motociclismo italiano per la morte di Gilberto Parlotti, che in testa alla gara delle125 cadde alla Verandah. Pasolini e Saarinen che si erano rifiutati di partecipare, polemizzarono con Agostini il quale smise di parteciparvi soltanto l’anno successivo, sulla spinta emotiva di tragici incidenti. In qualche gara si vide la nuova Ducati bicilindrica a L, guidata da Smart e Spaggiari, molto lontana però, dalle prestazioni del tre cilindri MV. Fece piuttosto impressione una gara non titolata che si svolse a Pesaro. In un circuito stradale, sfuggito non si sa come alle norme proibizioniste, la Benelli offrí le proprie moto 350 e 500 a Jarno Saarinen, il quale si rese protagonista di due gare fantastiche, infliggendo ad Agostini la prima vera sconfitta dai tempi di Hailwood. Le immagini del finlandese e della moglie Soili, che lo accompagnava sui campi di gara, portati in trionfo dai tifosi benelliani, rappresentano il ricordo piú vivo e commovente di questo grandissimo e sfortunato campione.

Classifica Finale      1) Giacomo Agostini (MV Agusta) 105
                                   2) Alberto Pagani (MV Agusta) 87
                                   3) Bruno Kneubuler (Yamaha) 54

1973
Questo anno è fondamentale per due motivi: L’insediamento stabile dei giapponesi in questa cilindrata, che da allora divenne la più importante del mondiale, considerando anche che la nuova formula penalizzò le classi inferiori limitando a due il numero massimo di cilindri. La tragedia che a Monza colpì il motociclismo, indusse tutti apensare finalmente alla sicurezza in modo più intransigente, ristrutturando o ostruendo nuovi circuiti, che consentissero di cadere senza incontrare ostacoli. Durante la pausa invernale, voci sempre più insistenti rivelarono che la Yamaha stava per partecipare al campionato con Jarno Saarinen. In casa MV, colti un po’ di sorpresa, si pensò di maggiorare la 350 quattro cilindri per sostituire l’anziana tre cilindri. Intanto si provvide a sostituire il buon Pagani con un tipo più coriaceo come l’inglese Phil Read. Già conosciuto come ottimo pilota 500, questi si era poi rivelato un campione, vincendo un titolo nella 125 e 4 nella 250 in anni molto combattuti. Per Ago iniziò una stagione da incubo, messo alle strette nelle gare italiane da Pasolini che gli soffiò il tricolore nelle 350 e da Read che lo batté senza attenuanti ad Imola. Diffidando dell’affidabilità della nuova moto, preparata in ritardo e disponibile in un solo esemplare, Agostini scelse di continuare per il momento con la vecchia tre cilindri lasciando a Read il rischio dei collaudi della nuova. A LeCastelet, prima gara mondiale, si vide finalmente la nuova Yamaha: un quattro cilindri in linea fronte marcia inevitabilmente largo e senza dischi rotanti. Più tardi si venne a sapere della presenzaall’aspirazione delle fantomatiche lamelle, dispositivo che equipaggia oggi tutti i motori a duetempi, di serie e da corsa ad accezione dell’Aprilia. Anche il telaio era particolare, con un solo ammortizzatore posteriore centrale. Saarinen si lanciò al comando, inseguito alla disperata da Ago che alla fine volò fuori pista senza conseguenze. Il più astuto Read invece stette piú tranquillo, mirando a guadagnare punti prima di tutto. A Salisburgo, Agostini ancora in sella alla tre cilindri, fu presto staccato e poi costretto al ritiro. Read invece, deciso a giocare il tutto per tutto, ingaggiò uno strenuo duello con il finlandese finché non si ruppe anche la sua moto. L’italiano si rese conto di aver sbagliato scelta, ma a questo punto non si poteva certo togliere di mano la moto buona all’inglese, dopo tutto il lavoro fatto, e soprattutto dopo che questi aveva mostrato grinta e determinazione. A Hockeneim, un duello strepitoso tra Saarinen e Read tenne il pubblico con il fiato sospeso, poi fu proprio la Yahama a cedere, mentre Agostini masticò amaro, dopo l’ennesima corsa incolore conclusa con un ritiro. La successiva gara a Monza vide un’attesa febbrile per la gara delle 500 ed anche per l’esordio delle nuove Harley-Davidson 250-350 raffreddate ad acqua di Renzo Pasolini. Il riminese fu protagonista di una gara strepitosa in 350: girando a più di 200 Km/h, recuperò 10 secondi persi in partenza ad Agostini, poi un principio di grippaggio lo costrinse ad uscire nella sabbia all’ingresso della parabolica. Tornato ai box contrariato per l’ennesimo colpo della sorte, recuperò presto la calma, sorridendo alle telecamere che lo inquadrarono seduto sul muretto, nella attesa della partenza delle 250. Infine partì per la sua ultima curva, incontro al suo tragico destino. Non esistono documenti filmati dell’incidente, ma le perizie stabilirono che la moto di Pasolini accusò un principio di grippaggio, e che nel conseguente rallentamento fu urtato da Saarinen che lo seguiva a ruota. Un incidente probabilmente innocuo se fossero esistite le vie di fuga al posto del guardrail che proiettò i due al centro della pista, dove furono travolti dal gruppo ancora compatto dopo la partenza. La fine dei due campioni, personaggi popolarissimi e di grande spessore umano, lasciò addolorato ed incredulo tutto il mondo della moto. Saltati i successivi GP di Jugoslavia e di Inghilterra, ritenuti troppo pericolosi, si tornò a correre finalmente ad Assen, uno dei pochissimi circuiti sicuri di quei tempi. Ritiratasi la Yamaha, il titolo divenne un discorso tra i piloti della MV tornati in sella alla tre cilindri, giacché la nuova quattro poteva essere preparata con calma. Agostini ancora a digiuno di punti, andò al comando tirando alla disperata, mentre Read, tornato riflessivo e calcolatore, si limitò al controllo del rivale, che alla fine ruppe nuovamente. Qualcuno osservò malignamente che l’italiano non rompeva mai la moto quando correva senza avversari, mentre adesso accadeva il contrario. Il vantaggio di Read era ormai incolmabile, Agostinivinse finalmente in Belgio, ma poi nel successivo GP di Svezia i due corsero assieme per tutta la gara e Read vincendo la volata si laureò campione del mondo. A conclusione di un’annata la cui unica consolazione fu la stentata vittoria del mondiale 350, il povero Ago ebbe un brutto incidente a Modena, quando, rimasto con il gas bloccato, volò fuori pista. A Misano si disputò l’ultima gara dell’anno valevole per il campionato italiano. Assente Agostini per l’infortunio, si presentò una ghiotta occasione a Roberto Gallina, che vincendo lo avrebbe sopravanzato in classifica. Le sue speranze furono vanificate dalla vittoria di Gianfranco Bonera, alla guida della HD 350 che appartenne a Pasolini. Notato dal Paso quando ancora correva negli Junior, alla Harley ci si ricordò di questi giudizi quando si trattò di assumere il nuovo pilota, ed il monzese ripagò la fiducia vincendo la gara ai danni di Read, Gallina e Walter Villa, nell’occasione sostituto di Agostini.

