MINISTORIA DEL CAMPIONATO DEL MONDO DELLA 500
Testo pubblicato per gentile concessione dell'autore ANDREA BIAGI
PROLOGO
Il campionato di motociclismo fu istituito nel 1949, nettamente in
ritardo rispetto alla maturità tecnica ed agonistica raggiunta da questo sport.
Furono soprattutto gli inglesi ad impedire l’effettuazione di un campionato a
prove multiple, per non mettere in discussione la loro supremazia. Maestri
indiscussi, propugnatori di un tipo di motocicletta da corsa semplice
(all’insegna del motto “tutto quello che non c’è non pesa e non si
rompe”), si trovarono in difficoltà con l’evolversi della tecnica. Italiani
e Tedeschi, costruirono mezzi molto più sofisticati, con motori pluricilindrici
che prevedevano l’uso del compressore e dei carburanti speciali, infrangendo
ripetutamente la supremazia inglese nei veloci circuiti europei. Dove però le
case ed i piloti britannici rimanevano imbattibili era nel Gran Premio
d’Inghilterra che si disputava nell’isola di Man. È questo, (perché si
disputa ancora oggi!) un circuito pazzesco dal punto di vista della sicurezza,
che richiede peraltro grandissima abilità da parte dei piloti e grandi doti di
resistenza emaneggevolezza delle moto. Un percorso di 60 Km che partendo dal
livello del mare sale fino a 600 metri di altitudine per poi piombare nuovamente
sul traguardo. Le partenze avvengono a cronometro a causa della ristrettezza
della carreggiata e le prove libere si svolgono all’alba perché il circuito
deve essere riaperto al traffico normale. Sono leggendarie le curve e le località
che la gara attraversa: la curva in discesa prima di Bray Hill, il ponte di
Ballaugh dove le moto saltano paurosamente, la Verandah, la curva di Greg-ny-baa,
il Governor’s bridge, con la immancabilepubblicità della Dunlop, curva
strettissima e in discesa che catapulta i piloti sul rettilineo d’arrivo.
Andare forte all’esordio è in sostanza impossibile: non si tratta di
memorizzare le solite poche curve di un normale circuito, ma una miriade di
curve cieche, tutte diverse, correndo tra case, muretti e marciapiedi. Non solo
chi vince questa gara, ma anche chi sale sul podio riceve la patente di
campione. Le case italiane e tedesche andarono all’assalto di quest’ultima
roccaforte, spinte anche da motivi politico-nazionalistici (il motociclismo
italiano del ventennio si adattò molto bene alfascismo, in un perenne scattare
di saluti romani, e cose analoghe avvennero ovviamente anche in Germania). La
prima casa continentale che riuscí a compiere la grande impresa di vincere
questa corsa fu la Moto Guzzi, che deve a questa vittoria buona parte della fama
che seppe guadagnarsi. Nel ’35, il campione irlandese Stanley Woods, assunto
nell’occasione, realizzò una mirabile doppietta 250-500 usando il
monocilindrico nella prima e il bicilindrico longitudinale a V di 120 e 2 nella
seconda gara. Due anni dopo, Omobono Tenni fu il primo pilota non di lingua
inglese a vincere questa corsa con la Moto Guzzi 250. Il trevigiano fu
protagonista di una gara formidabile, sgomentando lo speaker della corsa per il
pazzo abbandono con cui prese le curve del circuito. Nel ’38 si fecero avanti
anche i tedeschi che vinsero la 250 con la DKW a due tempi di Kluge e la 500 nel
’39 con la BMW del famoso George Mayer detto "il sergente di ferro".
Sempre nel '39, fu particolarmente significativa la vittoria dell’Inglese Ted
Mellors nella 250, perché ottenuta in sella alla Benelli bialbero che lo stesso
pilota era andato a chiedere ai fratelli Benelli dopo averla vista gareggiare a
Monza. In quello stesso anno si svolse inoltre un campionato europeo a prove
multiple, in realtà un vero e proprio campionato del mondo, che fu vinto dal
pesarese Dorino Serafini con la Gilera 500 quattro cilindri. Questa moto merita
una citazione particolare perché progenitrice di tutte le moto pluricilindriche
italiane a quattro tempi che dominarono i mondiali fino agli anni ’70, quando
il motore a due tempi riuscì a ribaltare a proprio favore la supremazia
tecnica. Costruita a Roma dall’OPRA (Officine di Precisione Romane
Automobilistiche) del conte Bonmartini, fuprogettata dagli Ingegneri Gianini e
Remor al tempo in cui Piero Taruffi, giovane pilota alle primearmi, frequentava
la facoltà d’Ingegneria.
Quando questi riuscì finalmente ad ottenere la guida della moto, l’OPRA fu
chiusa dal volubile conte che fondò la CNA (Compagnia Nazionale Aereonautica)
per conto della quale Gianini e Taruffi progettarono una seconda moto quattro
cilindri, raffreddata ad acqua e sovralimentata dal compressore, che fu
denominata Rondine e con la quale Taruffi vinse numerose corse compreso il GP di
Tripoli, molto famoso a quei tempi. Ma anche la CNA ebbe vitabreve e fu venduta
alla Caproni Aereonautica che però non volle interessarsi della moto. Taruffi
si mise allora in contatto con Giuseppe Gilera (l’unico vero gran signore di
Arcore!), proponendogli l’acquisto del materiale da corsa, ed il suo ingaggio
come progettista-pilota. La moto ebbe notevoli perfezionamenti e Taruffi, che
aveva il pallino delle carenature e dei records, stabilì nel ’37 il primato
assoluto di velocità strappandolo alla BMW. Alla Gilera era nel frattempo
sopraggiunto, su consiglio dello stesso Taruffi, l’ing. Remor, primo
progettista di questa moto, particolarmente bravo nella progettazione dei
motori. La vittoria del campionato europeo premiò il lavoro e la passione di
tutti. A questo punto la guerra interruppe ogni attività.
1949
Le corse ripresero faticosamente nel dopoguerra,
disputate su improvvisati circuiti cittadini con le vecchie moto che i più
fortunati erano riusciti a nascondere e a recuperare a guerra finita. Arrivati
al ’49, fu istituito il campionato a prove multiple, decidendo che tanto
valeva denominarlo Campionato del Mondo. Gli inglesi, in cambio del loro
consenso, ottennero che fosse vietato l’uso di sistemi di sovralimentazione e
di miscele speciali ad altissimo numero d’ottano. In questo modo potevano
riprendere immediatamente le corse con gli stessi mezzi anteguerra, mentre le
caseitaliane dovevano progettare nuove moto o correre con quelle esistenti
spogliate del compressore perdendo ogni vantaggio in fatto di potenza. La Moto
Guzzi rispolverò la vecchia bicilindrica, ormai tecnicamente superata, mentre
Gilera preferì far realizzare una nuova moto dall’ing. Remor che progettò un
quattro cilindri raffreddato ad aria, compatto e leggero. Gli inglesi
parteciparono con la solita gloriosa Norton, irremovibile dal monocilindrico, e
con la più audace AJS che presentò un bicilindrico orizzontale detto
“porcospino” per la particolare alettatura ad aculei della testa. Per i
tedeschi non ci fu problema perché furono tenuti fuori delle corse per qualche
anno. Il primo gran premio si disputò all’isola di Man e vide la vittoria di
Harold Daniell con la Norton. La Moto Guzzi bicilindrica di Robert Foster fu
costretta al ritiro dopo aver fatto il giro più veloce, come fu attardata da
noie meccaniche l’AJS di Leslie Graham, primo gran campione del dopoguerra,
appartenente però alla vecchia generazione, come lo stesso Daniell o come
l’italiano Pagani, penalizzati daglianni persi per la guerra. La Gilera non
partecipò neppure alla gara, ritenendo inadatti sia la moto sia i piloti, tutti
italiani e quindi inesperti del micidiale circuito. Nella successiva gara
disputata al Bremgarten in Svizzera, vinse Graham davanti al giovane Artesiani
con la Gilera quattro, mentre Pagani, in sella soltanto alla Gilera Saturno
monocilindrica, a causa d’alcune discussioni con l’ing.Remor, arrivò
soltanto quarto; un piazzamento che costò a conti fatti il titolo mondiale. La
prima guida della Gilera, Carlo Bandirola, detto "il Banda" e dagli
inglesi “the bandit” cadde infortunandosi. Ad Assen Pagani finalmente in
gara con la quattro cilindri compì un capolavoro di strategia disputando tutta
la corsa dietro Graham per risparmiare il motore e saltando in testa
all’ultimo giro sul rettilineo, dove fece valere la maggiore potenza della sua
moto. All’ arrivo l’ing.Remor, commosso fino alle lacrime, fu freddato dal
sarcastico Nello con un “potrebbe anche ridere una buona volta, sono due anni
che piange!”, riferendosi ai problemi che avevano afflitto la nuova moto fino
a quel momento. In Belgio, fermo per guasto Graham, in ritardo per problemi alla
moto Pagani, prevalse in volata Doran con l’AJS su Arciso Artesiani con la
Gilera. Sul difficile circuito irlandese Graham vinse la gara mettendo quasi al
sicuro il titolo su Pagani che arrivò solamente terzo. Soltanto una vittoria
dell’italiano accompagnata dal ritiro dell’inglese poteva rimettere in
discussione il titolo. In effetti, accadde proprio questo, perché Pagani vinse
a Monza precedendo Artesiani, mentre Graham fu messo fuori gara da un incidente
a Lesmo, causato dal solito impetuoso Bandirola, al rientro dopo l’infortunio.
La classifica calcolata su tre gare dava i due pretendenti a pari punti, ma
Pagani aveva un punteggio totale più alto, perciò sembrò che il titolo
dovesse essergli assegnato, ma a questo punto si scatenò la polemica: per gli
inglesi il campione era Graham! Era accaduto che il regolamento del mondiale,
(scritto in francese) prevedesse l’assegnazione di 1 punto supplementare
all’autore del giro più veloce d’ogni gara, se classificato. Per gli
italiani significava che si dovesse assegnare il punto soltanto all’autore del
record sul giro se questo concludeva la gara, mentre per gli inglesi il punto
doveva essere sempre assegnato all’autore del giro più veloce tra chi
arrivava al traguardo. In pratica era accaduto che nel gran premio di Svizzera
l’autore del giro più veloce Frend si era poi ritirato ed il punto era stato
assegnato a Graham che aveva fatto il secondo giro veloce vincendo la gara. La
federazione dette ragione agli inglesi, forse anche per compensare il danno
subito da Graham a Monza per opera di Bandirola e cosi Leslie Graham e l’AJS
furono i primi campioni del mondo.
Classifica finale 1) Leslie Graham
(AJS) 30
2) Nello Pagani (Gilera) 29
3) Arciso Artesiani (Gilera)25
1950
Qualcosa di notevole avvenne durante
l’inverno ’50 in casa Gilera. L’ing. Remor litigò con il Commendatore e
se ne andò alla MV ingaggiato dal conte Agusta, che stava impegnando grandi
risorse per affermare la sua casa in questo sport. Dopo poco tempo uscì la
nuova moto, molto originale nelle sospensioni a barre di torsione, nella
trasmissione ad albero cardanico e con un curioso comando del cambio, con una
leva per parte, una per salire ed una per scalare le marce. Ilmotore invece era
assolutamente identico al 4 Gilera, la qual cosa provocò grandi polemiche tra
le due case. La nuova moto portata in gara al GP del Belgio da Artesiani arrivò
quinta, mentre ottenne un buon terzo posto a Monza. La lotta per il titolo fu
per il momento questione esclusiva di Gilera e Norton. Il TT vide apparire il
primo grande campione della nuova generazione: l’inglese GeoffreyDuke, uno dei
più grandi in assoluto, forse secondo solo a Mike Hailwood. Pilota freddo e
calcolatore, inventore della tuta intera, fu il primo pilota a comprendere
l’importanza della cura dei particolari, sia della moto sia
dell’abbigliamento del pilota. Duke vinse la gara raggiungendo Bell, partito 3
minuti prima di lui, mentre Foster con la Moto Guzzi e Graham furono nuovamente
costretti al ritiro, con la Gilera ancora assente. I successivi gran premi in
Olanda e Belgio furono vinti da quella che sembrò la risposta italiana a Duke:
il giovane parmense Umberto Masetti. Brillante e affascinante, sempre impegnato
fuori pista a spassarsela, forse perché preso dalla intima paura di aver poco
da vivere, dati i continui lutti che funestavano questo sport, si rivelò alla
fine solo una meteora, anche se brillantissima. Questo fu il suo grande anno:
iniziata la stagione italiana con il Saturno, piomba nella gare mondiali
soppiantando Nello Pagani. Preso il comando della classifica, Masetti si difese
strenuamente a Monza arrivando secondo dietro Duke, autore di una fantastica
esibizione dovuta alle preprie doti e a quelle telaistiche dalla Norton. Terzo
posto per Arcisio Artesiani con la MV, al suo primo podio.
Classifica Finale 1)
Umberto Masetti (Gilera) 28
2) Geoffrey Duke (Norton) 27
3) Leslie Graham (AJS) 17
1951
La MV, proseguendo nella sua escalation al titolo,
assunse Leslie Graham, che fu quindi il primo grande pilota inglese a correre
stabilmente con una casa italiana. Ottimo collaudatore, si impegnò in un grosso
lavoro di messa a punto, che consistette essenzialmente nell’eliminare tutte
le trovate avveniristiche di Remor, perciò la moto diventò sempre più simile
alla Gilera, senza poterla per il momento impensierire. Tra le due litiganti,
però, si intromise la Norton che grazie a Duke e ad un nuovo telaio
a doppia culla detto “letto di piume” si affermò non solo al solito TT, ma
anche nelle gare del continente. Masetti vinse il GP di Spagna poi fu fermato da
un incidente, sul finale del campionato ci furono le belle prestazioni di
Alfredo Milani che vinse in Francia ed il GP delle Nazioni a Monza. Intanto la
Moto Guzzi, dopo aver abbandonato il bicilindrico, adottò una doppia strategia:
una mono evoluta per i circuiti lenti e lo sviluppo di avveniristici motori per
quelli veloci. Fu, infatti, sviluppato prima un quattro longitudinale, poi,
qualche anno più tardi, il famoso 8 cilindri a V, raffreddato ad acqua, che
ebbe grossi problemi per la carburazione e l’accensione. Quando infine sembrò
prossimo a dominare le corse, fu mandato in soffitta dal clamoroso ritiro dalle
competizioni della casa.