Classifica Finale      1) Philip Read (MV Agusta)84
                                   2) Kim Newcombe (Konig)63
                                   3) Giacomo Agostini (MV Agusta) 57

1974
Indispettito per il trattamento ricevuto, Agostini accettò le offerte Yamaha operando il clamoroso trasferimento sotto le insegne giapponesi. Alla MV si cercò un pilota da affiancare a Read, ed alla fine fu ingaggiato Gianfranco Bonera, molto deluso dalla HD che gli aveva offerto le moto ma senza una lira di stipendio. Altro scalpore venne dalla notizia che anche la Suzuki avrebbe corso con una quattro cilindri in quadrato a dischi rotanti affidata alla promessa inglese Barry Sheene. Legare preliminari italiane videro prevalere Read, con Bonera già in grado di non farsi staccare troppo. Il mondiale iniziò a Clermont Ferrand, tanto per cambiare con il ritiro di Agostini quando era nettamente al comando. Dietro al vincente Read fecero faville Sheene e Bonera in lotta per il podio, mentre molto deludente fu la prova di Teuvo Lansivuori, seconda guida della Yamaha. A Salisburgo, sotto la pioggia, una serie di ritiri a catena lasciò al comando i due italiani. Agostini, con una gara giudiziosa, si limito a seguire il giovane rivale per batterlo in volata. La gara di Imolasuscitò grande scalpore per il suo andamento. Durante le prove le case giapponesi si resero conto di avere dei problemi di consumo di carburante, data la lunghezza della gara. Dopo un vano tentativo, sventato dalla MV, di ridurre il chilometraggio della stessa, si rassegnarono a partire con dei serbatoi maggiorati dopo aver rifatto i calcoli. Una folla entusiasta salutò nei primi giri i cinque piloti che, tutti assieme, stavano dando spettacolo, una cosa non più vista dagli anni d’oro. Il primo a cedere fu proprio Read, autore di un dritto alla variante alta, poi fu Lansivuori a perdere le ruote, infine anche il duro Sheene finí per cadere alla variante prima del traguardo rompendosi una caviglia. Restavano cosí in gara, come in Austria i due italiani. Ma Agostini stavolta, volendo stravincere davanti al suo pubblico, cominciò a tirare fortissimo. Bonera, difendendosi strenuamente, riuscí a tenersi sempre vicino, fino a quando all’inizio dell’ultimo giro, la moto di Agostini sì ammutolí di colpo, senza avere più una stilla di benzina. Bonera balzò in testa alla classifica con questa vittoria, e molti sperarono nel gran colpo di un altro binomio tutto italiano campione del mondo. Ma la sfortuna e l’inesperienza impedirono la realizzazione di questo sogno. Ad Assen la coppia Yamaha Ago–Lansivuori dominò la corsa su quella MV Read-Bonera, alle prese con evidenti problemi di guida della moto, faticosissima da portare. In Belgio invece, approfittando di un circuito velocissimo, dove bastava aprire il gas e disegnare le traiettorie al meglio, Read mostrò tutta la sua gran classe, infilando la seconda vittoria davanti ad Agostini, mentre Bonera fu costretto al ritiro. Nella successiva gara in Svezia, il rientrante Sheene volò fuori pista coinvolgendo Agostini che con questo infortunio dovette dare l’addio ad ogni speranza di vittoria. Imprevedibilmente, anziché le MV, sempre in difficoltà su questo circuito, saltò fuori Lansivuori che vincendo si fece minaccioso in classifica. Il finlandese però, era uno di quei piloti perdenti, ai quali va sempre qualcosa storto. Davanti al suo pubblico, cadde nella 350 procurandosi diverse ammaccature. Alquanto giù di morale, non riuscì a impensierire la coppia MV, con Bonera che a suo agio sui circuiti lenti, guidò la gara fino al traguardo, quando perentori ordini di scuderia gli fecero cedere il passo a Read. In questo modo l’inglese e la MV erano di nuovo campioni del mondo mentre Bonera fu elogiato per la sua obbedienza, tanto sarebbe venuto presto anche il suo turno. Cosi almeno si disse, invece al povero Gianfranco non capitarono piú occasioni simili: infortuni e scelte sbagliate spensero imprevedibilmente una carriera che sembrava avviatabrillantemente. Intanto Read, forse seccato dalle polemiche, vinse l’ultimo GP in Cecoslovacchia, senza ricambiare il favore al compagno.

Classifica Finale      1) Philip Read (MV Agusta)82
                                   2) Gianfranco Bonera (MV Agusta) 69
                                   3) Teuvo Lansivuori (Yamaha) 67

1975
Tutti i tecnici erano ormai concordi sulla ineluttabilità dell’avvento del motore a due tempi, favorito oltretutto dalla limitazione a quattro del numero dei cilindri. Gli unici a non crederci furono i tecnici MV, né d’altra parte la situazione della casa consentiva il rilancio di grandi progetti. Il Conte eradeceduto nel 1971 e gli eredi non avevano né la determinazione né la passione per continuare a lungo quello che era considerato un capriccio del capostipite. Si incrementò ulteriormente la potenza massima, ma questo rese la moto ancora piú inguidabile, ed il malcapitato Read, quando provò a lamentarsi, fu subito accusato di scarso rendimento. Intanto Bonera, sul quale si contava molto per il tipo di guida piú energico e funambolico dell’inglese, si ruppe una gamba senza neanche cadere dalla moto. A Modena, durante le prove, curvando con il ginocchio in fuori, come il nuovo stile comandava, urtò una balla di paglia compromettendo la stagione. A Read non rimase altro che puntare sulla regolarità per andare sempre a punti, sperando in qualche ritiro dell’avversario ed in un futuro recupero di competitività della moto. Terzo in Francia dietro leYamaha di Agostini e Kanaya, ancora terzo in Austria dopo Kanaya e Lansivuori passato alla Suzuki, cercò di passare al contrattacco in Germania, ma Agostini riuscí ad andarsene senza farsicoinvolgere nella bagarre. Ad Imola oltre un minuto divise Ago da Read, e l’italiano affiancò in classifica il compagno di squadra Kanaya, che, incomprensibilmente, fu rispedito in Giappone a metà campionato. Ad Assen si rivide Barry Sheene, reduce da un pauroso incidente avuto ad inizio stagione a Daytona. Quando le posizioni in corsa sembravano definite, con Agostini al comando, Sheene e quindi Read, il prode inglesino si mise a girare fortissimo raggiungendo Agostini. L’italiano riuscí ad uscire primo dall’ultima curva, e sembrò ormai vincitore, ma a questo punto, con un’accelerazione stupefacente, la Suzuki bruciò allo sprint la Yamaha. Molti pensarono che, con Sheene presente fin dall’inizio, l’andamento del campionato sarebbe stato molto diverso. Read tirò fuori le unghie in Belgio ripetendo la vittoria dell’anno prima mentre Agostini e Sheene furono costretti al ritiro. La speranza di farcela ancora una volta, si fortificò nel successivo gran premio di Svezia. Con Sheene al comando, Agostini cadde mentre stava tranquillamente amministrando il secondo posto. Tentò di ripartire, ma qualcuno gli gridò di guardare la moto: aveva una gomma a terra! Read, giunse ancora secondo, ma lo attendevano due gran premi favorevoli alla quattro tempi italiana: Finlandia e Cecoslovacchia. Read ed il rientrante Bonera partirono baldanzosi, ma Agostini tenne loro testa dando battaglia, finché, proprio nella gara in cui non doveva succedere, la moto di Read si ruppe e lo stesso Bonera finí per terra nel sorpasso di un doppiato. Con questa vittoria, Agostini a la Yamaha si misero in pratica al sicuro. In Cecoslovacchia Read doveva vincere ad ogni costo, mentre ad Agostini bastava un sesto posto. L’inglese riuscí infine a vincere, dopo aver lottato con Sheene e Lansivuori poi ritiratisi, mentre Agostini, che si fermò perfino a fare rifornimento per non correre rischi, arrivò secondo conquistando il titolo. Cosí fu interrotta la serie vittoriosa della MV che durava dal 1958 ed il titolo rimase un discorso tra le case giapponesi.

Classifica Finale      1) Giacomo Agostini (Yamaha) 84
                                   2) Philip Read (MV Agusta)76
                                   3) Hydeo Kanaya (Yamaha) 45

1976
Altro anno fondamentale, perché accadde che la Suzuki, cogliendo le altre case di sorpresa, produsse e mise in vendita una grossa serie di 500 quattro cilindri uguali a quella portata in gara da Sheene. Acquistate dalle varie squadre, grazie all’intervento di ricchi sponsor che si andavano ormai interessando a questo sport, vista la sua spettacolarità, soprattutto televisiva, portarono un’ondata di eguaglianza fra i piloti, che poterono gareggiare in condizioni di maggiore equità. Tutto questo fu reso possibile dal minor costo di costruzione e di manutenzione del motore a due tempi rispetto al 4. Intanto Agostini, scaricato dalla Yamaha che preferí puntare sul giovane asso italo-venezuelano Johnny Cecotto, fece una scelta strana, prendendo in gestione le MV-Agusta e presentandosi con ambizioni di vittoria. Purtroppo non andò cosí, e dopo una serie di gare deludenti, pensò bene di procurarsi anche lui una Suzuki, senza peraltro brillare. Destarono viceversa molto stupore le magnifiche prestazioni del semi sconosciuto Marco Lucchinelli. Il giovane spezzino arrivò terzo dopo Sheene e Cecotto in Francia, addirittura secondo dopo Sheene ma davanti a Read in Austria. Purtroppo una caduta nelle prove al Mugello ne frenò l’ascesa, mentre in gara Sheene e Read dettero spettacolo arrivando nell’ordine in volata. Il vecchio campione, detto anche “il principe”, oppure “Filippone”, oppure “fil di ferro”, si ritirò dopo questa corsa, pago di aver dimostrato di non essere ancora finito. Altri piloti poterono mettersi in luce, come Lansivuori, Newbold, Coulon, Braun, ma soprattutto Pat Hennen, primo americano a vincere un gran premio (Finlandia) e anticipatore dell’invasione che sarebbe venuta pochi anni dopo. La stagione si chiuse curiosamente al Nurburgring, dove sotto la pioggia, Agostini scelse di correre con la vecchia MV, portandola all’ultimo successo suo e della gloriosa marca. Lucchinelli con il secondo posto si piazzò quarto in classifica promettendo grandi cose per l’anno successivo.

Classifica Finale      1) Barry Sheene (Suzuki)72
                                   2) Teuvo Lansivuori (Suzuki) 48
                                   3) Pat Hennen (Suzuki) 46

1977
Altro anno dominato da Barry Sheene, che grazie alle proprie doti ed anche ad una Suzuki probabilmente “piú uguale” delle altre, dominò la stagione. La Yamaha, dopo la batosta dell’anno precedente si affidò ancora a Cecotto ed allo statunitense Steve Baker, specialista delle 750. Cecotto rimase purtroppo fermo per diverse gare a causa di un incidente a Salisburgo. Vincendo due gare nel finale dette l’impressione che avrebbe potuto infastidire molto Sheene. Lucchinelli finí soltanto undicesimo in classifica, a causa della scelta infelice di abbandonare il team di Roberto Gallina, che si andò affermando in quegli anni come uno dei migliori preparatori della 500 Suzuki. Al suo posto furono assunti Bonera e l’altra promessa italiana Virginio Ferrari, giunti rispettivamente settimo e dodicesimo. Agostini all’ultimo anno di corse, tornato in sella ad una Yamaha dell’importatore italiano, fece meglio di loro piazzandosi al sesto posto.

Classifica Finale      1) Barry Sheene (Suzuki) 107
                                   2) Steve Baker (Yamaha) 80
                                   3) Pat Hennen (Suzuki) 67

1978
Non fidandosi piú neanche di Cecotto, la Yamaha fece venire a correre il mondiale il campione americano Kenny Roberts. Notato giovanissimo da Renzo Pasolini, che lo vide correre nella 200 miglia dell’Ontario, aveva successivamente vinto il “Number One” nel campionato americano. Divenuto improvvisamente noto in Europa perché contrapposto nel battage pubblicitario ad Agostini, quando questi si recò nel ’74 a correre la 200 miglia di Daytona, deciso a ribadire la superiorità dei piloti europei nei confronti degli “sprovveduti” americani. Il californiano invece, pur battuto, seppe figurare ottimamente e nella rivincita di Imola impressionò per lo stile di guida, perdendo la corsa a causa solamente della inesperienza sua e del suo team nella gestione dei rifornimenti. Tornato a correre in USA, si fece vivo in Europa solamente per correre le 200 miglia, dove fu grande protagonista assieme a Steve Baker e a Johnny Cecotto. Ritirato in Venezuela nella gara vinta da Sheene, dovette recuperare infilando una serie strepitosa di vittorie. Ben presto fu soprannominato “Il Marziano”. Cecotto cercò di reagire, riuscendoci soltanto ad Assen. Con una serie costante di piazzamenti Sheene riuscí a tenere in bilico il titolo fino all’ultima prova del pericoloso Nurburgring. Roberts, impegnato a controllare l’inglese, dette via libera agli outsider Cecotto e Ferrari. L’italiano, con una corsa strepitosa andò inaspettatamente a vincere, ponendo la sua candidatura a protagonista per l’anno successivo. Incolore fu il campionato di Lucchinelli, terzo al Mugello e nono nella classifica finale, mentre Hennen ebbe la brutta idea di disputare il TT, incappando in una caduta che determinò la fine della sua carriera.

Classifica Finale      1) Kenny Roberts (Yamaha) 110
                                   2) Barry Sheene (Suzuki) 100
                                   3) Johnny Cecotto (Yamaha) 66

1979
Il campionato divenne sempre piú interessante perché risultante di una serie di gare combattutissime, dove non solo per vincere, ma soltanto per piazzarsi, ogni pilota doveva esprimersi al massimo. Bastava il minimo errore per ritrovarsi in fondo al gruppo. Grandi protagonisti non solo Roberts, ma anche Cecotto, Katayama, Mamola, gli olandesi Hartog, Van Dulmen e Middelburg e gli italiani Bonera, Lucchinelli, Ferrari ed Uncini. Saltata la prima gara acausa di un infortunio, Roberts iniziò l’inseguimento in classifica di un motivatissimo Virginio Ferrari, che con una serie di piazzamenti era balzato in testa alla classifica. Notevole fu la gara ad Imola, dove Ferrari arrivò secondo dietro il californiano, nonostante una bruttissima caduta al tamburello, con perdita dei sensi, il giorno precedente la gara. Poi ad Assen, in una gara trasmessa al sabato in televisione, che entusiasmò anche i telespettatori occasionali, arrivò anche la vittoria dell’italiano. Ritirato all’inizio Roberts, Sheene e Ferrari dettero vita ad una lotta accanita, finché Ferrari, con un sorpasso all’esterno strepitoso andò a vincere. Sembrava arrivato il suo momento, ma la successiva gara a Francorchamps dette origine ad una protesta dei piloti, Ferrari e Roberts in testa, che si rifiutarono di correre a causa delle condizioni dell’asfalto. Secondo certi commentatori l’italiano avrebbe fatto meglio a tutelare i propri interessi di classifica, ma il carattere fermo eintransigente di Virginio non ammise compromessi. Purtroppo nelle successive gare, il rendimento della moto calò improvvisamente, creando molti dissapori anche con il Team Manager Gallina. Nell’ultima gara di Le Mans, la situazione di classifica non ammise alternative: Ferrari doveva vincere e sperare che a Roberts non arrivasse nelle prime posizioni. Ostacolato piú che aiutato dai compagni di marca Sheene e Hartog, Ferrari fece un dritto, poi riprese nella scia di Franco Uncini, ma una drammatica caduta, con gravi ferite ad un polmone, mise fine alla sua gara. Intanto da qualche tempo si parlava di un nuovo personaggio, il “maestrino volante” Graziano Rossi. Correndo con la Morbidelli 250 infilò una serie di tre vittorie, che sarebbero state quattro senza un’imprevedibile caduta all’ultimo giro del GP di Inghilterra. In 500 si era fatto vedere poco a causa della scarsa competitività della Morbidelli, ma, avuta ad Imola, in una gara non titolata, la moto dell’infortunato Ferrari, si rese protagonista di una clamorosa vittoria ai danni di Kenny Roberts, guadagnandosi cosí una Suzuki della squadra di Gallina per l’anno successivo. Da segnalare in ultimo, il fallimentare rientro della Honda, che tentando di essere fedele alla propria fede quattrotempistica, presentò una pazzesca moto, con i pistoni di ceramica, i cilindri ovali e otto valvole per cilindro, riuscendo a malapena a qualificarsi.