Classifica finale 1) Geoffrey Duke
(Norton) 35
2) Alfredo Milani (Gilera) 31
3) Umberto Masetti (Gilera)21
1952
La MV cominciò ad andare fortissimo, ma fu
frenata da banali guasti che rallentarono la marcia di Graham in classifica.
Dopo l’esordio vincente delle AJS di Brett e Doran,al GP di Svizzzera, il TT
fu vinto da Armstrong con la Norton, mentre Duke fu costretto al ritiro, con
Graham che scese al secondo posto perdendo tempo al rifornimento. Ancora
assenti, per i soliti motivi le Gilera. InOlanda e Belgio nuovo gran colpo
doppio di Masetti, portantosi in testa alla classifica. Fuori causa Duke a causa
di un infortunio, vano e tardivo fu il recupero di Graham, che vinse a Monza a
medie record e nella gara conclusiva in Spagna. Furono sufficienti per Umberto
Masetti i due secondi posti dietro l’ Inglese per portare a casa il titolo.
Classifica finale 1) Umberto
Masetti (Gilera) 28
2) Leslie Graham (MV Agusta) 25
3) Reginald Armstrong (Norton) 22
1953
Stagione invernale ricca di polemiche. Gilera
ormai stufo di non poter partecipare al TT, e consapevole che la MV con Graham
aveva un grosso vantaggio, si decise al grande passo e consigliato da Piero
Taruffi, direttore sportivo della squadra, assunse la coppia regina della Norton,
cioè Duke ed Armstrong. I piloti italiani, primo fra tutti Masetti, ma anche
Milani, Liberati, Colnago dovettero da quel momento mordere il freno e disputare
solo il campionato Italiano e poche gare iridate. I giornali inglesi gridarono
al tradimento, accusando le case italiane di slealtà e la vigilia del TT fu
vissuta con grande attesa e passione. Intanto la Norton, depauperata dei suoi
migliori piloti, pescando in quello che a quel tempo era un vivaio inesauribile,
assunse il rhodesiano Ray Amm. Era questo un pilota spavaldo e coraggioso che
soleva dire: " se nel fare una curva non provo spavento vuol dire che l’
ho presa piano!". Il TT iniziò bene per Graham: vincitore delle 125, alla
premiazione, dette appuntamento sullo stesso podio per il giorno della 500.
Durante il riscaldamento della moto prima della gara, fu vittima di una caduta
ferendosi al braccio. Medicata la ferita, prese regolarmente il via, transitando
al terzo posto dopo il primo giro dietro Duke e Amm. Gettatosi
all’inseguimento fece in pieno la curva in discesa dopo il traguardo, ma non
riuscì a tenere la moto schiantandosi contro un muro a grande velocità.
L’incidente mortale non fermò la corsa, perché la morte, in questa assurda
gara rientrava nelle regole del gioco ed oltre 200 piloti vi hanno perso la
vita. Caduto senza conseguenze Amm, che riprese la corsa, Duke sembrò sicuro
vincitore, ma cadde al Quarter bridge per aver aperto troppo bruscamente il gas.
Sarebbe stato un successo clamoroso per la Gilera e per il pilota, all’esordio
con la 4 cilindri, invece la Norton con Amm riuscìancora una volta a vincere la
gara. Nei successivi gran premi Duke recuperó agevolmente arrivando a 4
vittorie, una a testa per Amm, Milani, Kavanagh.
Classifica finale 1) Geoffrey Duke
(Gilera) 38
2) Reginald Armstrong (Gilera) 24
3) Alfredo Milani (Gilera) 18
1954
La Norton tentò una disperata ultima difesa,
potenziando il motore e affidandosi alla bravura e al coraggio di Amm, che aveva
avuto il fegato di guidare nelle prove del TT la Norton Kneeler, una moto che si
guidava inginocchiati, e che fu poi ritirata dalla stessa Norton che la ritenne
troppo pericolosa. La vittoria di Amm al TT suscitò nuove polemiche perché
ottenuta in circostanze fortunose. Proprio mentre Duke perdeva temporaneamente
il comando in favore di Amm per fare rifornimento, sul circuito calava la nebbia
e gli inglesi decretarono prontamente la fine della gara con questa classifica.
Nei successivi gran premi Duke si dimostrò imbattibile, mentre Amm fece
miracoli precedendo in alcuni circuiti, ogni altro pilota alla guida di una 4
cilindri che non fosse Duke stesso. Sul velocissimo tracciato di Monza il
rhodesiano finì addirittura doppiato, a dimostrazione che la differenza di
potenza tra la Norton e le moto italiane era ormai troppo alta e incolmabile
anche per un campione. Intanto in casa MV, superato lo scoramento per la perdita
di Graham, si era provveduto ad ingaggiare altri due inglesi, Lomas e Dale che
pur essendo bravissimi, non riuscirono ad affiatarsi con la moto in modo tale da
impensierire Duke e le Gilera.
Classifica Finale 1) Geoffrey
Duke (Gilera) 40
2) Ray Amm (Norton) 20
3) Ken Kavanagh (Moto Guzzi) 16
1955
La MV assunse Ray Amm, dando il colpo finale
alla Norton che decise di ritirarsi ufficialmente dalle corse, anche se continuò
per tanti anni a produrre ed a vendere ai piloti privati moto molto simili a
quelle ufficiali. La casa di Cascina Costa assunse inoltre Umberto Masetti,
ormai stanco di subire la dittatura di Duke in Gilera e desideroso di un
rilancio. Amm venne ad Imola a correre laCoppa d’oro Shell, una gara
pre-campionato con forti premi ed ingaggi, organizzata da Checco Costa, il padre
del medico dei corridori Claudio. Ma l’esordio si trasformò in tragedia,
perché durante la corsa delle 350 il nuovo pilota della MV cadde alla curva
della Rivazza rimanendo ucciso. Fu un nuovo durissimo colpo per il Conte Agusta
che dovette affidarsi per il campionato a Masetti, ormai in declino, che riuscì
a mantenere le promesse fatte soltanto a Monza, dove vinse favorito da problemi
ai pistoni delle Gilera. Intanto Duke e la Gilera erano riusciti finalmente
avincere anche il TT dominando poi in lungo ed in largo il campionato.
Classifica Finale 1) Geoffrey
Duke (Gilera) 36
2) Reginald Armstrong (Gilera) 30
3) Umberto Masetti (MV Agusta) 19
1956
Alla fine della stagione ’55, la MV, nella
disperata ricerca di un pilota competitivo, azzardó l’assunzione del
ventunenne inglese John Surtees, che in patria era riuscito a battere anche Duke.
Ma una cosa era guidare sui tortuosi circuiti inglesi una monocilindrica leggera
con un gran telaio come la Norton, un’altra guidare una 4 cilindri da 200 Kg a
carenatura integrale. Molti piloti si erano bruciati in questo passaggio, e lo
stesso incidente di Amm stava ad indicarlo. John Surtees, fu quindi convocato a
Monza per una prova, e a questo proposito si racconta che, all‘inizio sembrò
in difficoltà, girando pianissimo e fermandosi ogni momento al box per
lamentarsi e chiedere regolazioni sulla moto. Quando ormai erano tutti
spazientiti, l’inglese si fermò per l’ennesima volta, ma per affermare “
adesso moto bene!” e ripartire andando a battere il record della pista.
L’assunzione di Surtees fu peró fortunata per un altro motivo: la squalifica
dovuta ad uno sciopero che si abbatté su tutti i migliori piloti facendogli
saltare le prime due gare. Surtees poté vincere cosí il TT e in Olanda, poi in
Belgio rientrarono gli altri piloti, ma la giornata fu addirittura trionfale per
la MV che vinse per la prima volta tutte e quattro le classi del GP, cosa che
sarebbe diventata abituale qualche anno più tardi, ma che in quel momento ebbe
del clamoroso. A quel punto il mondiale era vinto e neppure l’infortunio che
impedì a Surtees di correre a Monza lo privò del titolo. Questo ultimo gran
premio ebbe un protagonista inatteso, il ternano Libero Liberati, che dopo tanta
anticamera era alfine riuscito a convincere Gilera sulle proprie capacità.
Liberati portò al debutto vittorioso la 4 cilindri 350, classe dominata fino a
quel momento dalla Moto Guzzi, con una mono leggerissima e carenata progettata
dal geniale ing. Carcano, il padre della 8 cilindri 500 che intanto stava
cominciando ad incutere paura. Nella 500 Liberati ingaggiò un furibondo duello
con Duke, immortalato da una celebre fotografia che li vede incollati uno nella
scia dell’altro, cedendo solo di un soffio nella volata finale.
Classifica
Finale 1) John Surtees (MV Agusta)24
2) Walter Zeller (BMW) 16
3) John Hartle (Norton) 14
1957
Fu questo un anno particolare per il motociclismo
agonistico, addirittura fondamentale per i motivi che vedremo. Spasmodica
l’attesa degli appassionati, per i prevedibili duelli tra la MV Agusta,
laGilera ulteriormente potenziata e la Moto Guzzi 8 cilindri ritenuta ormai
pronta per scendere in gara vittoriosamente. La solita Coppa d’oro Shell fu
teatro di una lotta entusiasmante, ricca di colpi di scena. Il primo fu la
caduta di Duke alle Minerali, che costò all’inglese la stagione, mentre
quello finale venne dalla Moto Guzzi 8 di Dale che andò a vincere la corsa in
rimonta su Masetti. In verità il campionato vero e proprio non fu poi molto
brillante per la moto di Mandello: un 4 posto al TT poi una serie di giri veloci
e di ritiri. L’attesa per la prova di Monza rimase delusa, perché infortuni
in serie misero fuori causa i piloti ufficiali Lomas, Campbell, Dale e Kavanagh.
Il titolo fu conteso dal duo Liberati-McIntyre con le Gilera e dal campione in
carica Surtees con la MV. Gran giornata di Liberati a Hockeneim, che dopo aver
vinto la 350 nonostante una caduta, vinse anche la 500 sopportando il dolore e
resistendo strenuamente al recupero dello scozzese Mc Intyre, battuto di un
soffio in volata. Al successivo TT, non partecipò Liberati a causa
dell’infortunio, ma anche perché Gilera non lo volle rischiare in una gara
cosí pericolosa, dove il ternano non aveva mai corso. Bob McIntyre, pilota
spettacolare ed irruente, con uno stile di guida fatto tutto di forza,
esemplificato dalla sua posizione in moto con le braccia protese sul manubrio,
compí la straordinaria impresa, ancora oggi ricordata, di superare la media sul
giro delle 100 miglia orarie, ed a niente valse la resistenza di Surtees che si
dovette accontentare del secondo posto. Ma ogni gran premio riservò un colpo di
scena, perché ad Assen, McIntyre incappò in una paurosa caduta riportando un
grave trauma cranico per il quale fu ricoverato in ospedale. Surtees regolò
agevolmente il rientrante Liberati ed i tre si ritrovarono in perfetta parità.
Il GP del Belgio non cambiò la situazione, poiché, assente McIntyre e ritirato
Surtees, Liberati vinse la gara ma fu poi squalificato per aver cambiato alla
partenza la propria moto difettosa con quella del compagno di squadra Brown.
Solo a campionato concluso, con una decisione ormai ininfluente, fu accettato il
suo reclamo e iscritto il suo nome definitivamente nell’albo d’oro di questa
corsa. Il GP di Irlanda, una gara stradale con qualche similitudine con il TT,
vide sfumare la grande occasione di Surtees, costretto al ritiro quando era
nettamente in testa. Liberati riuscí a vincere precedendo il compagno di
squadra, non ancora ripresosi del tutto dall’incidente. La corsa finale di
Monza decise la lotta per il titolo tra i piloti della Gilera divisi da due
punti, con Surtees ancora in grado di fare da guastafeste. Era però destino che
anche questa gara suscitasse scalpore, perché McIntyre, dopo aver vinto la 350,
accusò un malore, conseguenza dell’infortunio di Assen. La Gilera decise di
appiedarlo e di farlo condurre in ospedale per precauzione. Il pubblico piú
sportivo non gradí molto questa decisione, ma Liberati mise tutti a tacere con
una splendida gara che lo vide raggiungere e superare Surtees partito in testa.
Alla fine della corsa ci furono grandi festeggiamenti e bandiere tricolori al
vento. Ma pochi giorni dopo, mentre si aveva ancora nelle orecchie il rombo dei
motori e gli applausi, e si stava pregustando un 1958 ricco di nuove emozioni,
arrivò inaspettatamente il comunicato con cui le case Gilera (vincitrice della
500), Moto Guzzi (vincitrice della 350) e Mondial (che aveva vinto 125 e 250)
annunciarono il ritiro dalle corse. I motivi erano quelli consueti, cioè la
forte spesa, i mezziarrivati al limite delle possibilità umane, la volontà di
dedicare maggiori risorse alla produzione di serie. In realtà il motociclismo
stava entrando in una fase di grave recessione causato dall’avvento delle auto
popolari che si aggiunse a quello degli scooters che ridussero quasi a zero la
vendita delle motociclette classiche, ormai ricercate soltanto da pochi
irriducibili appassionati.
Classifica finale 1) Libero
Liberati (Gilera) 32
2) Robert McIntyre (Gilera) 20
3) John Surtees (MV Agusta) 17
1958
Da quest’anno in poi e per diversi anni, il
campionato si trascinò stancamente senza grandi motivi d’entusiasmo. La MV
Agusta dominò tutte le cilindrate per tre anni consecutivi. Nelle piccole
cilindrate, due grandi case tennero vivo l’interesse, da sponde tecniche
completamente diverse, anche se non vinsero alcun mondiale. La Ducati con il
motore desmo dell’ing. Taglioni progenitore degli attuali motori che vincono
in Superbike. La tedesca orientale MZ, sorta sulle rovine della DKW, presentò
degli straordinari motori a due tempi, padri di tutti i due tempi attuali,
cheprevedevano l’uso del distributore a disco rotante e delle camere
d’espansione progettati dall’ing.Walter Kaaden. La MV si trovò a lottare
nella 500 solamente con i soliti privati in sella alle monocilindriche Norton e
Matchless, impiegando oltretutto un pilota del valore assoluto come John Surtees,
il quale non ebbe problemi a precedere l’ottima seconda guida Hartle. La BMW,
che aveva corso negli anni precedenti con scarsi risultati, affidandosi al
tedesco Zeller, provò ad ingaggiare gli ormai disoccupati Duke e Dale, ma
questi non seppero adattarsi molto bene al tipo particolare di guida richiesto
dalla trasmissione ad albero cardanico; anzi proprio Duke si trovò piú a
malpartito del compagno, e non ci mise molto a risalire in sella alla Norton.
Classifica Finale 1) John Surtees
(MV Agusta)32
2) John Hartle (MV Agusta) 20
3) Dickie Dale (BMW) 13
1959
L’unica differenza in casa MV, fu l’ingresso
in squadra di Remo Venturi, al posto di Hartle infortunato. Lo spoletino avrà
modo di lamentarsi, piú tardi, del comportamento della squadra a favore di
Surtees, ma in tutta onestà non si capisce quale motivo tecnico possa avergli
impedito di battere o perlomeno di impegnare allo spasimo il caposquadra. Big
John realizza il primo En Plein vincendo 7 gare su 7 quando ne bastavano 4.
Classifica Finale 1) John Surtees
(MV Agusta)32
2) Remo Venturi (MV Agusta) 22
3) Robert Brown (Norton) 17
1960
Ancora il solito dominio della coppia Surtees -
Venturi, con quest’ultimo che riuscí a vincere infine il GP d’Olanda grazie
ai problemi di motore che rallentarono l’inglese. Qualche corsa con la quattro
cilindri di Cascina Costa fu disputata dal rientrante Hartle e da Emilio
Mendogni cacciato dalla Morini 250 per far posto a Provini.
Classifica Finale 1) John Surtees (MV
Agusta)32
2) Remo Venturi (MV Agusta) 26
3) John Hartle (Norton– MV Agusta) 16
1961
Anche la MV, stanca di correre da sola, annunciò
il ritiro dalle corse. Il ritiro risultò effettivo solo nelle piccole
cilindrate, mentre in 350 e 500 fu usato l’escamotage di aggiungere il marchio
Privat sul logo del serbatoio. Fu comunque smantellato il faraonico reparto
corse e ne fu formato uno molto piú snello per assistere il rhodesiano Gary
Hocking nel mondiale ed Emilio Mendogni nel campionato italiano.Quanto a Surtees,
ormai stanco di vincere troppo facilmente, all’età di 26 anni colse
l’occasione per passare alle auto di F1. Vincendo nel 1964 il mondiale piloti
con la Ferrari, risulterà l’unico ad aver realizzato la prestigiosa doppietta
moto-auto. Il diminuito impegno comportò anche qualche battuta a vuoto, in
particolare al TT dove Hocking fu costretto al ritiro in favore dello
stupefacente Mike Hailwood alla guida di una Norton.. Già famoso in patria per
aver vinto il titolo nazionale in tutte le cilindrate, vinse tre gare su quattro
al TT, ritirandosi nelle 350 quando era al comando. Spronato dal padre Stan, ex
corridore divenuto miliardario commerciando in motociclette, cominciò fin da
giovanissimo a procurarsi ogni tipo di moto da corsa, con frequenti puntate
anche in Italia, specialmente alla Ducati dove acquistò un bicilindrico 250 che
la casa aveva costruito ma che non aveva mai portato in gara ufficialmente. Lo
scetticismo e l’ironia che lo circondarono all’inizio, quando si presentava
sui circuiti con la Rolss Royce ed un grande furgone al seguito, si tramutarono
ben presto in ammirazione, finché il Conte Agusta si affrettò ad offrirgli una
moto per disputare il GP di Monza, e l’allora ventunenne pilota lo ripagò con
una vittoriaclamorosa sul nuovo campione Hocking.
Classifica Finale 1) Gary Hocking (MV
Agusta Privat) 48
2) Mike Hailwood (Norton–MV Agusta Privat) 40
3) Frank Perris (Norton) 16
1962
Protagoniste furono ancora e soltanto le MV
affidate al terribile binomio Hocking-Hailwood, ma chi pregustò un feroce
duello fra i due rimase deluso, perché Hocking dopo essersi preso la rivincita
sul compagno al TT, annunciò un clamoroso ritiro dalle corse motociclistiche.
Assunto dalla Lotus per rimpiazzare in F1 Stirling Moss infortunato, perí
quello stesso anno durante le prove del GP del Sudafrica. Indimenticabile
pilota, fu protagonista di bellissime gare sul circuito di Imola, dove lo vide
il giovane spettatore Agostini che pensò di iniziare a correre in moto
ispirandosi a lui. Il resto della stagione trascorse così in modo ultra
monotono, dominato da Hailwood.
Classifica Finale 1) Mike Hailwood (MV Agusta
Privat) 40
2) Alan Sheperd (Matchless) 29
3) Philip Read (Norton)11
1963
La scena sembrò rianimarsi con una notizia clamorosa: Duke, dopo aver fondato
una sua scuderia (a quei tempi non si diceva ancora Team), convinse Gilera a
togliere le quattro cilindri dalla soffitta dove erano rimaste confinate per sei
anni. Nessun intervento diretto della casa, queste furono affidate ai migliori
piloti inglesi del momento (Hailwood escluso) Derek Minter e il solito John
Hartle. Dopo essere tornate alla vittoria sui circuiti inglesi, le moto si
presentarono ad Imola per la disputa della Coppa d’oro Shell dove affrontarono
Hailwood che si presentò in precarie condizioni fisiche per una caduta avvenuta
in patria. Malconcio e dolorante, fu battuto clamorosamente dai due
connazionali. Il ritorno alla vittoria sollevò l’entusiasmo dei gileristi, ma
si trattò di gloria effimera. Prima un brutto incidente occorso a Minter
(peraltro sostituito dall’emergente Phil Read),poi uno scatenato Hailwood
costrinsero Duke e i suoi piloti a riporre ogni ambizione. Soltanto ad Assen,
Hartle riuscì a vincere grazie alla caduta di Mike. A Monza, le Gilera affidate
al rientrante Minter e a Read, furono precedute anche dalla Bianchi bicilindrica
di Remo Venturi, finendo poi per ritirarsi inspiegabilmente. L’avventura del
ritorno alle corse della Gilera tramite la ScuderiaDuke era già terminata.
Classifica
Finale 1) Mike Hailwood (MV Agusta Privat) 40
2) Alan Sheperd (Matchless) 21
3) John Hartle (Gilera Duke) 20
1964
Resta per certi versi inspiegabile il motivo per
cui i giapponesi, in quei primi anni 60, ignorassero completamente la 500,
mentre stavano dominando in tutte le altre classi. Si può solo osservare che, a
quel tempo avevano una strategia commerciale diversa, producendo solamente delle
moto di piccola-media cilindrata, che erano contrapposte anche come prestazioni,
alle vecchie moto di grossa cilindrata inglesi e tedesche. Addirittura la prova
della 500 fu esclusa dal GP di casa, da qualche anno inserito nel calendario del
mondiale. La MV perciò, continuò a dominare tranquillamente le gare, con una
moto progettata 10 anni prima, ma era in tutti la convinzione che, qualora l’Honda
fosse intervenuta, avrebbe tranquillamente vinto senza resistenza. Anziché
puntare sugli inglesi, alla Gilera si passò all’italo-argentino Benedicto
Cardarella, buon protagonista della stagione di corse sulla riviera romagnola e
di una ottima gara a Monza, dove stabilí il giro piú veloce in una gara
comunque vinta da Mike Hailwood. Scarsamente impegnato, l’inglese trovò così
il modo di correre contemporaneamente in Formula Uno, vantando un sesto posto a
Montecarlo.
Classifica
Finale 1) Mike Hailwood (MV Agusta Privat) 40
2) Jack Ahearn (Norton) 25
3) Philip Read (Matchless)25
1965
Vista l’inquietudine di Hailwood, sempre piú
attratto dall’Honda, che gli avrebbe consentito di partecipare alla classe
regina di quegli anni, vale a dire la 250, dove Honda, Yamaha, Suzuki, Benelli,
Morini, MZ si davano grossa battaglia, il Conte Agusta pensò bene di premunirsi
ingaggiando Giacomo Agostini. Questi iniziò vincendo a Modena nel campionato
italiano, poi a Cesenatico precedette anche Hailwood afflitto da problemi ai
freni. Agli appassionati sembrò di assistere alla ripetizione dell’anno
precedente, quando il giovane Giacomo infilò una serie di vittorie in sella
alla Morini, ai danni del campione consacrato Tarquinio Provini passato
allaBenelli. Il campione inglese invece non consentí piú al compagno di
squadra di arrivargli davanti. Da segnalare il TT dove Agostini, esordiente,
cadde senza conseguenze ritirandosi, mentre Hailwood cadde danneggiando la moto,
si rialzò raddrizzando pedane e tubi di scarico a forza di calci, poi ripartí
con il motore funzionante a tre cilindri, riuscendo a vincere lo stesso. Ad
Imatra, in Finlandia, Agostini , mandato da solo per risparmiare, vinse il suo
primo GP in questa cilindrata.
Classifica Finale 1) Mike
Hailwood (MV Agusta) 48
2) Giacomo Agostini (MV Agusta) 38
3) Paddy Driver (Matchless) 26
1966
L’interesse per le 500 si ridestò di colpo,
perché Hailwood passò all’Honda ed Agostini rimase da solo a lottare contro
l’ex compagno di squadra e contro la prima guida storica dell’Honda, il
rhodesiano Jim Redman. Questi fu un pilota poco appariscente e senza feeling con
gli appassionati, tanto che pochi lo ricordano, ma ebbe sicuramente gran classe
e secondo alcuni, fu uno tra i migliori piloti di tutti i tempi; vincendo GP in
tutte le cilindrate e, in Olanda, nel 1964, vincendo 125-250-350 nello stesso
giorno. Ormai a fine carriera, poco adatto a domare la 250 sei cilindri che
richiedeva la guida piú brutale di Hailwood, fu dirottato in 500 dove l’Honda
pensava di vincere a mani basse. In Germania, primo GP della stagione, in sella
alla nuova quattro cilindri preparata in tutta fretta, Redman vinse con 20
secondi su Agostini, in sella ad una moto invecchiata di colpo. Ma la MV, unica
casa italiana che disponesse a quei tempi di mezzi adeguati, provenienti dalla
produzione degli elicotteri, non si fece sorprendere del tutto, ed in Olanda tirò
fuori una nuova moto con il motore tre cilindri derivato dalla 350 che aveva
esordito l’anno precedente. Agostini andò prontamente in testa tirando
fortissimo, Redman perse subito terreno, mentre Hailwood passato alla svelta in
500 visto il pericolo, cercò di tenere il suo passo finendo per cadere. Quando
sembrò che la MV andasse ad un nuovo clamoroso esordio vincente, la moto accusò
dei problemi e Redman passò in testa andando a vincere nuovamente. In Belgio,
sotto un autentico uragano, Redman, finito su una pozzanghera, fu sbattuto in
terra insieme ad altri piloti, riportando la frattura di una gamba, con cui
chiuse la carriera. Hailwood andò al comando, ma sul più bello la moto si
ruppe, cominciando a denunciare quei problemi di tenuta meccanica che la
afflissero sempre. Agostini, con questa vittoria, si trovò catapultato al primo
posto in classifica, con l’unico rivale rimasto ancora a zero punti. In
Germania est, l’Honda si ruppe di nuovo e mentre Agostini stava andando ormai
a spasso verso la vittoria, volò fuori in una curva, rovinando la moto e
riportando ferite ed ammaccature in tutto il corpo. In Cecoslovacchia, ancora
convalescente, non potè far altro che accontentarsi del secondo posto senza
cercare altre avventure. Ad Imatra, sotto la pioggia, approfittò della
maneggevolezza della sua moto, per staccare l ‘inglese, sempre in lotta con il
suo mezzo, che non ne voleva sapere di stare in strada. Ma al TT ed in Irlanda,
circuiti dove era di casa, Hailwood fece una doppietta portandosi in testa alla
classifica. L’ultima gara a Monza non lasciava in ogni caso scelte, chi avesse
vinto sarebbe stato campione del mondo. La corsa durò pochissimi giri: Hailwood
partì in testa, ma Agostini non lo mollò, tenendogli la ruota e poi
superandolo, mentre l’Honda già si era rotta appiedando il suo pilota. Un
italiano tornò a vincere il mondiale 500 dopo nove anni dalla vittoria di
Liberati.
Classifica Finale 1) Giacomo
Agostini (MV Agusta) 36
2) Mike Hailwood (Honda) 30
3) Jack Findlay(Matchless) 20
1967
I due campioni si disputarono il titolo in un
prolungato testa a testa, del resto nessun altro aveva il mezzo per potersi
inserire. Finiti alla pari nel punteggio netto (erano valide la metà + uno
delle gare totali), fu decisivo il numero dei ritiri per assegnare il titolo.
Agostini vinse in Germania per il ritiro di Hailwood, la stessa cosa accadde a
parti invertite al TT. L’ inglese andò in vantaggio vincendo in Olanda, Ago
pareggiò il conto in Belgio e tornò in testa sfruttando il nuovo ritiro di
Mike in Germania orientale. Nuovo pareggio di vittorie con il GP di
Cecoslovacchia, ancora avanti l’italiano che vinse sotto la pioggia in
Finlandia, mentre Hailwood finì fuori pista. In Irlanda fu Agostini a ritirarsi
bruciando la frizione in partenza. Rimanevano ancora due GP, quello italiano ed
un inedito GP del Canada. Quello di Monza fu però decisivo: Hailwood partì in
testa scrollandosi dalla ruota Agostini, poi con una serie di giri velocissimi
accumulò fino a 20 secondi di vantaggio. A due giri dalla fine, un pubblico
prima ammutolito, poi incredulo, infine esultante, assistette al dramma del
povero Mike, la cui moto cominciò a rallentare, fino a fargli perdere tutto il
vantaggio accumulato. Con questa vittoria ad Agostini non rimase che piazzarsi
in Canada, per conservare nuovamente il titolo alla casa italiana.
Classifica Finale 1) Giacomo
Agostini (MV Agusta) 36
2) Mike Hailwood (Honda) 46
3) John Hartle (Matchless) 22
1968
Ma i guai per Hailwood non erano ancora finiti.