Classifica Finale      1) Kenny Roberts (Yamaha) 113
                                   2) Virginio Ferrari (Suzuki) 89
                                   3) Barry Sheene (Suzuki) 87

1980
I piloti andavano prendendo maggiore coscienza dei propri diritti, esigendo sempre piú sicurezza e piú soldi, visto il giro di affari che il mondiale stava oramai muovendo. I soliti Ferrari e Roberts guidarono un movimento per creare un mondiale alternativo denominato “ World Series”. Il lungo braccio di ferro con la Federazione si risolse a favore di questa, perché appoggiata, dopo qualche indecisione, dalle case giapponesi. I piloti si dovettero rassegnare e rientrarono nei ranghi ottenendo comunque qualche risultato. Il solo Ferrari tentò di insistere finendo per litigare con Gallina e ritrovandosi appiedato! Per sostituirlo il tecnico spezzino ebbe l’imbarazzo della scelta tra il freddo e tecnico Uncini e l’esuberante e talentoso Lucchinelli. Alla fine, dimenticando i vecchi litigi, riprese in squadra il suo primo pilota, il quale lo ricambiò con una serie di prestazioni velocissime, mettendo in ombra Graziano Rossi, dal quale si attendevano grandi cose. Purtroppo una serie di banali inconvenienti ritardarono l’italiano in classifica, e il mondiale fu una questione fra Roberts ed il baby Randy Mamola. Bellissima fu la gara in Inghilterra, anche questa con altissimo gradimento televisivo per i sorpassi, le impennate e le pieghe incredibili che i tre grandi protagonisti produssero. Alla fine il ribattezzato “Lucky”, dovette ancora una volta mollare a causa delle gomme e Mamola andò a vincere su Roberts rimandando l’assegnazione del titolo all’ultima prova. Questa si svolse al Nurburgring, pericoloso ed ormai inviso ai piloti che si ripromettevano di boicottarlo. Ma prevalsero gli interessi di classifica, ed il solo Graziano Rossi si rifiutò di correre, giocandosi l’ultima chanche per restare alla Suzuki dopo un anno poco esaltante. Roberts, in testa alla classifica, si limitò a controllare Mamola e Lucchinelli, poi l’italiano, rompendo gli indugi, andò finalmente a vincere il suo primo GP.

Classifica Finale      1) Kenny Roberts (Yamaha) 87
                                   2) Randy Mamola (Suzuki) 72
                                   3) Marco Lucchinelli (Suzuki)59

1981
Le azioni di Lucchinelli, molto alte, scesero dopo la prima prova di Salisburgo. Subito fuori pista per un dritto, restò a digiuno di punti, come capitò anche a Roberts. La vittoria andò a Mamola che iniziò il mondiale al comando. In Germania le cose sembrarono migliorare un po’, perché l’italiano lottò per tutta la gara con Roberts alternandosi al comando. All’ultimo giro Mamola rinvenne (qualcuno parlò di mossa astuta di Roberts, che avrebbe rallentato volutamente), infilò Lucchinelli relegandolo al terzo posto. Altra gara sconfortante a Monza, tradito dal motore, Lucky arrivò solo quarto in una gara vinta da Roberts, che si avvicinò così a Mamola. In Francia arrivò però la prima vittoria stagionale davanti a Mamola e Roberts. In Jugoslavia nuova vittoria di Mamola davanti a Lucchinelli, mentre Roberts sembrò accusare la scarsa competitività della Yamaha rispetto alla Suzuki. In Olanda arrivò la svolta tanto attesa. Con il tempo incerto, ci fu un gran lavorio dei meccanici, che montarono e smontarono le gomme da pioggia. Quelli di Roberts combinarono qualche pasticcio e Kenny restò al palo in partenza. Iniziò a piovere forte e Lucky, mago della pioggia andò a vincere mentre Mamola, che diventerà poi bravissimo anche lui a correre in queste condizioni, scontò l’inesperienza, finendo per terra. Lucchinelli andò in testa al mondiale e nella successiva gara in Belgio sembrò badare soltanto a stare davanti a Mamola, mentre Roberts era tranquillo al comando. Ai box gli segnalarono che andava bene cosí, ma l’italiano colto da un improvviso raptus, iniziò a girare fortissimo, agguantò Roberts e, dopo qualche schermaglia, lo passò al rampino andando a cogliere una vittoria clamorosa. La classica doppietta Olanda-Belgio gli portò fortuna, come l’aveva portata al suo predecessore Masetti, molto simile a lui anche comecarattere, genio e sregolatezza. Ad Imola Lucky fece addirittura tris, vincendo un’altra gara sotto la pioggia, mentre Roberts non corse per problemi di intossicazione alimentare. Sembrò ormai fatta, sarebbe bastato controllare le mosse di Randy Mamola, cosí almeno sentenziarono i soliti consiglieri. Ma nel motociclismo attuale, non è molto facile fare gare guardinghe, si rischia di rimanere nella mischia con tutte gli inconvenienti che possono capitare. Accadde infatti che il neozelandese Crosby (detto "SuperCroz"), si girò improvvisamente in curva mandando Lucchinelli e Sheene fuori pista. L’italiano ripartí accodandosi al gruppo dei primi, ma con un giro di ritardo, e vano risultò ogni tentativo di entrare perlomeno a punti. Ad Imatra pensò bene di non dare ascolto a nessuno andando in testa fin dall’inizio e tirando a tutta per staccare il rivale. Mamola riuscí, forse con qualche aiuto compiacente, ad arrivare secondo ed a conservare qualche possibilità per l’ultima gara in Svezia. L’andamento di questa gara, risultò quasi comico per chi non ne fu coinvolto direttamente: i due contendenti in preda alla paura, fecero gara a chi andava piú piano. Alla fine Lucchinelli si scosse e riuscí perlomeno ad entrare nei primi dieci. Grande festa di tutti gli italiani, il titolo era tornato a casa dopo sei anni dall’ultima vittoria di Agostini.

Classifica Finale       1) Marco Lucchinelli (Suzuki)105
                                    2) Randy Mamola (Suzuki) 94
                                    3) Kenny Roberts (Yamaha) 74

1982
Marco Lucchinelli sembrò destinato a rimanere ai vertici per parecchio tempo, ma come vedremo, gli anni facili delle vittorie in serie di Agostini erano ormai un ricordo. A smuovere le acque provvide l’Honda, che stanca di stare alla finestra, passò al due tempi, presentando oltretutto un’inedita tre cilindri lamellare. Evidentemente ci si ricordò della strategia MV, quando preparò il tre cilindri puntando sulla leggerezza piú che sulla potenza. L’Honda prese contatto proprio con Lucchinelli che non ci pensò due volta ad accettare. Tutti considerarono sbagliata e azzardata la mossa del campione , che lasciava una moto sicura per una che presentava molte incognite. Invece, Lucchinelli scelse benissimo per quanto riguarda la moto, soprattutto in relazione alle prospettivefuture. L’insidia venne invece dal compagno di squadra. Oltre a Lucky e al collaudatore di lusso Takazumi Katayama (primo giapponese a vincere il mondiale nel ’77 con la Yamaha 350), fu ingaggiato l’americano Freddie Spencer assistito dalla squadra americana di Erv Kanemoto. Appenaventenne, già con il nomignolo che era tutto un programma di “Fast Freddie”, dimostrò immediatamente di essere un campione, e l’italiano che reso euforico dalla conquista del titolo lo aveva un po’ snobbato, si dovette ricredere amaramente. Intanto Roberto Gallina, ancora una volta alle prese con un cambio di pilota, raddoppiò assumendo Franco Uncini ed il giovane Loris Reggiani. All’‘esordio fu proprio Spencer a contrastare Roberts e Sheene in sella ambedue alla nuova Yamaha quattro cilindri a V finendo terzo, davanti ad Uncini e Lucchinelli. A Salisburgoavvenne la precoce svolta del mondiale. All’‘ultimo giro erano in testa tre italiani, Uncini e Luckyin lotta poi piú staccato Reggiani. Reggiani però cadde, come cadde Lucchinelli nel tentativo di superare il connazionale. Per molti questa brutta caduta mise fine alla carriera di Lucchinelli, a causa dello spavento provato. Comunque sia, l’italiano non fu piú lo stesso e per il resto dell’anno non andò oltre qualche buon piazzamento. Franco Uncini, sfruttando la superiorità della sua moto, l’inesperienza della Honda e di Spencer e i difetti di gioventú della Yamaha, vinse una serie di GP nella fase centrale del campionato, passando in testa alla classifica. A Silverstone, sfruttando al massimo il serio incidente di Sheene nelle prove e la caduta di Roberst in gara, divenne campione del mondo con tre gare di anticipo. Prima della fine della stagione, erano comunque arrivate la prime vittorie Honda ad opera di Spencer a Francorchamps e di Katayama in Svezia. Roberts e Sheene, infortunati, furono superati in classifica da Crosby e Spencer. Il neo-zelandese corse con una Yamaha nel team Marlboro gestito da Agostini. Suo compagno di squadra fu Graziano Rossi, alla guida di una vecchia Yamaha quattro cilindri in linea. Dopo una brutto inizio di stagione il pesarese fu vittima, mentre inseguiva Loris Reggiani ad Imola, di una spaventosa caduta con traumacranico che fece temere per la sua vita e che pose comunque fine alla sua carriera.