Recatosi in Giappone per provare le nuove moto, venne a sapere che Honda aveva
appena deciso di ritirarsi. Le corse erano troppo onerose anche per chi, come i
giapponesi, stavano dominando il mercato. Solamente l’ingresso della
televisione e degli sponsor avrebbe risollevato questo sport dalla crisi in cui
era caduto. All’inglese furono concesse alcune moto per correre le gare delle
riviera romagnola, ma senza assistenza della casa divennero rapidamente
inservibili. Agostini cominciò cosí la sua lunga serie di titoli vinti con
pocagloria, correndo senza avversari che avessero delle moto neanche
lontanamente paragonabili alla sua. En Plein dell’ Italiano che vince 10 gare
su 10 quando ne bastavano 6. Da ricordare solamente il GP di Monza, dove per
motivi di cassetta, fu convinta la MV a dare una moto a Hailwood. Questi si
presentò, provò la moto messagli a disposizione, ma resosi conto che era
destinato a fare da vittima sacrificale, andò ai box della Benelli che aveva
portato una 500 sperimentale per Renzo Pasolini. Avuta la moto grazie alla
sportività del riminese, girò fortissimo in prova. In gara dopo un sorpasso
esterno sotto la pioggia al curvone, che fece venire le lacrime agli occhi al
buon Renzo (costretto a girare con il muletto), tenne la testa per qualche giro,
poi pressato da Agostini, volò via all’ingresso della parabolica. Chiuse cosí
la prima parte della sua carriera motociclistica, iniziando quella sulle auto.
Dopo aver vinto un Campionato di F2, si distinse nel ’73 per aver salvato la
vita a Clay Regazzoni strappandolo dalla macchina in fiamme. Nel ’74 fu
compagno di squadra di Fittipaldi alla Lotus, finché un brutto incidente al
Nurburgring con frattura delle gambe lo costrinseal ritiro. Stupì ancora una
volta tutto il mondo motociclistico tornando qualche anno più tardi, a correre
e a vincere il Tourist Trophy in sella ad una Ducati 900 e alla Suzuki 500 da
gran premio. Dopo aver giocato per tutta la vita a scacchi con la morte, fu
infine battuto da questa con un drammatico inganno: il 21 marzo 1981 mentre
stava portando a cena i figli, andò a sbattere contro un camion guidato da un
autista ubriaco. La figlia rimase uccisa sul colpo, il grande Mike perì dopo
due giorni per le ferite riportate. Si salvò il piccolo David che stava sul
sedile posteriore.
Classifica Finale 1) Giacomo
Agostini (MV Agusta) 48
2) Jack Findlay (Matchless) 34
3) Gyula Marzowszky (Matchless) 10
1969
Fu un campionato noiosissimo, con il pubblico che
sfollava in anticipo senza attendere la fine della corsa, tanto era scontato il
risultato: primo Agostini e poi i poveri peones della moto ad almeno un giro di
distacco. Da segnalare che gli organizzatori d’Imola, riuscirono finalmente ad
infrangere il monopolio di Monza, imponendo l’alternanza tra i due circuiti,
con grand’arrabbiatura del poco democratico Conte Agusta, che negò la
partecipazione della sua casa per ritorsione. Questo consentí ad Alberto
Pagani, figlio di Nello, di vincere la gara in sella all’artigianale Linto
(preparata da Lino Tonti), una moto ottenuta accoppiando due motori Aermacchi
250 monocilindrici ad aste e bilancieri, in vendita ai corridori privati.
Classifica Finale 1) Giacomo
Agostini (MV Agusta) 105
2) Gyula Marzowszky (Linto) 47
3) Freddy Nash (Norton) 45
1970
Il campionato si rianimò nel finale in seguito
all’ingaggio d’Angelo Bergamonti da parte della MV. Questi ottenne un
secondo posto a Monza dietro Agostini, in una gara dominata da Renzo Pasolini
con la Benelli , che condusse fino a metà gara, quando la moto cominciò
a fumare dagli scarichi, segno inconfondibile di perdita d’olio e di rottura
imminente. Bergamonti fu poi spedito a correre da solo in Spagna, dove vinse a
medie record, dando pratica dimostrazione che, con la moto giusta, esistevano
altri piloti capaci di vincere. Da segnalare infine la sparizione delle moto
inglesi, sostituite dalle elaborazioni dei due tempi Kawasaki e Suzuki di serie.
L’onda lunga del motore a due tempi stava ormai per abbattersi anche nella
500.
Classifica Finale 1) Giacomo
Agostini (MV Agusta) 90
2) Ginger Molloy (Bultaco–Kawasaki) 62
3) Angelo Bergamonti (Aermacchi–MV Agusta) 59
1971
Bergamonti, nessun timore reverenziale nei
confronti d’Agostini, iniziò la stagione con intenzioni bellicose, dando
spesso la paga al Campione del mondo nelle gare della cosiddetta Mototemporada
romagnola. Ma a Riccione, sotto la pioggia, tentando di recuperare il distacco
preso in partenza, perse in frenata il controllo della moto, che si rovesciò di
colpo, abbattendolo sull’asfalto. Latragedia, che produsse grande impressione,
segnò la fine dei circuiti cittadini. Il mondiale iniziò quindi al solito
modo, con Agostini pilota solitario al comando, senza gran gloria per gli
osservatori competenti, con gran risalto invece presso il grande pubblico,
impressionato dalla sequenza di vittorie. A Monza, il neo assunto Alberto
Pagani, buon pilota, ma con poca grinta ed ormai a fine carriera, iscrisse
nuovamente il suo nome nell’albo d’oro della corsa, sfruttando al meglio il
rarissimo ritiro del caposquadra. Da notare che i posti d’onore in classifica
furono occupati da due illustri sconosciuti.
Classifica Finale 1) Giacomo
Agostini (MV Agusta) 90
2) Keith Turner (Suzuki) 58
3) Rob Bron (Suzuki) 57
1972
Fu un campionato bellissimo, ..ma in tutte le
altre classi! La 500 invece vide il duo Agostini – Pagani dominare la corse.
Pagani sfruttò il ritiro di Agostini per vincere in Jugoslavia, e riuscì
adottenere anche un buon secondo posto dietro Ago al TT. A proposito di questa
gara, va ricordato il lutto che colpì il motociclismo italiano per la morte di
Gilberto Parlotti, che in testa alla gara delle125 cadde alla Verandah. Pasolini
e Saarinen che si erano rifiutati di partecipare, polemizzarono con Agostini il
quale smise di parteciparvi soltanto l’anno successivo, sulla spinta emotiva
di tragici incidenti. In qualche gara si vide la nuova Ducati bicilindrica a L,
guidata da Smart e Spaggiari, molto lontana però, dalle prestazioni del tre
cilindri MV. Fece piuttosto impressione una gara non titolata che si svolse a
Pesaro. In un circuito stradale, sfuggito non si sa come alle norme
proibizioniste, la Benelli offrí le proprie moto 350 e 500 a Jarno Saarinen, il
quale si rese protagonista di due gare fantastiche, infliggendo ad Agostini la
prima vera sconfitta dai tempi di Hailwood. Le immagini del finlandese e della
moglie Soili, che lo accompagnava sui campi di gara, portati in trionfo dai
tifosi benelliani, rappresentano il ricordo piú vivo e commovente di questo
grandissimo e sfortunato campione.
Classifica Finale 1) Giacomo
Agostini (MV Agusta) 105
2) Alberto Pagani (MV Agusta) 87
3) Bruno Kneubuler (Yamaha) 54
1973
Questo anno è fondamentale per due motivi:
L’insediamento stabile dei giapponesi in questa cilindrata, che da allora
divenne la più importante del mondiale, considerando anche che la nuova formula
penalizzò le classi inferiori limitando a due il numero massimo di cilindri. La
tragedia che a Monza colpì il motociclismo, indusse tutti apensare finalmente
alla sicurezza in modo più intransigente, ristrutturando o ostruendo nuovi
circuiti, che consentissero di cadere senza incontrare ostacoli. Durante la
pausa invernale, voci sempre più insistenti rivelarono che la Yamaha stava per
partecipare al campionato con Jarno Saarinen. In casa MV, colti un po’ di
sorpresa, si pensò di maggiorare la 350 quattro cilindri per sostituire
l’anziana tre cilindri. Intanto si provvide a sostituire il buon Pagani con un
tipo più coriaceo come l’inglese Phil Read. Già conosciuto come ottimo
pilota 500, questi si era poi rivelato un campione, vincendo un titolo nella 125
e 4 nella 250 in anni molto combattuti. Per Ago iniziò una stagione da incubo,
messo alle strette nelle gare italiane da Pasolini che gli soffiò il tricolore
nelle 350 e da Read che lo batté senza attenuanti ad Imola. Diffidando
dell’affidabilità della nuova moto, preparata in ritardo e disponibile in un
solo esemplare, Agostini scelse di continuare per il momento con la vecchia tre
cilindri lasciando a Read il rischio dei collaudi della nuova. A LeCastelet,
prima gara mondiale, si vide finalmente la nuova Yamaha: un quattro cilindri in
linea fronte marcia inevitabilmente largo e senza dischi rotanti. Più tardi si
venne a sapere della presenzaall’aspirazione delle fantomatiche lamelle,
dispositivo che equipaggia oggi tutti i motori a duetempi, di serie e da corsa
ad accezione dell’Aprilia. Anche il telaio era particolare, con un solo
ammortizzatore posteriore centrale. Saarinen si lanciò al comando, inseguito
alla disperata da Ago che alla fine volò fuori pista senza conseguenze. Il più
astuto Read invece stette piú tranquillo, mirando a guadagnare punti prima di
tutto. A Salisburgo, Agostini ancora in sella alla tre cilindri, fu presto
staccato e poi costretto al ritiro. Read invece, deciso a giocare il tutto per
tutto, ingaggiò uno strenuo duello con il finlandese finché non si ruppe anche
la sua moto. L’italiano si rese conto di aver sbagliato scelta, ma a questo
punto non si poteva certo togliere di mano la moto buona all’inglese, dopo
tutto il lavoro fatto, e soprattutto dopo che questi aveva mostrato grinta e
determinazione. A Hockeneim, un duello strepitoso tra Saarinen e Read tenne il
pubblico con il fiato sospeso, poi fu proprio la Yahama a cedere, mentre
Agostini masticò amaro, dopo l’ennesima corsa incolore conclusa con un
ritiro. La successiva gara a Monza vide un’attesa febbrile per la gara delle
500 ed anche per l’esordio delle nuove Harley-Davidson 250-350 raffreddate ad
acqua di Renzo Pasolini. Il riminese fu protagonista di una gara strepitosa in
350: girando a più di 200 Km/h, recuperò 10 secondi persi in partenza ad
Agostini, poi un principio di grippaggio lo costrinse ad uscire nella sabbia
all’ingresso della parabolica. Tornato ai box contrariato per l’ennesimo
colpo della sorte, recuperò presto la calma, sorridendo alle telecamere che lo
inquadrarono seduto sul muretto, nella attesa della partenza delle 250. Infine
partì per la sua ultima curva, incontro al suo tragico destino. Non esistono
documenti filmati dell’incidente, ma le perizie stabilirono che la moto di
Pasolini accusò un principio di grippaggio, e che nel conseguente rallentamento
fu urtato da Saarinen che lo seguiva a ruota. Un incidente probabilmente innocuo
se fossero esistite le vie di fuga al posto del guardrail che proiettò i due al
centro della pista, dove furono travolti dal gruppo ancora compatto dopo la
partenza. La fine dei due campioni, personaggi popolarissimi e di grande
spessore umano, lasciò addolorato ed incredulo tutto il mondo della moto.
Saltati i successivi GP di Jugoslavia e di Inghilterra, ritenuti troppo
pericolosi, si tornò a correre finalmente ad Assen, uno dei pochissimi circuiti
sicuri di quei tempi. Ritiratasi la Yamaha, il titolo divenne un discorso tra i
piloti della MV tornati in sella alla tre cilindri, giacché la nuova quattro
poteva essere preparata con calma. Agostini ancora a digiuno di punti, andò al
comando tirando alla disperata, mentre Read, tornato riflessivo e calcolatore,
si limitò al controllo del rivale, che alla fine ruppe nuovamente. Qualcuno
osservò malignamente che l’italiano non rompeva mai la moto quando correva
senza avversari, mentre adesso accadeva il contrario. Il vantaggio di Read era
ormai incolmabile, Agostinivinse finalmente in Belgio, ma poi nel successivo GP
di Svezia i due corsero assieme per tutta la gara e Read vincendo la volata si
laureò campione del mondo. A conclusione di un’annata la cui unica
consolazione fu la stentata vittoria del mondiale 350, il povero Ago ebbe un
brutto incidente a Modena, quando, rimasto con il gas bloccato, volò fuori
pista. A Misano si disputò l’ultima gara dell’anno valevole per il
campionato italiano. Assente Agostini per l’infortunio, si presentò una
ghiotta occasione a Roberto Gallina, che vincendo lo avrebbe sopravanzato in
classifica. Le sue speranze furono vanificate dalla vittoria di Gianfranco
Bonera, alla guida della HD 350 che appartenne a Pasolini. Notato dal Paso
quando ancora correva negli Junior, alla Harley ci si ricordò di questi giudizi
quando si trattò di assumere il nuovo pilota, ed il monzese ripagò la fiducia
vincendo la gara ai danni di Read, Gallina e Walter Villa, nell’occasione
sostituto di Agostini.
Classifica Finale 1) Philip Read
(MV Agusta)84
2) Kim Newcombe (Konig)63
3) Giacomo Agostini (MV Agusta) 57
1974
Indispettito per il trattamento ricevuto, Agostini
accettò le offerte Yamaha operando il clamoroso trasferimento sotto le insegne
giapponesi. Alla MV si cercò un pilota da affiancare a Read, ed alla fine fu
ingaggiato Gianfranco Bonera, molto deluso dalla HD che gli aveva offerto le
moto ma senza una lira di stipendio. Altro scalpore venne dalla notizia che
anche la Suzuki avrebbe corso con una quattro cilindri in quadrato a dischi
rotanti affidata alla promessa inglese Barry Sheene. Legare preliminari italiane
videro prevalere Read, con Bonera già in grado di non farsi staccare troppo. Il
mondiale iniziò a Clermont Ferrand, tanto per cambiare con il ritiro di
Agostini quando era nettamente al comando. Dietro al vincente Read fecero
faville Sheene e Bonera in lotta per il podio, mentre molto deludente fu la
prova di Teuvo Lansivuori, seconda guida della Yamaha. A Salisburgo, sotto la
pioggia, una serie di ritiri a catena lasciò al comando i due italiani.
Agostini, con una gara giudiziosa, si limito a seguire il giovane rivale per
batterlo in volata. La gara di Imolasuscitò grande scalpore per il suo
andamento. Durante le prove le case giapponesi si resero conto di avere dei
problemi di consumo di carburante, data la lunghezza della gara. Dopo un vano
tentativo, sventato dalla MV, di ridurre il chilometraggio della stessa, si
rassegnarono a partire con dei serbatoi maggiorati dopo aver rifatto i calcoli.
Una folla entusiasta salutò nei primi giri i cinque piloti che, tutti assieme,
stavano dando spettacolo, una cosa non più vista dagli anni d’oro. Il primo a
cedere fu proprio Read, autore di un dritto alla variante alta, poi fu
Lansivuori a perdere le ruote, infine anche il duro Sheene finí per cadere alla
variante prima del traguardo rompendosi una caviglia. Restavano cosí in gara,
come in Austria i due italiani. Ma Agostini stavolta, volendo stravincere
davanti al suo pubblico, cominciò a tirare fortissimo. Bonera, difendendosi
strenuamente, riuscí a tenersi sempre vicino, fino a quando all’inizio
dell’ultimo giro, la moto di Agostini sì ammutolí di colpo, senza avere più
una stilla di benzina. Bonera balzò in testa alla classifica con questa
vittoria, e molti sperarono nel gran colpo di un altro binomio tutto italiano
campione del mondo. Ma la sfortuna e l’inesperienza impedirono la
realizzazione di questo sogno. Ad Assen la coppia Yamaha Ago–Lansivuori dominò
la corsa su quella MV Read-Bonera, alle prese con evidenti problemi di guida
della moto, faticosissima da portare. In Belgio invece, approfittando di un
circuito velocissimo, dove bastava aprire il gas e disegnare le traiettorie al
meglio, Read mostrò tutta la sua gran classe, infilando la seconda vittoria
davanti ad Agostini, mentre Bonera fu costretto al ritiro. Nella successiva gara
in Svezia, il rientrante Sheene volò fuori pista coinvolgendo Agostini che con
questo infortunio dovette dare l’addio ad ogni speranza di vittoria.
Imprevedibilmente, anziché le MV, sempre in difficoltà su questo circuito,
saltò fuori Lansivuori che vincendo si fece minaccioso in classifica. Il
finlandese però, era uno di quei piloti perdenti, ai quali va sempre qualcosa
storto. Davanti al suo pubblico, cadde nella 350 procurandosi diverse
ammaccature. Alquanto giù di morale, non riuscì a impensierire la coppia MV,
con Bonera che a suo agio sui circuiti lenti, guidò la gara fino al traguardo,
quando perentori ordini di scuderia gli fecero cedere il passo a Read. In questo
modo l’inglese e la MV erano di nuovo campioni del mondo mentre Bonera fu
elogiato per la sua obbedienza, tanto sarebbe venuto presto anche il suo turno.
Cosi almeno si disse, invece al povero Gianfranco non capitarono piú occasioni
simili: infortuni e scelte sbagliate spensero imprevedibilmente una carriera che
sembrava avviatabrillantemente. Intanto Read, forse seccato dalle polemiche,
vinse l’ultimo GP in Cecoslovacchia, senza ricambiare il favore al compagno.
Classifica Finale 1) Philip Read
(MV Agusta)82
2) Gianfranco Bonera (MV Agusta) 69
3) Teuvo Lansivuori (Yamaha) 67
1975
Tutti i tecnici erano ormai concordi sulla
ineluttabilità dell’avvento del motore a due tempi, favorito oltretutto dalla
limitazione a quattro del numero dei cilindri. Gli unici a non crederci furono i
tecnici MV, né d’altra parte la situazione della casa consentiva il rilancio
di grandi progetti. Il Conte eradeceduto nel 1971 e gli eredi non avevano né la
determinazione né la passione per continuare a lungo quello che era considerato
un capriccio del capostipite. Si incrementò ulteriormente la potenza massima,
ma questo rese la moto ancora piú inguidabile, ed il malcapitato Read, quando
provò a lamentarsi, fu subito accusato di scarso rendimento. Intanto Bonera,
sul quale si contava molto per il tipo di guida piú energico e funambolico
dell’inglese, si ruppe una gamba senza neanche cadere dalla moto. A Modena,
durante le prove, curvando con il ginocchio in fuori, come il nuovo stile
comandava, urtò una balla di paglia compromettendo la stagione. A Read non
rimase altro che puntare sulla regolarità per andare sempre a punti, sperando
in qualche ritiro dell’avversario ed in un futuro recupero di competitività
della moto. Terzo in Francia dietro leYamaha di Agostini e Kanaya, ancora terzo
in Austria dopo Kanaya e Lansivuori passato alla Suzuki, cercò di passare al
contrattacco in Germania, ma Agostini riuscí ad andarsene senza
farsicoinvolgere nella bagarre. Ad Imola oltre un minuto divise Ago da Read, e
l’italiano affiancò in classifica il compagno di squadra Kanaya, che,
incomprensibilmente, fu rispedito in Giappone a metà campionato. Ad Assen si
rivide Barry Sheene, reduce da un pauroso incidente avuto ad inizio stagione a
Daytona. Quando le posizioni in corsa sembravano definite, con Agostini al
comando, Sheene e quindi Read, il prode inglesino si mise a girare fortissimo
raggiungendo Agostini. L’italiano riuscí ad uscire primo dall’ultima curva,
e sembrò ormai vincitore, ma a questo punto, con un’accelerazione
stupefacente, la Suzuki bruciò allo sprint la Yamaha. Molti pensarono che, con
Sheene presente fin dall’inizio, l’andamento del campionato sarebbe stato
molto diverso. Read tirò fuori le unghie in Belgio ripetendo la vittoria
dell’anno prima mentre Agostini e Sheene furono costretti al ritiro. La
speranza di farcela ancora una volta, si fortificò nel successivo gran premio
di Svezia. Con Sheene al comando, Agostini cadde mentre stava tranquillamente
amministrando il secondo posto. Tentò di ripartire, ma qualcuno gli gridò di
guardare la moto: aveva una gomma a terra! Read, giunse ancora secondo, ma lo
attendevano due gran premi favorevoli alla quattro tempi italiana: Finlandia e
Cecoslovacchia. Read ed il rientrante Bonera partirono baldanzosi, ma Agostini
tenne loro testa dando battaglia, finché, proprio nella gara in cui non doveva
succedere, la moto di Read si ruppe e lo stesso Bonera finí per terra nel
sorpasso di un doppiato. Con questa vittoria, Agostini a la Yamaha si misero in
pratica al sicuro. In Cecoslovacchia Read doveva vincere ad ogni costo, mentre
ad Agostini bastava un sesto posto. L’inglese riuscí infine a vincere, dopo
aver lottato con Sheene e Lansivuori poi ritiratisi, mentre Agostini, che si
fermò perfino a fare rifornimento per non correre rischi, arrivò secondo
conquistando il titolo. Cosí fu interrotta la serie vittoriosa della MV che
durava dal 1958 ed il titolo rimase un discorso tra le case giapponesi.
Classifica Finale 1) Giacomo
Agostini (Yamaha) 84
2) Philip Read (MV Agusta)76
3) Hydeo Kanaya (Yamaha) 45
1976
Altro anno fondamentale, perché accadde che la
Suzuki, cogliendo le altre case di sorpresa, produsse e mise in vendita una
grossa serie di 500 quattro cilindri uguali a quella portata in gara da Sheene.
Acquistate dalle varie squadre, grazie all’intervento di ricchi sponsor che si
andavano ormai interessando a questo sport, vista la sua spettacolarità,
soprattutto televisiva, portarono un’ondata di eguaglianza fra i piloti, che
poterono gareggiare in condizioni di maggiore equità. Tutto questo fu reso
possibile dal minor costo di costruzione e di manutenzione del motore a due
tempi rispetto al 4. Intanto Agostini, scaricato dalla Yamaha che preferí
puntare sul giovane asso italo-venezuelano Johnny Cecotto, fece una scelta
strana, prendendo in gestione le MV-Agusta e presentandosi con ambizioni di
vittoria. Purtroppo non andò cosí, e dopo una serie di gare deludenti, pensò
bene di procurarsi anche lui una Suzuki, senza peraltro brillare. Destarono
viceversa molto stupore le magnifiche prestazioni del semi sconosciuto Marco
Lucchinelli. Il giovane spezzino arrivò terzo dopo Sheene e Cecotto in Francia,
addirittura secondo dopo Sheene ma davanti a Read in Austria. Purtroppo una
caduta nelle prove al Mugello ne frenò l’ascesa, mentre in gara Sheene e Read
dettero spettacolo arrivando nell’ordine in volata. Il vecchio campione, detto
anche “il principe”, oppure “Filippone”, oppure “fil di ferro”, si
ritirò dopo questa corsa, pago di aver dimostrato di non essere ancora finito.
Altri piloti poterono mettersi in luce, come Lansivuori, Newbold, Coulon, Braun,
ma soprattutto Pat Hennen, primo americano a vincere un gran premio (Finlandia)
e anticipatore dell’invasione che sarebbe venuta pochi anni dopo. La stagione
si chiuse curiosamente al Nurburgring, dove sotto la pioggia, Agostini scelse di
correre con la vecchia MV, portandola all’ultimo successo suo e della gloriosa
marca. Lucchinelli con il secondo posto si piazzò quarto in classifica
promettendo grandi cose per l’anno successivo.
Classifica Finale 1)
Barry Sheene (Suzuki)72
2) Teuvo Lansivuori (Suzuki) 48
3) Pat Hennen (Suzuki) 46
1977
Altro anno dominato da Barry Sheene, che grazie
alle proprie doti ed anche ad una Suzuki probabilmente “piú uguale” delle
altre, dominò la stagione. La Yamaha, dopo la batosta dell’anno precedente si
affidò ancora a Cecotto ed allo statunitense Steve Baker, specialista delle
750. Cecotto rimase purtroppo fermo per diverse gare a causa di un incidente a
Salisburgo. Vincendo due gare nel finale dette l’impressione che avrebbe
potuto infastidire molto Sheene. Lucchinelli finí soltanto undicesimo in
classifica, a causa della scelta infelice di abbandonare il team di Roberto
Gallina, che si andò affermando in quegli anni come uno dei migliori
preparatori della 500 Suzuki. Al suo posto furono assunti Bonera e l’altra
promessa italiana Virginio Ferrari, giunti rispettivamente settimo e dodicesimo.
Agostini all’ultimo anno di corse, tornato in sella ad una Yamaha
dell’importatore italiano, fece meglio di loro piazzandosi al sesto posto.
Classifica Finale 1) Barry Sheene
(Suzuki) 107
2) Steve Baker (Yamaha) 80
3) Pat Hennen (Suzuki) 67
1978
Non fidandosi piú neanche di Cecotto, la Yamaha
fece venire a correre il mondiale il campione americano Kenny Roberts. Notato
giovanissimo da Renzo Pasolini, che lo vide correre nella 200 miglia
dell’Ontario, aveva successivamente vinto il “Number One” nel campionato
americano. Divenuto improvvisamente noto in Europa perché contrapposto nel
battage pubblicitario ad Agostini, quando questi si recò nel ’74 a correre la
200 miglia di Daytona, deciso a ribadire la superiorità dei piloti europei nei
confronti degli “sprovveduti” americani. Il californiano invece, pur
battuto, seppe figurare ottimamente e nella rivincita di Imola impressionò per
lo stile di guida, perdendo la corsa a causa solamente della inesperienza sua e
del suo team nella gestione dei rifornimenti. Tornato a correre in USA, si fece
vivo in Europa solamente per correre le 200 miglia, dove fu grande protagonista
assieme a Steve Baker e a Johnny Cecotto. Ritirato in Venezuela nella gara vinta
da Sheene, dovette recuperare infilando una serie strepitosa di vittorie. Ben
presto fu soprannominato “Il Marziano”. Cecotto cercò di reagire,
riuscendoci soltanto ad Assen. Con una serie costante di piazzamenti Sheene
riuscí a tenere in bilico il titolo fino all’ultima prova del pericoloso
Nurburgring. Roberts, impegnato a controllare l’inglese, dette via libera agli
outsider Cecotto e Ferrari. L’italiano, con una corsa strepitosa andò
inaspettatamente a vincere, ponendo la sua candidatura a protagonista per
l’anno successivo. Incolore fu il campionato di Lucchinelli, terzo al Mugello
e nono nella classifica finale, mentre Hennen ebbe la brutta idea di disputare
il TT, incappando in una caduta che determinò la fine della sua carriera.
Classifica Finale 1)
Kenny Roberts (Yamaha) 110
2) Barry Sheene (Suzuki) 100
3) Johnny Cecotto (Yamaha) 66
1979
Il campionato divenne sempre piú interessante
perché risultante di una serie di gare combattutissime, dove non solo per
vincere, ma soltanto per piazzarsi, ogni pilota doveva esprimersi al massimo.
Bastava il minimo errore per ritrovarsi in fondo al gruppo. Grandi protagonisti
non solo Roberts, ma anche Cecotto, Katayama, Mamola, gli olandesi Hartog, Van
Dulmen e Middelburg e gli italiani Bonera, Lucchinelli, Ferrari ed Uncini.
Saltata la prima gara acausa di un infortunio, Roberts iniziò l’inseguimento
in classifica di un motivatissimo Virginio Ferrari, che con una serie di
piazzamenti era balzato in testa alla classifica. Notevole fu la gara ad Imola,
dove Ferrari arrivò secondo dietro il californiano, nonostante una bruttissima
caduta al tamburello, con perdita dei sensi, il giorno precedente la gara. Poi
ad Assen, in una gara trasmessa al sabato in televisione, che entusiasmò anche
i telespettatori occasionali, arrivò anche la vittoria dell’italiano.
Ritirato all’inizio Roberts, Sheene e Ferrari dettero vita ad una lotta
accanita, finché Ferrari, con un sorpasso all’esterno strepitoso andò a
vincere. Sembrava arrivato il suo momento, ma la successiva gara a Francorchamps
dette origine ad una protesta dei piloti, Ferrari e Roberts in testa, che si
rifiutarono di correre a causa delle condizioni dell’asfalto. Secondo certi
commentatori l’italiano avrebbe fatto meglio a tutelare i propri interessi di
classifica, ma il carattere fermo eintransigente di Virginio non ammise
compromessi. Purtroppo nelle successive gare, il rendimento della moto calò
improvvisamente, creando molti dissapori anche con il Team Manager Gallina.