Classifica Finale       1) Franco Uncini (Suzuki) 103
                                    2) Graeme Crosby (Yamaha) 76
                                    3) Freddie Spencer (Honda) 72

1983
Anche il regno di Franco Uncini si dissolse presto. In sella ad una moto ormai inferiore a Honda e Yamaha, l’italiano si trovo subito in difficoltà. Ad Assen fu vittima di un pauroso incidente, quando dopo essere caduto in mezzo alla pista, fu centrato in pieno dall’allora sconosciuto australiano Wayne Gardner. Come nel caso di Graziano Rossi, stette un lungo periodo in coma causato dal trauma cranico. Il Recanatese si riprese bene anche in questo caso, tornando a correre l’anno successivo, ma senza piú riuscire a brillare. Il campionato fu dominato letteralmente da Spencer e Roberts, i quali si divisero equamente tutte le vittorie. Piloti come Lucchinelli, Mamola e il nuovo americano arrivato Eddie Lawson, dovettero subire una serie di umiliazioni dai due supercampioni. Il titolo si decise nell’ultima prova ad Imola. A Spencer, in testa alla classifica, bastava arrivare alsecondo posto, per cui Roberts non solo doveva vincere ma aveva bisogno del robusto aiuto del giovane Lawson, suo compagno di squadra. Al via Lucchinelli, consapevole di giocarsi le ultime chances di restare alla Honda, partí prendendo la testa. Ben presto però Spencer prese il comando tentando la fuga. Lucky cercò di resistergli in scia, ma dovette mollare mentre Roberts rinveniva come una furia passando i due piloti Honda. A questo punto Roberts cercò di temporeggiare e di rallentare per favorire l’arrivo di Lawson. Ma Spencer non si fece imbrigliare tornando puntualmente in testa per rialzare il ritmo. Infine a Roberts non rimase altro che vincere la corsa, visto che l’atteso Lawson, novello Godot, si fece aspettare invano. Eloquente il gesto interrogativo di Roberts rivolto al compagno, per chiedergli dove diavolo fosse finito. Il grande campione americano chiuse qui la sua carriera, purtroppo senza riuscire a riprendersi il titolo. Va infine segnalato che iniziò con questo anno la crisi nerissima dei piloti europei, che stettero un intero decennio senza vincere un gran premio, con le eccezioni di Sarron che vinse nel ’85 un GP sotto lapioggia e di Chili che vinse a Misano nell’89 una gara disertata dai migliori.

Classifica Finale       1) Freddie Spencer (Honda) 144
                                    2) Kenny Roberts (Yamaha) 142
                                    3) Randy Mamola (Suzuki) 89

1984
Nemmeno Spencer, pronosticato come il campione del decennio, riuscí a dare continuità alle sue vittorie. L’Honda cercò subito di allinearsi con la concorrenza presentando una nuova quattro cilindri. La moto non sembrò essere del tutto gradita a Spencer, che cadde alla prima gara in Sud Africa regalando la vittoria a Lawson. A Misano, portando alla vittoria la nuova moto, iniziò una rincorsa che fruttò cinque vittorie. Ma una nuova caduta lo tolse di scena ed il regolare Lawson, nettamente migliorato rispetto all’anno precedente, pur con una vittoria in meno, vinse tranquillamente il titolo. I restanti tre gran premi andarono a Randy Mamola anche lui su Honda, che cosí colse l’ennesimo piazzamento.

Classifica Finale      1) Eddie Lawson (Yamaha) 142
                                   2) Randy Mamola (Honda) 111
                                   3) Raymond Roche (Honda) 99

1985
Quasi a volersi rifare per il titolo perso l’anno precedente, Spencer addirittura raddoppiò, portando in gara la nuova Honda 250. Con una stupefacente dimostrazione di superiorità, infilò una serie di vittorie anche in questa classe, tanto da potersi permettere di non disputare le ultime due. Ma soprattutto, sembrò che la gara delle 250 servisse come allenamento e riscaldamento per quella della 500. Partendo come una furia e guadagnando in breve un cospicuo vantaggio, regolava poi la sua gara sul ritmo degli inseguitori, guidati dal povero Lawson, incapace di recuperare il tempo perso. Sette vittorie per Spencer, tre per Lawson che sfruttò qualche passaggio a vuoto del rivale, confermando le sue caratteristiche di regolarista, una vittoria di Mamola ed una del francese Sarron sotto la pioggia. Buone prestazioni furono offerte dagli hondisti Gardner e Haslam. L’impresa di vincere contemporaneamente 250 e 500 fu realizzata per la prima volta e non sembra replicabile nel motociclismo specializzato di oggi.

Classifica Finale      1) Freddie Spencer (Honda) 141
                                   2) Eddie Lawson (Yamaha) 133
                                   3) Christian Sarron (Yamaha) 80

1986
Quello che accadde in quest’anno ha qualcosa di incredibile. Freddie Spencer, al comando della prima gara in Spagna con quasi 10 secondi di vantaggio, si fermò ai box accusando un dolore fortissimo ad un polso. Atteso invano nei successivi gran premi, sparí letteralmente di circolazione, mandando a dire che si stava curando la tendinite, causa dei suoi mali. La cosa non sembrò molto credibile, in un ambiente abituato a vedere i piloti fuggire dagli ospedali pur di correre. Probabilmente, l’impresa dell’anno precedente lo consumò sul piano nervoso. L’Honda, colta di sorpresa, dovette ripiegare su Wayne Gardner, che pur difendendosi molto bene, impiegò un po’ di tempo a calarsi nel nuovo ruolo di prima guida. Eddie Lawson, sempre piú convinto delle proprie possibilità, con una Yamaha gestita dal team di Agostini, vinse sette GP, contro i tre di Gardner euno vinto da Randy Mamola, passato alla Yamaha gestita da Kenny Roberts. Classifica Finale 1) Eddie Lawson (Yamaha) 139 2) Wayne Gardner (Honda) 117 3) Randy Mamola (Yamaha) 105

1987
Guardando l’albo d’oro di quegli anni, ci si accorge del verificarsi di una regola costante: negli anni dispari vinse l’Honda, in quelli pari la Yamaha. L’australiano Gardner tenne fede a questo impegno, lottando aspramente con il duo Yamaha Lawson-Mamola. Il numero di GP salí a 15. Gardner ne vinse sette, contro i cinque di Lawson ed i tre di Mamola. I tre si scambiarono quasi sempre i posti del podio, con qualche raro inserimento degli europei Haslam, Sarron e MacKenzie. Un paio di ritiri condannarono questa volta il “regolare” Lawson al 3 posto. Freddie Spencer fece qualche rara apparizione, costellata da cadute e guasti, guadagnando soltanto un settimo posto in Svezia. Unico italiano a partecipare, con sufficienti risultati fu Pierfrancesco Chili, con un’Honda privata. Da segnalare anche la partecipazione costante, ma con scarsi risultati della Cagiva. La casa varesina sembrò anzi segnalarsi per il ruolo di liquidatrice definitiva dei piloti al tramonto come Ekerold, Ferrari, Lucchinelli, Roche.

Classifica Finale      1) Wayne Gardner (Honda) 178
                                   2) Randy Mamola (Yamaha) 158
                                   3) Eddie Lawson (Yamaha) 157

1988
Anno pari, quindi della Yamaha. Il solito Eddie Lawson ebbe nuovamente la meglio su Gardner, mentre si affacciarono alla ribalta due nuovi protagonisti: Wayne Rainey e Kevin Schwantz. Il primo con la Yamaha gestita da Kenny Roberts, vinse un GP e si segnalò per la costanza di rendimento. Il secondo con la Suzuki, che tornò cosi a farsi vedere nelle corse con un 4 a V di 600, vinse 2 GP e mise viceversa in luce uno stile funambolico e spericolato, piú adatto per vincere i singoli GP, che non a curare la classifica. La Cagiva riuscí ad assumere Randy Mamola, che nonostante un terzo posto sotto la pioggia in Belgio, sembrò seguire la sorte dei suoi predecessori.