Nell’ultima gara di Le Mans, la situazione di classifica non ammise
alternative: Ferrari doveva vincere e sperare che a Roberts non arrivasse nelle
prime posizioni. Ostacolato piú che aiutato dai compagni di marca Sheene e
Hartog, Ferrari fece un dritto, poi riprese nella scia di Franco Uncini, ma una
drammatica caduta, con gravi ferite ad un polmone, mise fine alla sua gara.
Intanto da qualche tempo si parlava di un nuovo personaggio, il “maestrino
volante” Graziano Rossi. Correndo con la Morbidelli 250 infilò una serie di
tre vittorie, che sarebbero state quattro senza un’imprevedibile caduta
all’ultimo giro del GP di Inghilterra. In 500 si era fatto vedere poco a causa
della scarsa competitività della Morbidelli, ma, avuta ad Imola, in una gara
non titolata, la moto dell’infortunato Ferrari, si rese protagonista di una
clamorosa vittoria ai danni di Kenny Roberts, guadagnandosi cosí una Suzuki
della squadra di Gallina per l’anno successivo. Da segnalare in ultimo, il
fallimentare rientro della Honda, che tentando di essere fedele alla propria
fede quattrotempistica, presentò una pazzesca moto, con i pistoni di ceramica,
i cilindri ovali e otto valvole per cilindro, riuscendo a malapena a
qualificarsi.
Classifica Finale 1) Kenny
Roberts (Yamaha) 113
2) Virginio Ferrari (Suzuki) 89
3) Barry Sheene (Suzuki) 87
1980
I piloti andavano prendendo maggiore coscienza dei
propri diritti, esigendo sempre piú sicurezza e piú soldi, visto il giro di
affari che il mondiale stava oramai muovendo. I soliti Ferrari e Roberts
guidarono un movimento per creare un mondiale alternativo denominato “ World
Series”. Il lungo braccio di ferro con la Federazione si risolse a favore di
questa, perché appoggiata, dopo qualche indecisione, dalle case giapponesi. I
piloti si dovettero rassegnare e rientrarono nei ranghi ottenendo comunque
qualche risultato. Il solo Ferrari tentò di insistere finendo per litigare con
Gallina e ritrovandosi appiedato! Per sostituirlo il tecnico spezzino ebbe
l’imbarazzo della scelta tra il freddo e tecnico Uncini e l’esuberante e
talentoso Lucchinelli. Alla fine, dimenticando i vecchi litigi, riprese in
squadra il suo primo pilota, il quale lo ricambiò con una serie di prestazioni
velocissime, mettendo in ombra Graziano Rossi, dal quale si attendevano grandi
cose. Purtroppo una serie di banali inconvenienti ritardarono l’italiano in
classifica, e il mondiale fu una questione fra Roberts ed il baby Randy Mamola.
Bellissima fu la gara in Inghilterra, anche questa con altissimo gradimento
televisivo per i sorpassi, le impennate e le pieghe incredibili che i tre grandi
protagonisti produssero. Alla fine il ribattezzato “Lucky”, dovette ancora
una volta mollare a causa delle gomme e Mamola andò a vincere su Roberts
rimandando l’assegnazione del titolo all’ultima prova. Questa si svolse al
Nurburgring, pericoloso ed ormai inviso ai piloti che si ripromettevano di
boicottarlo. Ma prevalsero gli interessi di classifica, ed il solo Graziano
Rossi si rifiutò di correre, giocandosi l’ultima chanche per restare alla
Suzuki dopo un anno poco esaltante. Roberts, in testa alla classifica, si limitò
a controllare Mamola e Lucchinelli, poi l’italiano, rompendo gli indugi, andò
finalmente a vincere il suo primo GP.
Classifica Finale 1) Kenny
Roberts (Yamaha) 87
2) Randy Mamola (Suzuki) 72
3) Marco Lucchinelli (Suzuki)59
1981
Le azioni di Lucchinelli, molto alte, scesero dopo
la prima prova di Salisburgo. Subito fuori pista per un dritto, restò a digiuno
di punti, come capitò anche a Roberts. La vittoria andò a Mamola che iniziò
il mondiale al comando. In Germania le cose sembrarono migliorare un po’,
perché l’italiano lottò per tutta la gara con Roberts alternandosi al
comando. All’ultimo giro Mamola rinvenne (qualcuno parlò di mossa astuta di
Roberts, che avrebbe rallentato volutamente), infilò Lucchinelli relegandolo al
terzo posto. Altra gara sconfortante a Monza, tradito dal motore, Lucky arrivò
solo quarto in una gara vinta da Roberts, che si avvicinò così a Mamola. In
Francia arrivò però la prima vittoria stagionale davanti a Mamola e Roberts.
In Jugoslavia nuova vittoria di Mamola davanti a Lucchinelli, mentre Roberts
sembrò accusare la scarsa competitività della Yamaha rispetto alla Suzuki. In
Olanda arrivò la svolta tanto attesa. Con il tempo incerto, ci fu un gran
lavorio dei meccanici, che montarono e smontarono le gomme da pioggia. Quelli di
Roberts combinarono qualche pasticcio e Kenny restò al palo in partenza. Iniziò
a piovere forte e Lucky, mago della pioggia andò a vincere mentre Mamola, che
diventerà poi bravissimo anche lui a correre in queste condizioni, scontò
l’inesperienza, finendo per terra. Lucchinelli andò in testa al mondiale e
nella successiva gara in Belgio sembrò badare soltanto a stare davanti a Mamola,
mentre Roberts era tranquillo al comando. Ai box gli segnalarono che andava bene
cosí, ma l’italiano colto da un improvviso raptus, iniziò a girare
fortissimo, agguantò Roberts e, dopo qualche schermaglia, lo passò al rampino
andando a cogliere una vittoria clamorosa. La classica doppietta Olanda-Belgio
gli portò fortuna, come l’aveva portata al suo predecessore Masetti, molto
simile a lui anche comecarattere, genio e sregolatezza. Ad Imola Lucky fece
addirittura tris, vincendo un’altra gara sotto la pioggia, mentre Roberts non
corse per problemi di intossicazione alimentare. Sembrò ormai fatta, sarebbe
bastato controllare le mosse di Randy Mamola, cosí almeno sentenziarono i
soliti consiglieri. Ma nel motociclismo attuale, non è molto facile fare gare
guardinghe, si rischia di rimanere nella mischia con tutte gli inconvenienti che
possono capitare. Accadde infatti che il neozelandese Crosby (detto "SuperCroz"),
si girò improvvisamente in curva mandando Lucchinelli e Sheene fuori pista.
L’italiano ripartí accodandosi al gruppo dei primi, ma con un giro di
ritardo, e vano risultò ogni tentativo di entrare perlomeno a punti. Ad Imatra
pensò bene di non dare ascolto a nessuno andando in testa fin dall’inizio e
tirando a tutta per staccare il rivale. Mamola riuscí, forse con qualche aiuto
compiacente, ad arrivare secondo ed a conservare qualche possibilità per
l’ultima gara in Svezia. L’andamento di questa gara, risultò quasi comico
per chi non ne fu coinvolto direttamente: i due contendenti in preda alla paura,
fecero gara a chi andava piú piano. Alla fine Lucchinelli si scosse e riuscí
perlomeno ad entrare nei primi dieci. Grande festa di tutti gli italiani, il
titolo era tornato a casa dopo sei anni dall’ultima vittoria di Agostini.
Classifica Finale 1) Marco
Lucchinelli (Suzuki)105
2) Randy Mamola (Suzuki) 94
3) Kenny Roberts (Yamaha) 74
1982
Marco Lucchinelli sembrò destinato a rimanere ai
vertici per parecchio tempo, ma come vedremo, gli anni facili delle vittorie in
serie di Agostini erano ormai un ricordo. A smuovere le acque provvide l’Honda,
che stanca di stare alla finestra, passò al due tempi, presentando oltretutto
un’inedita tre cilindri lamellare. Evidentemente ci si ricordò della
strategia MV, quando preparò il tre cilindri puntando sulla leggerezza piú che
sulla potenza. L’Honda prese contatto proprio con Lucchinelli che non ci pensò
due volta ad accettare. Tutti considerarono sbagliata e azzardata la mossa del
campione , che lasciava una moto sicura per una che presentava molte incognite.
Invece, Lucchinelli scelse benissimo per quanto riguarda la moto, soprattutto in
relazione alle prospettivefuture. L’insidia venne invece dal compagno di
squadra. Oltre a Lucky e al collaudatore di lusso Takazumi Katayama (primo
giapponese a vincere il mondiale nel ’77 con la Yamaha 350), fu ingaggiato
l’americano Freddie Spencer assistito dalla squadra americana di Erv Kanemoto.
Appenaventenne, già con il nomignolo che era tutto un programma di “Fast
Freddie”, dimostrò immediatamente di essere un campione, e l’italiano che
reso euforico dalla conquista del titolo lo aveva un po’ snobbato, si dovette
ricredere amaramente. Intanto Roberto Gallina, ancora una volta alle prese con
un cambio di pilota, raddoppiò assumendo Franco Uncini ed il giovane Loris
Reggiani. All’‘esordio fu proprio Spencer a contrastare Roberts e Sheene in
sella ambedue alla nuova Yamaha quattro cilindri a V finendo terzo, davanti ad
Uncini e Lucchinelli. A Salisburgoavvenne la precoce svolta del mondiale.
All’‘ultimo giro erano in testa tre italiani, Uncini e Luckyin lotta poi piú
staccato Reggiani. Reggiani però cadde, come cadde Lucchinelli nel tentativo di
superare il connazionale. Per molti questa brutta caduta mise fine alla carriera
di Lucchinelli, a causa dello spavento provato. Comunque sia, l’italiano non
fu piú lo stesso e per il resto dell’anno non andò oltre qualche buon
piazzamento. Franco Uncini, sfruttando la superiorità della sua moto,
l’inesperienza della Honda e di Spencer e i difetti di gioventú della Yamaha,
vinse una serie di GP nella fase centrale del campionato, passando in testa alla
classifica. A Silverstone, sfruttando al massimo il serio incidente di Sheene
nelle prove e la caduta di Roberst in gara, divenne campione del mondo con tre
gare di anticipo. Prima della fine della stagione, erano comunque arrivate la
prime vittorie Honda ad opera di Spencer a Francorchamps e di Katayama in
Svezia. Roberts e Sheene, infortunati, furono superati in classifica da Crosby e
Spencer. Il neo-zelandese corse con una Yamaha nel team Marlboro gestito da
Agostini. Suo compagno di squadra fu Graziano Rossi, alla guida di una vecchia
Yamaha quattro cilindri in linea. Dopo una brutto inizio di stagione il pesarese
fu vittima, mentre inseguiva Loris Reggiani ad Imola, di una spaventosa caduta
con traumacranico che fece temere per la sua vita e che pose comunque fine alla
sua carriera.
Classifica Finale 1) Franco
Uncini (Suzuki) 103
2) Graeme Crosby (Yamaha) 76
3) Freddie Spencer (Honda) 72
1983
Anche il regno di Franco Uncini si dissolse
presto. In sella ad una moto ormai inferiore a Honda e Yamaha, l’italiano si
trovo subito in difficoltà. Ad Assen fu vittima di un pauroso incidente, quando
dopo essere caduto in mezzo alla pista, fu centrato in pieno dall’allora
sconosciuto australiano Wayne Gardner. Come nel caso di Graziano Rossi, stette
un lungo periodo in coma causato dal trauma cranico. Il Recanatese si riprese
bene anche in questo caso, tornando a correre l’anno successivo, ma senza piú
riuscire a brillare. Il campionato fu dominato letteralmente da Spencer e
Roberts, i quali si divisero equamente tutte le vittorie. Piloti come
Lucchinelli, Mamola e il nuovo americano arrivato Eddie Lawson, dovettero subire
una serie di umiliazioni dai due supercampioni. Il titolo si decise
nell’ultima prova ad Imola. A Spencer, in testa alla classifica, bastava
arrivare alsecondo posto, per cui Roberts non solo doveva vincere ma aveva
bisogno del robusto aiuto del giovane Lawson, suo compagno di squadra. Al via
Lucchinelli, consapevole di giocarsi le ultime chances di restare alla Honda,
partí prendendo la testa. Ben presto però Spencer prese il comando tentando la
fuga. Lucky cercò di resistergli in scia, ma dovette mollare mentre Roberts
rinveniva come una furia passando i due piloti Honda. A questo punto Roberts
cercò di temporeggiare e di rallentare per favorire l’arrivo di Lawson. Ma
Spencer non si fece imbrigliare tornando puntualmente in testa per rialzare il
ritmo. Infine a Roberts non rimase altro che vincere la corsa, visto che
l’atteso Lawson, novello Godot, si fece aspettare invano. Eloquente il gesto
interrogativo di Roberts rivolto al compagno, per chiedergli dove diavolo fosse
finito. Il grande campione americano chiuse qui la sua carriera, purtroppo senza
riuscire a riprendersi il titolo. Va infine segnalato che iniziò con questo
anno la crisi nerissima dei piloti europei, che stettero un intero decennio
senza vincere un gran premio, con le eccezioni di Sarron che vinse nel ’85 un
GP sotto lapioggia e di Chili che vinse a Misano nell’89 una gara disertata
dai migliori.
Classifica Finale 1)
Freddie Spencer (Honda) 144
2) Kenny Roberts (Yamaha) 142
3) Randy Mamola (Suzuki) 89
1984
Nemmeno Spencer, pronosticato come il campione del
decennio, riuscí a dare continuità alle sue vittorie. L’Honda cercò subito
di allinearsi con la concorrenza presentando una nuova quattro cilindri. La moto
non sembrò essere del tutto gradita a Spencer, che cadde alla prima gara in Sud
Africa regalando la vittoria a Lawson. A Misano, portando alla vittoria la nuova
moto, iniziò una rincorsa che fruttò cinque vittorie. Ma una nuova caduta lo
tolse di scena ed il regolare Lawson, nettamente migliorato rispetto all’anno
precedente, pur con una vittoria in meno, vinse tranquillamente il titolo. I
restanti tre gran premi andarono a Randy Mamola anche lui su Honda, che cosí
colse l’ennesimo piazzamento.
Classifica Finale 1) Eddie Lawson
(Yamaha) 142
2) Randy Mamola (Honda) 111
3) Raymond Roche (Honda) 99
1985
Quasi a volersi rifare per il titolo perso
l’anno precedente, Spencer addirittura raddoppiò, portando in gara la nuova
Honda 250. Con una stupefacente dimostrazione di superiorità, infilò una serie
di vittorie anche in questa classe, tanto da potersi permettere di non disputare
le ultime due. Ma soprattutto, sembrò che la gara delle 250 servisse come
allenamento e riscaldamento per quella della 500. Partendo come una furia e
guadagnando in breve un cospicuo vantaggio, regolava poi la sua gara sul ritmo
degli inseguitori, guidati dal povero Lawson, incapace di recuperare il tempo
perso. Sette vittorie per Spencer, tre per Lawson che sfruttò qualche passaggio
a vuoto del rivale, confermando le sue caratteristiche di regolarista, una
vittoria di Mamola ed una del francese Sarron sotto la pioggia. Buone
prestazioni furono offerte dagli hondisti Gardner e Haslam. L’impresa di
vincere contemporaneamente 250 e 500 fu realizzata per la prima volta e non
sembra replicabile nel motociclismo specializzato di oggi.
Classifica Finale 1) Freddie
Spencer (Honda) 141
2) Eddie Lawson (Yamaha) 133
3) Christian Sarron (Yamaha) 80
1986
Quello che accadde in quest’anno ha qualcosa di
incredibile. Freddie Spencer, al comando della prima gara in Spagna con quasi 10
secondi di vantaggio, si fermò ai box accusando un dolore fortissimo ad un
polso. Atteso invano nei successivi gran premi, sparí letteralmente di
circolazione, mandando a dire che si stava curando la tendinite, causa dei suoi
mali. La cosa non sembrò molto credibile, in un ambiente abituato a vedere i
piloti fuggire dagli ospedali pur di correre. Probabilmente, l’impresa
dell’anno precedente lo consumò sul piano nervoso. L’Honda, colta di
sorpresa, dovette ripiegare su Wayne Gardner, che pur difendendosi molto bene,
impiegò un po’ di tempo a calarsi nel nuovo ruolo di prima guida. Eddie
Lawson, sempre piú convinto delle proprie possibilità, con una Yamaha gestita
dal team di Agostini, vinse sette GP, contro i tre di Gardner euno vinto da
Randy Mamola, passato alla Yamaha gestita da Kenny Roberts. Classifica Finale 1)
Eddie Lawson (Yamaha) 139 2) Wayne Gardner (Honda) 117 3) Randy Mamola (Yamaha)
105
1987
Guardando l’albo d’oro di quegli anni, ci si
accorge del verificarsi di una regola costante: negli anni dispari vinse l’Honda,
in quelli pari la Yamaha. L’australiano Gardner tenne fede a questo impegno,
lottando aspramente con il duo Yamaha Lawson-Mamola. Il numero di GP salí a 15.
Gardner ne vinse sette, contro i cinque di Lawson ed i tre di Mamola. I tre si
scambiarono quasi sempre i posti del podio, con qualche raro inserimento degli
europei Haslam, Sarron e MacKenzie. Un paio di ritiri condannarono questa volta
il “regolare” Lawson al 3 posto. Freddie Spencer fece qualche rara
apparizione, costellata da cadute e guasti, guadagnando soltanto un settimo
posto in Svezia. Unico italiano a partecipare, con sufficienti risultati fu
Pierfrancesco Chili, con un’Honda privata. Da segnalare anche la
partecipazione costante, ma con scarsi risultati della Cagiva. La casa varesina
sembrò anzi segnalarsi per il ruolo di liquidatrice definitiva dei piloti al
tramonto come Ekerold, Ferrari, Lucchinelli, Roche.
Classifica Finale 1) Wayne
Gardner (Honda) 178
2) Randy Mamola (Yamaha) 158
3) Eddie Lawson (Yamaha) 157
1988
Anno pari, quindi della Yamaha. Il solito Eddie
Lawson ebbe nuovamente la meglio su Gardner, mentre si affacciarono alla ribalta
due nuovi protagonisti: Wayne Rainey e Kevin Schwantz. Il primo con la Yamaha
gestita da Kenny Roberts, vinse un GP e si segnalò per la costanza di
rendimento. Il secondo con la Suzuki, che tornò cosi a farsi vedere nelle corse
con un 4 a V di 600, vinse 2 GP e mise viceversa in luce uno stile funambolico e
spericolato, piú adatto per vincere i singoli GP, che non a curare la
classifica. La Cagiva riuscí ad assumere Randy Mamola, che nonostante un terzo
posto sotto la pioggia in Belgio, sembrò seguire la sorte dei suoi
predecessori.
Classifica Finale 1) Eddie Lawson
(Yamaha) 252
2) Wayne Gardner (Honda) 229
3) Wayne Rainey (Yamaha) 189
1989
Avvenne la clamorosa rottura tra Lawson e la
Yamaha, con il passaggio del campione alla Honda di Erv Kanemoto. Agostini tentò
il gran colpo di sostituirlo con il redivivo Spencer. Purtroppo l’esperimento
fu fallimentare, e dopo una serie di bruttissime prestazioni, l’ex campione fu
licenziato. Con la stessa moto, il neofita delle 500 Luca Cadalora ottenne un
ottavo posto a Donington. Il passaggio di Lawson fu provvidenziale per l’Honda,
per confermare la regola del pari e del dispari, poiché Gardner, dopo la
vittoria in Australia, fu vittima di un incidente che lo tenne lontano dalle
corse per quasi tutta la stagione. Rainey, sempre piú convincente, sembrò
poter arrivare al titolo, poi con una scivolata in Svezia , dette via libera al
rivale. Lawson vinse 5 GP, Rainey ne vinse 4. Un incredibile Schwantz riuscí
nella clamorosa impresa di vincere 6 GP e di arrivare solamente quarto in
classifica! Il problema del texano era di correre senza compromessi, cioè o
davanti a tutti o per terra. Buone prestazioni con la punta massima di un terzo
posto ottenne l’australiano pupillo di Gardner, certo Mick Doohan; torneremo
presto a parlare di lui.
Classifica Finale 1) Eddie Lawson
(Honda) 228
2) Wayne Rainey (Yamaha) 210
3) Christian Sarron (Yamaha) 165
1990
Lawson torna alla Yamaha, compagno di squadra di
Rainey nel team di Kenny Roberts. L’Honda si avvale degli australiani Gardner
e Doohan e la Suzuki del texano Kevin Schwantz, staccatore da brivido. Rainey
parte benissimo vincendo i 2 primi GP, mentre Lawson ha un bruttissimo incidente
a Laguna Seca per colpa di un meccanico che si dimentica di montargli le
pastiglie dei freni. Anche Gardner, dopo una vittoria, finisce tra gli
infortunati, mentre Schwantz, pur essendo piú regolare dell’anno precedente,
non può niente contro la velocità e la costanza di rendimento di Rainey che
vince 7 GP ritirandosi solo in uno. Schwantz ne vinse 5 con 3 ritiri, mentre i 3
restanti GP furono vinti 2 da Gardner ed uno ( Ungheria) da Mick Doohan, sempre
piú vicino ai primi.
Classifica Finale 1) Wayne Rainey (Yamaha) 255
2) Kevin Schwantz (Suzuki) 188
3) Mick Doohan (Honda) 179
1991
Eddie Lawson accetta alla fine le offerte della
Cagiva, portandola grazie al suo impegno, su livelli piú che buoni, con 2 terzi
posti guadagnati. Al suo posto un ottimo esordiente, il campione del mondo 250
John Kocinski, che vincerà anche un GP. Rainey e Doohan si disputano
accanitamente il titolo, con il solito Schwantz che lotta con grande cuore,
tradito qualche volta pure dalla moto. A discolpa del grande Kevin, si può
anche ammettere che la Suzuki non fosse certo all’altezza di Yamaha e di Honda.
Il bilancio finale è Rainey con 6 vittorie ed un ritiro, Doohan 3 vittorie ed
un ritiro, Schwantz ben 5 vittorie con 2 ritiri. La regola del pari e dispari
viene infranta e non ci si pensò piú.
Classifica Finale 1) Wayne Rainey
(Yamaha) 233
2) Mick Doohan (Honda) 224
3) Kevin Schwantz (Suzuki) 204
1992
Mick Doohan e l’Honda, ancora piú forti,
iniziano alla grande, confezionando una serie di 4 vittorie consecutive. A
rompere la sequenza è Schwantz, poi vince anche
Rainey, ma Doohan riprende a vincere in Germania ed il suo vantaggio sembra
ormai incolmabile. Purtroppo durante le prove del GP d’Olanda, l’australiano
incappa in una brutta caduta, che gli provoca gravi ferite alla gamba destra. I
medici parlano addirittura di amputazione, ma il Dr. Costa, considerato una
sorta di angelo dei piloti, lo porta in Italia sottoponendolo ad una serie di
interventi che gli salvano l’arto. Intanto, ad Assen, grazie all’assenza di
Doohan e ad una serie di ritiri, vince il GP lo spagnolo Criville, che
interrompe, anche se in modo non del tutto convincente il lunghissimo digiuno
dei piloti europei. Nel successivo GP di Ungheria, rompono il digiuno anche le
case europee, con la vittoria della Cagiva di Eddie Lawson. Intanto Rainey
comincia inesorabile la sua rimonta, con Doohan costretto a riprendere appena
possibile, montando un inedito comando a levetta del freno posteriore sul
manubrio. Un dodicesimo ed un sesto posto non bastano a salvare il titolo,
ancora appannaggio di Rainey.
Classifica
Finale 1) Wayne Rainey (Yamaha) 140
2) Mick Doohan (Honda) 136
3) John Kocinski (Yamaha) 102
1993
Il campionato presenta alcune novità, la piú
importante è l’arrivo di un italiano in una squadra di alto livello. Infatti
Luca Cadalora , reduce dalle vittorie in 250, entra nel team Roberts come
compagno di Rainey, sostituendo l’irascibile John Kocinski, passato alla
Suzuki 250. Il ritiro dalle competizioni di Lawson, interrompe, anche se
momentaneamente, la partecipazione della Cagiva. Mick Doohan ancora in precarie
condizioni, non può puntare al titolo, rimpiazzato nel suo ruolo dal
connazionale Daryl Beattie, il quale non può a sua volta far altro che
assistere ad un accanito duello tra Rainey e Schwantz. Cadalora trova la tenuta
di strada della sua moto letteralmente terrorizzante.Se ne lamenta con i tecnici
Yamaha, i quali rispondono che le 500 vanno guidate in modo acrobatico,
derapando nelle curve come fa appunto Rainey. L’italiano tipo testardo e
prudente, si incaponisce a mettere la moto a punto a modo suo, rimediando al
massimo un paio di quinti posti nella prima parte del campionato. Rainey e
Schwantz si contendono le vittorie, interrotte solo da Beattie in Germania e dal
redivivo Doohan ad Imola. Intanto Cadalora, che ha miracolosamente trovato la
messa a punto per guidare in modo normale la sua moto, compie un primo exploit
battendo il suo caposquadra in GBR, togliendogli oltretutto dei punti preziosi.
In Cecoslovacchia vince Rainey con Cadalora secondo, mentre Schwantz, arrivando
quinto, cede nuovamente il comando della classifica. A Misano, Rainey sembra di
grado di tenere sotto controllo Cadalora, quando improvvisamente vola via
urtando la schiena sull’asfalto. Sembra una caduta banale, il pilota appare
cosciente, ma non riesce a muoversi. La brutta impressione suscitata, sarà poi
confermata dal responso medico: paralisi degli arti inferiori. Si tratta
dell’incidente piú brutto capitato ad un campione in questi ultimi anni, che
pure hanno visto un miglioramento notevolissimo della sicurezza, con una
drastica riduzione degli incidenti mortali. Kevin Schwantz va a questo punto a
vincere finalmente il suo campionato del mondo. Ultima cosa notevole, l’arrivo
di Kocinski, che ha litigato con la Suzuki, alla Cagiva nella parte finale del
campionato. Questa voltaAgostini, divenuto general manager della casa varesina,
indovina la mossa perché Kocinski infila una serie di grandi prestazioni,
culminate con la vittoria nell’ultimo GP.
Classifica Finale 1) Kevin
Schwantz (Suzuki)248
2) Wayne Rainey (Yamaha) 214
3) Daryl Beattie (Honda) 176
1994
Grande attesa in casa italiana per le speranze
suscitate dalla Cagiva e da Luca Cadalora nel finale del precedente campionato.
L’inizio è folgorante: in Australia vince Kocinski in sella alla rossa moto
italiana, precedendo Cadalora e Doohan. Gli appassionati italiani si chiedono a
questo punto se devono tifare per la casa o per il pilota italiano. Ma a mettere
tutti d’accordo ci pensa Mick Doohan che infila una serie di otto vittorie
interrotte due volte dal solito Schwantz, l’unico capace di mettersi dietro,
in qualche circostanza l’australiano. Kocinski corre magnificamente ottenendo
il massimo dalla sua moto, forse non altrettanto si può dire di Cadalora. Il
modenese ripete in qualche modo la stagione precedente, tornando competitivo
soltanto nel finale di stagione e riuscendo ad acciuffare il secondo posto in
classifica. In conclusione Doohan vince 9 GP su 14, con 2 GP a testa per
Schwantz e Cadalora e uno di Kocinski. Intanto l’Aprilia inizia la sua
partecipazione con un 250 bicilindrico maggiorato a 400 cc affidato a Loris
Reggiani. La casa di Noale, che già si distingue dalle altre per il motore con
ammissione a disco rotante, cerca la strada della leggerezza e della
maneggevolezza per sorprendere i giapponesi. L’idea in teoria sembra buona,
visti anche i tempi delle 250 molto vicini, in diversi circuiti a quelli delle
500, in pratica non avrà per il momento molto successo.
Classifica Finale 1) Mick Doohan
(Honda) 317
2) Luca Cadalora (Yamaha) 174
3) John Kocinski (Cagiva) 172
1995
La stagione inizia con alcune novità. La prima è
la rinuncia della Cagiva, che ritiene di aver fatto il massimo per vincere e di
non poter fare di piú. La seconda è l’arrivo in 500 dell’ex baby prodigio
Loris Capirossi. Primo esempio di quei piloti come Valentino Rossi, Ivan Goi,
Marco Melandri, Manuel Poggiali, che inizieranno a correre ed a vincere
giovanissimi, era apparso nel '90 a 17 anni, vincendo immediatamente il mondiale
125. L’impresa parve allora straordinaria e tutti pronosticarono per il
giovane Loris un futuro strepitoso. Dopo essersi ripetuto l’anno successivo
passò in 250, dove nel '93 buttò letteralmente il titolo all'ultima gara
tentando di vincere quando gli bastava un piazzamento nei primi tre. Trovatosi
nel finale con le gomme usurate e con i colleghi italiani Reggiani e Biaggi che
non si fecero scrupolo di passarlo, perse il titolo a favore del giapponese
Harada. Nel '94 lottò con Biaggi fino a 4 GP dalla fine, quando dopo aver vinto
in Inghilterra ed essere passato in testa alla classifica, cadde nel GP di
Cecoslovacchia infortunandosi e dando via libera al rivale ed alla sua Aprilia.