Classifica Finale      1) Eddie Lawson (Yamaha) 252
                                   2) Wayne Gardner (Honda) 229
                                   3) Wayne Rainey (Yamaha) 189

1989
Avvenne la clamorosa rottura tra Lawson e la Yamaha, con il passaggio del campione alla Honda di Erv Kanemoto. Agostini tentò il gran colpo di sostituirlo con il redivivo Spencer. Purtroppo l’esperimento fu fallimentare, e dopo una serie di bruttissime prestazioni, l’ex campione fu licenziato. Con la stessa moto, il neofita delle 500 Luca Cadalora ottenne un ottavo posto a Donington. Il passaggio di Lawson fu provvidenziale per l’Honda, per confermare la regola del pari e del dispari, poiché Gardner, dopo la vittoria in Australia, fu vittima di un incidente che lo tenne lontano dalle corse per quasi tutta la stagione. Rainey, sempre piú convincente, sembrò poter arrivare al titolo, poi con una scivolata in Svezia , dette via libera al rivale. Lawson vinse 5 GP, Rainey ne vinse 4. Un incredibile Schwantz riuscí nella clamorosa impresa di vincere 6 GP e di arrivare solamente quarto in classifica! Il problema del texano era di correre senza compromessi, cioè o davanti a tutti o per terra. Buone prestazioni con la punta massima di un terzo posto ottenne l’australiano pupillo di Gardner, certo Mick Doohan; torneremo presto a parlare di lui.

Classifica Finale      1) Eddie Lawson (Honda) 228
                                   2) Wayne Rainey (Yamaha) 210
                                   3) Christian Sarron (Yamaha) 165

1990
Lawson torna alla Yamaha, compagno di squadra di Rainey nel team di Kenny Roberts. L’Honda si avvale degli australiani Gardner e Doohan e la Suzuki del texano Kevin Schwantz, staccatore da brivido. Rainey parte benissimo vincendo i 2 primi GP, mentre Lawson ha un bruttissimo incidente a Laguna Seca per colpa di un meccanico che si dimentica di montargli le pastiglie dei freni. Anche Gardner, dopo una vittoria, finisce tra gli infortunati, mentre Schwantz, pur essendo piú regolare dell’anno precedente, non può niente contro la velocità e la costanza di rendimento di Rainey che vince 7 GP ritirandosi solo in uno. Schwantz ne vinse 5 con 3 ritiri, mentre i 3 restanti GP furono vinti 2 da Gardner ed uno ( Ungheria) da Mick Doohan, sempre piú vicino ai primi.
Classifica Finale      1) Wayne Rainey (Yamaha) 255
                                   2) Kevin Schwantz (Suzuki) 188
                                   3) Mick Doohan (Honda) 179

1991
Eddie Lawson accetta alla fine le offerte della Cagiva, portandola grazie al suo impegno, su livelli piú che buoni, con 2 terzi posti guadagnati. Al suo posto un ottimo esordiente, il campione del mondo 250 John Kocinski, che vincerà anche un GP. Rainey e Doohan si disputano accanitamente il titolo, con il solito Schwantz che lotta con grande cuore, tradito qualche volta pure dalla moto. A discolpa del grande Kevin, si può anche ammettere che la Suzuki non fosse certo all’altezza di Yamaha e di Honda. Il bilancio finale è Rainey con 6 vittorie ed un ritiro, Doohan 3 vittorie ed un ritiro, Schwantz ben 5 vittorie con 2 ritiri. La regola del pari e dispari viene infranta e non ci si pensò piú.

Classifica Finale      1) Wayne Rainey (Yamaha) 233
                                   2) Mick Doohan (Honda) 224
                                   3) Kevin Schwantz (Suzuki) 204

1992
Mick Doohan e l’Honda, ancora piú forti, iniziano alla grande, confezionando una serie di 4 vittorie consecutive. A rompere la sequenza è Schwantz, poi vince anche Rainey, ma Doohan riprende a vincere in Germania ed il suo vantaggio sembra ormai incolmabile. Purtroppo durante le prove del GP d’Olanda, l’australiano incappa in una brutta caduta, che gli provoca gravi ferite alla gamba destra. I medici parlano addirittura di amputazione, ma il Dr. Costa, considerato una sorta di angelo dei piloti, lo porta in Italia sottoponendolo ad una serie di interventi che gli salvano l’arto. Intanto, ad Assen, grazie all’assenza di Doohan e ad una serie di ritiri, vince il GP lo spagnolo Criville, che interrompe, anche se in modo non del tutto convincente il lunghissimo digiuno dei piloti europei. Nel successivo GP di Ungheria, rompono il digiuno anche le case europee, con la vittoria della Cagiva di Eddie Lawson. Intanto Rainey comincia inesorabile la sua rimonta, con Doohan costretto a riprendere appena possibile, montando un inedito comando a levetta del freno posteriore sul manubrio. Un dodicesimo ed un sesto posto non bastano a salvare il titolo, ancora appannaggio di Rainey.

Classifica Finale      1) Wayne Rainey (Yamaha) 140
                                   2) Mick Doohan (Honda) 136
                                   3) John Kocinski (Yamaha) 102

1993
Il campionato presenta alcune novità, la piú importante è l’arrivo di un italiano in una squadra di alto livello. Infatti Luca Cadalora , reduce dalle vittorie in 250, entra nel team Roberts come compagno di Rainey, sostituendo l’irascibile John Kocinski, passato alla Suzuki 250. Il ritiro dalle competizioni di Lawson, interrompe, anche se momentaneamente, la partecipazione della Cagiva. Mick Doohan ancora in precarie condizioni, non può puntare al titolo, rimpiazzato nel suo ruolo dal connazionale Daryl Beattie, il quale non può a sua volta far altro che assistere ad un accanito duello tra Rainey e Schwantz. Cadalora trova la tenuta di strada della sua moto letteralmente terrorizzante.Se ne lamenta con i tecnici Yamaha, i quali rispondono che le 500 vanno guidate in modo acrobatico, derapando nelle curve come fa appunto Rainey. L’italiano tipo testardo e prudente, si incaponisce a mettere la moto a punto a modo suo, rimediando al massimo un paio di quinti posti nella prima parte del campionato. Rainey e Schwantz si contendono le vittorie, interrotte solo da Beattie in Germania e dal redivivo Doohan ad Imola. Intanto Cadalora, che ha miracolosamente trovato la messa a punto per guidare in modo normale la sua moto, compie un primo exploit battendo il suo caposquadra in GBR, togliendogli oltretutto dei punti preziosi. In Cecoslovacchia vince Rainey con Cadalora secondo, mentre Schwantz, arrivando quinto, cede nuovamente il comando della classifica. A Misano, Rainey sembra di grado di tenere sotto controllo Cadalora, quando improvvisamente vola via urtando la schiena sull’asfalto. Sembra una caduta banale, il pilota appare cosciente, ma non riesce a muoversi. La brutta impressione suscitata, sarà poi confermata dal responso medico: paralisi degli arti inferiori. Si tratta dell’incidente piú brutto capitato ad un campione in questi ultimi anni, che pure hanno visto un miglioramento notevolissimo della sicurezza, con una drastica riduzione degli incidenti mortali. Kevin Schwantz va a questo punto a vincere finalmente il suo campionato del mondo. Ultima cosa notevole, l’arrivo di Kocinski, che ha litigato con la Suzuki, alla Cagiva nella parte finale del campionato. Questa voltaAgostini, divenuto general manager della casa varesina, indovina la mossa perché Kocinski infila una serie di grandi prestazioni, culminate con la vittoria nell’ultimo GP.

Classifica Finale      1) Kevin Schwantz (Suzuki)248
                                   2) Wayne Rainey (Yamaha) 214
                                   3) Daryl Beattie (Honda) 176

1994
Grande attesa in casa italiana per le speranze suscitate dalla Cagiva e da Luca Cadalora nel finale del precedente campionato. L’inizio è folgorante: in Australia vince Kocinski in sella alla rossa moto italiana, precedendo Cadalora e Doohan. Gli appassionati italiani si chiedono a questo punto se devono tifare per la casa o per il pilota italiano. Ma a mettere tutti d’accordo ci pensa Mick Doohan che infila una serie di otto vittorie interrotte due volte dal solito Schwantz, l’unico capace di mettersi dietro, in qualche circostanza l’australiano. Kocinski corre magnificamente ottenendo il massimo dalla sua moto, forse non altrettanto si può dire di Cadalora. Il modenese ripete in qualche modo la stagione precedente, tornando competitivo soltanto nel finale di stagione e riuscendo ad acciuffare il secondo posto in classifica. In conclusione Doohan vince 9 GP su 14, con 2 GP a testa per Schwantz e Cadalora e uno di Kocinski. Intanto l’Aprilia inizia la sua partecipazione con un 250 bicilindrico maggiorato a 400 cc affidato a Loris Reggiani. La casa di Noale, che già si distingue dalle altre per il motore con ammissione a disco rotante, cerca la strada della leggerezza e della maneggevolezza per sorprendere i giapponesi. L’idea in teoria sembra buona, visti anche i tempi delle 250 molto vicini, in diversi circuiti a quelli delle 500, in pratica non avrà per il momento molto successo.

Classifica Finale      1) Mick Doohan (Honda) 317
                                   2) Luca Cadalora (Yamaha) 174
                                   3) John Kocinski (Cagiva) 172

1995
La stagione inizia con alcune novità. La prima è la rinuncia della Cagiva, che ritiene di aver fatto il massimo per vincere e di non poter fare di piú. La seconda è l’arrivo in 500 dell’ex baby prodigio Loris Capirossi. Primo esempio di quei piloti come Valentino Rossi, Ivan Goi, Marco Melandri, Manuel Poggiali, che inizieranno a correre ed a vincere giovanissimi, era apparso nel '90 a 17 anni, vincendo immediatamente il mondiale 125. L’impresa parve allora straordinaria e tutti pronosticarono per il giovane Loris un futuro strepitoso. Dopo essersi ripetuto l’anno successivo passò in 250, dove nel '93 buttò letteralmente il titolo all'ultima gara tentando di vincere quando gli bastava un piazzamento nei primi tre. Trovatosi nel finale con le gomme usurate e con i colleghi italiani Reggiani e Biaggi che non si fecero scrupolo di passarlo, perse il titolo a favore del giapponese Harada. Nel '94 lottò con Biaggi fino a 4 GP dalla fine, quando dopo aver vinto in Inghilterra ed essere passato in testa alla classifica, cadde nel GP di Cecoslovacchia infortunandosi e dando via libera al rivale ed alla sua Aprilia. Ormai deciso a passare alla 500, partecipa con una Honda gestita dal team Pileri. Le sue prestazioni saranno buone, con un terzo posto conquistato nell’ultimo GP. La terza novità, piuttosto brutta per gli appassionati, è il ritiro dalle corse di Kevin Schwantz. Il campione annuncia, fra le lacrime, che il suo fisico, dopo i numerosi incidenti, non riesce più a sopportare le fatiche della guida. Il suo posto alla Suzuki viene raccolto dall’australiano Daryl Beattie che con un paio di vittorie riuscirà a strappare il secondo posto. La stagione è dominata, come al solito da Doohan e come al solito Cadalora si sveglia soltanto a cose fatte vincendo 2 GP nel finale. Da segnalare la vittoria nel GP di casa dello spagnolo Alberto Puig, altro pilota che, come Beattie, sparirà presto a causa di cadute che lasceranno il segno sul loro fisico. Ineffetti la guida delle moto moderne richiede oltre che bravura tecnica, una vera e propriaprestazione fisica, penalizzando inesorabilmente chi non riesce piú a raggiungere il massimo della forma. Leggermente migliorate sono le prestazione dell’Aprilia di Reggiani che arriva al massimo ad un settimo posto.

Classifica Finale     1) Mick Doohan (Honda) 248
                                  2) Daryl Beattie (Suzuki) 215
                                  3) Luca Cadalora (Yamaha) 176

1996
I due italiani si scambiano le moto, perché Cadalora litiga con Roberts accusandolo di preferirgli Abe e si procura una Honda, mentre Capirossi accetta l’offerta di Wayne Rainey di correre nel suo team con la Yamaha. Questa volta Cadalora inizia benissimo vincendo la prima gara in Malesia, poi però il solito Doohan si scatena lasciando agli altri solo poche briciole. Molto bello il campionato di Alex Criville che riesce a vincere due GP e ad impegnare strenuamente l’australiano. Nel GP finale in Australia, lo spagnolo mette però troppo ardore, e tentando un sorpasso all’ultima curva provoca la caduta sua e del compagno di marca. A beneficiarne è un esterrefatto Loris Capirossi, che passa il traguardo già felice di essere arrivato terzo, mentre gli verrà comunicato che ha addirittura vinto. Ilpovero Loris si consola così di un campionato ancora più sofferto del precedente, con problemi di messa a punto e anche di comprensione con il suo team. Alla fine della stagione accetta l’ingaggio dell’Aprilia e torna in 250, dove in effetti aveva lasciato un conto in sospeso con la sorte.

Classifica Finale       1)Mick Doohan (Honda) 309
                                    2)Alex Criville (Honda) 245
                                    3)Luca Cadalora (Honda) 168

1997
Luca Cadalora torna alla Yamaha, ma questa volta non riesce ad ottenere che un paio di secondi posti, con un sesto posto finale. Lo spagnolo Criville, l’unico capace di impegnare Mick Doohan, si infortuna e resta fuori dalle corse per quasi tutta la stagione. Doohan vince 12 GP su 15, e con questo si è detto tutto. Due le vittorie di Criville ed una del giapponese Okada. Da segnalare il terzo posto ad Assen di Doriano Romboni con l’Aprilia bicilindrica 500 con un decimo posto in classifica. Buone le prestazioni dell’altro giapponese Nobuatsu Aoki.

Classifica Finale      1) Mick Doohan (Honda) 340
                                   2) Tadayuki Okada (Honda) 197
                                   3) Nobuatsu Aoki (Honda) 179

1998
E’ un’annata da ricordare in modo dettagliato. A risollevare l'interesse per il mondiale 500, arriva il 4 volte campione della 250 Max Biaggi. Nato e cresciuto a Roma, quindi lontano dal classico ambiente romagnolo che stravede per la moto, comincia a correre relativamente tardi, mostrando forse piú talento che vera passione motociclistica. Vinto l’europeo 250 nel '91, viene a metà stagione promosso in prima squadra dalla Aprilia nel '92, in un periodo dominato dai piloti italiani che si chiamano Cadalora, Reggiani, Chili, Capirossi. L’esordiente Massimiliano, si inserisce immediatamente nel gruppo dei piú forti, creando qualche scompiglio e qualche incidente. Vinto finalmente il suo primo GP in Sud Africa, non esita a passare l’anno successivo alla Honda di Kanemoto, prendendo il posto del Campione del Mondo Cadalora. Si tratta però di un anno infelice, dove vince una sola gara. Tornato all’Aprilia inizia la sua serie di vittorie: tre mondiali con la casa italiana, poi uno con la Honda del ritrovato team di Erv Kanemoto. Proprio con il nippo-americano, Biaggi divenuto ormai per tutti Max, tenta la sorte in 500. L’esordio è a dir poco straordinario: prima la pole, poi la vittoria solitaria, mentre Doohan partito male, finisce fuori pista nel tentativo di recuperare. Doohan però riesce a reagire immediatamente, mentre anche Alex Criville si inserisce nella lotta. Biaggi mantiene la testa con una serie di piazzamenti fino al GP di Francia, dove vincendo passa in testa Criville. Dopo Madrid, vinto da Carlos Checa, Doohan inizia una nuova rimonta che si concretizza in Germania con 12 punti su Biaggi e 18 su Criville. In Cecoslovacchia arriva la seconda vittoria di Biaggi, con l’australiano che scivola imprevedibilmente sulla ruota anteriore durante il primo giro. Doohan si rifà ad Imola, poi con Biaggi ancora in testa per 4 punti, arriva il fattaccio del GP di Catalogna. Il brasiliano Alex Barros, partito in testa, viene superato da Biaggi con le bandiere gialle che impongono di mantenere le posizioni. Oltretutto il sorpasso di Biaggi è temporaneo, perché l’italiano, arrivato lungo alla curva successiva, viene nuovamente superato da Barros . La giuria impone una sosta punitiva per entrambi di 10 secondi assolutamente eccessiva. Barros, che oltretutto è quello senza nessuna colpa, si ferma per scontare la penalità, arrivando settimo. Biaggi, in preda a raptus agonistico continua incurante anche della bandiera nera che gli impone di fermarsi. Arriva così davanti a Doohan che non sa come comportarsi, ma viene inesorabilmente squalificato. Con 21 punti di vantaggio Doohan ha ormai il titolo in tasca e soltanto in extremis, approfittando del ritiro di Criville in Argentina, il romano arriva secondo in classifica.