Ormai deciso a passare alla 500, partecipa con una Honda gestita dal team Pileri.
Le sue prestazioni saranno buone, con un terzo posto conquistato nell’ultimo
GP. La terza novità, piuttosto brutta per gli appassionati, è il ritiro dalle
corse di Kevin Schwantz. Il campione annuncia, fra le lacrime, che il suo
fisico, dopo i numerosi incidenti, non riesce più a sopportare le fatiche della
guida. Il suo posto alla Suzuki viene raccolto dall’australiano Daryl Beattie
che con un paio di vittorie riuscirà a strappare il secondo posto. La stagione
è dominata, come al solito da Doohan e come al solito Cadalora si sveglia
soltanto a cose fatte vincendo 2 GP nel finale. Da segnalare la vittoria nel GP
di casa dello spagnolo Alberto Puig, altro pilota che, come Beattie, sparirà
presto a causa di cadute che lasceranno il segno sul loro fisico. Ineffetti la
guida delle moto moderne richiede oltre che bravura tecnica, una vera e
propriaprestazione fisica, penalizzando inesorabilmente chi non riesce piú a
raggiungere il massimo della forma. Leggermente migliorate sono le prestazione
dell’Aprilia di Reggiani che arriva al massimo ad un settimo posto.
Classifica Finale 1) Mick Doohan (Honda)
248
2) Daryl Beattie (Suzuki) 215
3) Luca Cadalora (Yamaha) 176
1996
I due italiani si scambiano le moto, perché
Cadalora litiga con Roberts accusandolo di preferirgli Abe e si procura una
Honda, mentre Capirossi accetta l’offerta di Wayne Rainey di correre nel suo
team con la Yamaha. Questa volta Cadalora inizia benissimo vincendo la prima
gara in Malesia, poi però il solito Doohan si scatena lasciando agli altri solo
poche briciole. Molto bello il campionato di Alex Criville che riesce a vincere
due GP e ad impegnare strenuamente l’australiano. Nel GP finale in Australia,
lo spagnolo mette però troppo ardore, e tentando un sorpasso all’ultima curva
provoca la caduta sua e del compagno di marca. A beneficiarne è un esterrefatto
Loris Capirossi, che passa il traguardo già felice di essere arrivato terzo,
mentre gli verrà comunicato che ha addirittura vinto. Ilpovero Loris si consola
così di un campionato ancora più sofferto del precedente, con problemi di
messa a punto e anche di comprensione con il suo team. Alla fine della stagione
accetta l’ingaggio dell’Aprilia e torna in 250, dove in effetti aveva
lasciato un conto in sospeso con la sorte.
Classifica Finale 1)Mick
Doohan (Honda) 309
2)Alex Criville (Honda) 245
3)Luca Cadalora (Honda) 168
1997
Luca Cadalora torna alla Yamaha, ma questa volta
non riesce ad ottenere che un paio di secondi posti, con un sesto posto finale.
Lo spagnolo Criville, l’unico capace di impegnare Mick Doohan, si infortuna e
resta fuori dalle corse per quasi tutta la stagione. Doohan vince 12 GP su 15, e
con questo si è detto tutto. Due le vittorie di Criville ed una del giapponese
Okada. Da segnalare il terzo posto ad Assen di Doriano Romboni con l’Aprilia
bicilindrica 500 con un decimo posto in classifica. Buone le prestazioni
dell’altro giapponese Nobuatsu Aoki.
Classifica Finale 1) Mick Doohan
(Honda) 340
2) Tadayuki Okada (Honda) 197
3) Nobuatsu Aoki (Honda) 179
1998
E’ un’annata da ricordare in modo dettagliato.
A risollevare l'interesse per il mondiale 500, arriva il 4 volte campione della
250 Max Biaggi. Nato e cresciuto a Roma, quindi lontano dal classico ambiente
romagnolo che stravede per la moto, comincia a correre relativamente tardi,
mostrando forse piú talento che vera passione motociclistica. Vinto l’europeo
250 nel '91, viene a metà stagione promosso in prima squadra dalla Aprilia nel
'92, in un periodo dominato dai piloti italiani che si chiamano Cadalora,
Reggiani, Chili, Capirossi. L’esordiente Massimiliano, si inserisce
immediatamente nel gruppo dei piú forti, creando qualche scompiglio e qualche
incidente. Vinto finalmente il suo primo GP in Sud Africa, non esita a passare
l’anno successivo alla Honda di Kanemoto, prendendo il posto del Campione del
Mondo Cadalora. Si tratta però di un anno infelice, dove vince una sola gara.
Tornato all’Aprilia inizia la sua serie di vittorie: tre mondiali con la casa
italiana, poi uno con la Honda del ritrovato team di Erv Kanemoto. Proprio con
il nippo-americano, Biaggi divenuto ormai per tutti Max, tenta la sorte in 500.
L’esordio è a dir poco straordinario: prima la pole, poi la vittoria
solitaria, mentre Doohan partito male, finisce fuori pista nel tentativo di
recuperare. Doohan però riesce a reagire immediatamente, mentre anche Alex
Criville si inserisce nella lotta. Biaggi mantiene la testa con una serie di
piazzamenti fino al GP di Francia, dove vincendo passa in testa Criville. Dopo
Madrid, vinto da Carlos Checa, Doohan inizia una nuova rimonta che si
concretizza in Germania con 12 punti su Biaggi e 18 su Criville. In
Cecoslovacchia arriva la seconda vittoria di Biaggi, con l’australiano che
scivola imprevedibilmente sulla ruota anteriore durante il primo giro. Doohan si
rifà ad Imola, poi con Biaggi ancora in testa per 4 punti, arriva il fattaccio
del GP di Catalogna. Il brasiliano Alex Barros, partito in testa, viene superato
da Biaggi con le bandiere gialle che impongono di mantenere le posizioni.
Oltretutto il sorpasso di Biaggi è temporaneo, perché l’italiano, arrivato
lungo alla curva successiva, viene nuovamente superato da Barros . La giuria
impone una sosta punitiva per entrambi di 10 secondi assolutamente eccessiva.
Barros, che oltretutto è quello senza nessuna colpa, si ferma per scontare la
penalità, arrivando settimo. Biaggi, in preda a raptus agonistico continua
incurante anche della bandiera nera che gli impone di fermarsi. Arriva così
davanti a Doohan che non sa come comportarsi, ma viene inesorabilmente
squalificato. Con 21 punti di vantaggio Doohan ha ormai il titolo in tasca e
soltanto in extremis, approfittando del ritiro di Criville in Argentina, il
romano arriva secondo in classifica.
Classifica Finale 1) Mick Doohan
(Honda) 260
2) Massimiliano Biaggi (Honda) 208
3) Alex Criville (Honda) 198
1999
Biaggi lascia la Honda di Kanemoto,
ritenendola inferiore a quella del Team ufficiale di Doohan, per passare alla
Yamaha. Il romano fa quindi un investimento per il futuro, rinunciando a qualche
possibilità immediata. Le prime due gare vedono primeggiare a sorpresa
l’americano KennyRoberts figlio del grande "King Kenny" che lasciata
la Modenas 3 cilindri del padre per la Suzuki , cambia
improvvisamente pelle: da discreto figlio d’arte a vero campione. Biaggi e
Doohan restano sorpresi, poi nelle prove del GP di Spagna, una rovinosa caduta
mette fine alla carriera del grande Mick. Il rendimento di Biaggi è
altalenante, con due secondi posti dietro Criville in Spagna ed al Mugello. La
parte centrale del campionato del romano è disastrosa, mentre proprio in questa
fase, con una serie di vittorie, Criville pone le basi per la conquista del
titolo. Alla fine Max colleziona una vittoria in Sud Africa, ma subisce per ben
5 volte il sorpasso dell’avversario all’ultimo giro, duevolte ad opera di
Criville, poi anche da Okada, Abe e Roberts che vince l’ultimo GP. Lo spagnolo
riesce infine a conquistare il titolo con qualche sofferenza, dovuta anche alle
ferite ad un polso riportate in un incidente. Finalmente un pilota europeo torna
a vincere il Campionato del Mondo, non succedeva dalla vittoria di Franco Uncini
nel 1982. Biaggi termina quarto, primo comunque dei piloti Yamaha. Qualche lieve
accenno di miglioramento arriva dall’Aprilia del giapponese Harada, terzo in
Francia ed in Gran Bretagna.
Classifica Finale 1) Alex
Criville (Honda)267
2) Kenny Roberts Jr. (Suzuki) 220
3) Tadayuki Okada (Honda) 211
2000
Siamo ormai alla cronaca più che alla storia, con
il forte rischio di urtare la suscettibilità dei tifosi. La 500 è nobilitata
dall’arrivo dei più recenti campioni della 250, i due italiani Loris
Capirossi e Valentino Rossi.Il primo lo avevamo lasciato nel ’96 quando,
nonostante la vittoria di un gran premio, preferì tornare in 250 per terminare
l’opera incompiuta di vincere il titolo anche in questa cilindrata.La cosa gli
riesce, anche se a prezzo di furiose polemiche per l’incidente all’ultima
curvadell’ultima corsa con il quale risolve la tenzone con il giapponese
Tetsuja Harada. L’altro pilota, nuovo alle cronache della 500 ma certamente
non delle cilindrate inferiori è il figlio d’arte dello sfortunato Graziano,
da noi ricordato negli anni a cavallo del 1980. Cresciuto sotto l’influenza
paterna, impara paradossalmente a stare in equilibrio sulle due ruote
direttamente sulle minimoto anziché sulla bicicletta. Il suo esordio avviene
nel ’96 con le 125. Si mostra subito velocissimo, anche se, vittima del
proprio entusiasmo, finisce regolarmente per combinare qualche pasticcio negli
ultimi giri.Vince infine il suo primo GP (Repubblica Ceca) e l’anno successivo
si aggiudica il titolo con una superiorità impressionante. La stessa cosa
avviene in 250: ad un primo anno brillantissimo ma sciupato da qualche errore,
segue la vittoria del secondo anno, vanamente contrastata dal connazionale
Loris. È a questo punto che decide di lasciare l’Aprilia per correre in 500
in sostituzione di Mick Doohan. I primi tests invernali confermano che, entrambi
velocissimi, reciteranno una parte importante nel Campionato. Chi invece
prosegue nella sua crisi è Max Biaggi, che a parte un paio di vittorie si rende
protagonista di prove deludenti, condite pure da qualche scivolata. La corsa
dell’anno si svolge al Mugello, dove i tre si ritrovano in testa all’ultimo
giro, ma prima Rossi e poi Biaggi cadono nel convulso finale. Loris Capirossi
riassapora la vittoria, sembra lanciato verso un gran mondiale, ma poi un paio
di scivolate nelle prove, con fratture alle mani, ne rallentano la corsa. Rossi
vince infine il suo primo GP in Inghilterra, mentre Biaggi si riprende nel
finale. Proprio nell’ultima corsa in Australia, i tre finiscono sul podio con
la vittoria di Biaggi e con Capirossi e Rossi al suo fianco. Alla fine però
approfittando dei tre litiganti, vince il titolo KennyRoberts Junior, il quale
usufruisce in qualche gara anche dell’aiuto della pioggia, che gli risolve
grossi problemi d’usura delle gomme nel finale di gara. Si deve infine
aggiungere qualcosa sui difficili rapporti personali tra i tre campioni, che nel
caso Rossi-Biaggi assumono toni aspri e denigratori, soprattutto da parte di
Valentino, che non perde occasione per attaccare il romano. Il tutto in ogni
modo utile alla causa mediatico-pubblicitaria.
Classifica Finale 1) Kenny
Roberts (Suzuki)258
2) Valentino Rossi (Honda) 209
3) Massimiliano Biaggi (Yamaha) 170
2001
Valentino Rossi inizia alla grande vincendo i
primi tre GP, riaccendendo la solita polemica tra i meriti del pilota e quelli
della moto. Capirossi, pur con qualche lamentela per lo stato d’aggiornamento
della sua Honda gestita dal Team spagnolo di Sito Pons, è protagonista di
ottime gare anche se non riuscirà a vincerne nessuna. Max Biaggi, dopo un
inizio incerto, vince in Francia ed inizia un recupero nei confronti del rivale,
che sembra culminare nella repubblica Ceca. Accade invece che proprio nel
circuito che gli è più adatto il romano, inizia con una serie di scivolate,
un’altra crisi nera. Sono in molti a ritenere che lo stile di Biaggi, fatto di
traiettorie rotonde e privilegiante la massima velocità di percorrenza al
centro della curva, sia troppo soggetto all’usura delle gomme, che ad un certo
punto lo piantano facendolo finire per terra. Ilcontrario avviene invece per
Valentino, che tende a tagliare le curve, preferendo prendere le stesse più
piano per poter però anticipare l’apertura del gas. Comunque sia il pesarese
si dimostra il più forte in gara e soprattutto nel finale, quando si tratta di
sopperire ai problemi di tenuta di strada della moto. I tre italiani creano il
vuoto vincendo 14 su 16 GP (11 Rossi, 3 Biaggi) finendo ai primi tre posti della
classifica finale, impresa clamorosa nella storia del motociclismo italiano.
Valentino Rossi diviene il sesto italiano dopo Masetti, Liberati, Agostini,
Lucchinelli ed Uncini campione del Mondo della 500. Questo sará l’ ultimo
anno dominato dal motore a due tempi. Per volere soprattutto della Honda, la
Federazione Internazionale Motociclistica deciderá di ucciderlo consentendo una
cilindrata doppia al motore a quattro tempi. Avendo chiamato questa miserabile
scrittura “Storia della 500”, ne approfitto per risolvere l’ imbarazzo di
come trovarne la parola fine!
Classifica Finale 1)
Valentino Rossi (Honda) 325
2) Massimiliano Biaggi (Yamaha) 219
3) Loris Capirossi (Honda) 210