Classifica Finale      1) Mick Doohan (Honda) 260
                                   2) Massimiliano Biaggi (Honda) 208
                                   3) Alex Criville (Honda) 198

1999
Biaggi lascia  la Honda  di Kanemoto, ritenendola inferiore a quella del Team ufficiale di Doohan, per passare alla Yamaha. Il romano fa quindi un investimento per il futuro, rinunciando a qualche possibilità immediata. Le prime due gare vedono primeggiare a sorpresa l’americano KennyRoberts figlio del grande "King Kenny" che lasciata  la Modenas  3 cilindri del padre per  la Suzuki , cambia improvvisamente pelle: da discreto figlio d’arte a vero campione. Biaggi e Doohan restano sorpresi, poi nelle prove del GP di Spagna, una rovinosa caduta mette fine alla carriera del grande Mick. Il rendimento di Biaggi è altalenante, con due secondi posti dietro Criville in Spagna ed al Mugello. La parte centrale del campionato del romano è disastrosa, mentre proprio in questa fase, con una serie di vittorie, Criville pone le basi per la conquista del titolo. Alla fine Max colleziona una vittoria in Sud Africa, ma subisce per ben 5 volte il sorpasso dell’avversario all’ultimo giro, duevolte ad opera di Criville, poi anche da Okada, Abe e Roberts che vince l’ultimo GP. Lo spagnolo riesce infine a conquistare il titolo con qualche sofferenza, dovuta anche alle ferite ad un polso riportate in un incidente. Finalmente un pilota europeo torna a vincere il Campionato del Mondo, non succedeva dalla vittoria di Franco Uncini nel 1982. Biaggi termina quarto, primo comunque dei piloti Yamaha. Qualche lieve accenno di miglioramento arriva dall’Aprilia del giapponese Harada, terzo in Francia ed in Gran Bretagna.

Classifica Finale      1) Alex Criville (Honda)267
                                   2) Kenny Roberts Jr. (Suzuki) 220
                                   3) Tadayuki Okada (Honda) 211

2000
Siamo ormai alla cronaca più che alla storia, con il forte rischio di urtare la suscettibilità dei tifosi. La 500 è nobilitata dall’arrivo dei più recenti campioni della 250, i due italiani Loris Capirossi e Valentino Rossi.Il primo lo avevamo lasciato nel ’96 quando, nonostante la vittoria di un gran premio, preferì tornare in 250 per terminare l’opera incompiuta di vincere il titolo anche in questa cilindrata.La cosa gli riesce, anche se a prezzo di furiose polemiche per l’incidente all’ultima curvadell’ultima corsa con il quale risolve la tenzone con il giapponese Tetsuja Harada. L’altro pilota, nuovo alle cronache della 500 ma certamente non delle cilindrate inferiori è il figlio d’arte dello sfortunato Graziano, da noi ricordato negli anni a cavallo del 1980. Cresciuto sotto l’influenza paterna, impara paradossalmente a stare in equilibrio sulle due ruote direttamente sulle minimoto anziché sulla bicicletta. Il suo esordio avviene nel ’96 con le 125. Si mostra subito velocissimo, anche se, vittima del proprio entusiasmo, finisce regolarmente per combinare qualche pasticcio negli ultimi giri.Vince infine il suo primo GP (Repubblica Ceca) e l’anno successivo si aggiudica il titolo con una superiorità impressionante. La stessa cosa avviene in 250: ad un primo anno brillantissimo ma sciupato da qualche errore, segue la vittoria del secondo anno, vanamente contrastata dal connazionale Loris. È a questo punto che decide di lasciare l’Aprilia per correre in 500 in sostituzione di Mick Doohan. I primi tests invernali confermano che, entrambi velocissimi, reciteranno una parte importante nel Campionato. Chi invece prosegue nella sua crisi è Max Biaggi, che a parte un paio di vittorie si rende protagonista di prove deludenti, condite pure da qualche scivolata. La corsa dell’anno si svolge al Mugello, dove i tre si ritrovano in testa all’ultimo giro, ma prima Rossi e poi Biaggi cadono nel convulso finale. Loris Capirossi riassapora la vittoria, sembra lanciato verso un gran mondiale, ma poi un paio di scivolate nelle prove, con fratture alle mani, ne rallentano la corsa. Rossi vince infine il suo primo GP in Inghilterra, mentre Biaggi si riprende nel finale. Proprio nell’ultima corsa in Australia, i tre finiscono sul podio con la vittoria di Biaggi e con Capirossi e Rossi al suo fianco. Alla fine però approfittando dei tre litiganti, vince il titolo KennyRoberts Junior, il quale usufruisce in qualche gara anche dell’aiuto della pioggia, che gli risolve grossi problemi d’usura delle gomme nel finale di gara. Si deve infine aggiungere qualcosa sui difficili rapporti personali tra i tre campioni, che nel caso Rossi-Biaggi assumono toni aspri e denigratori, soprattutto da parte di Valentino, che non perde occasione per attaccare il romano. Il tutto in ogni modo utile alla causa mediatico-pubblicitaria.

Classifica Finale      1) Kenny Roberts (Suzuki)258
                                   2) Valentino Rossi (Honda) 209
                                   3) Massimiliano Biaggi (Yamaha) 170

2001
Valentino Rossi inizia alla grande vincendo i primi tre GP, riaccendendo la solita polemica tra i meriti del pilota e quelli della moto. Capirossi, pur con qualche lamentela per lo stato d’aggiornamento della sua Honda gestita dal Team spagnolo di Sito Pons, è protagonista di ottime gare anche se non riuscirà a vincerne nessuna. Max Biaggi, dopo un inizio incerto, vince in Francia ed inizia un recupero nei confronti del rivale, che sembra culminare nella repubblica Ceca. Accade invece che proprio nel circuito che gli è più adatto il romano, inizia con una serie di scivolate, un’altra crisi nera. Sono in molti a ritenere che lo stile di Biaggi, fatto di traiettorie rotonde e privilegiante la massima velocità di percorrenza al centro della curva, sia troppo soggetto all’usura delle gomme, che ad un certo punto lo piantano facendolo finire per terra. Ilcontrario avviene invece per Valentino, che tende a tagliare le curve, preferendo prendere le stesse più piano per poter però anticipare l’apertura del gas. Comunque sia il pesarese si dimostra il più forte in gara e soprattutto nel finale, quando si tratta di sopperire ai problemi di tenuta di strada della moto. I tre italiani creano il vuoto vincendo 14 su 16 GP (11 Rossi, 3 Biaggi) finendo ai primi tre posti della classifica finale, impresa clamorosa nella storia del motociclismo italiano. Valentino Rossi diviene il sesto italiano dopo Masetti, Liberati, Agostini, Lucchinelli ed Uncini campione del Mondo della 500. Questo sará l’ ultimo anno dominato dal motore a due tempi. Per volere soprattutto della Honda, la Federazione Internazionale Motociclistica deciderá di ucciderlo consentendo una cilindrata doppia al motore a quattro tempi. Avendo chiamato questa miserabile scrittura “Storia della 500”, ne approfitto per risolvere l’ imbarazzo di come trovarne la parola fine!

 Classifica Finale      1) Valentino Rossi (Honda) 325
                                    2) Massimiliano Biaggi (Yamaha) 219
                                    3) Loris Capirossi (Honda) 210