KENNY ROBERTS

Kenny, provviene da un paesino della california. Il suo avvicinamento alle due ruote fu del tutto casuale. Nel tentativo di avviare una motoretta di un bambino, figlio di allevatori, parti' a razzo, cadendo rovinosamente e fratturandosi un ginocchio. Questo non lo fece desistere dai suoi successivi intenti. Venne cosi' il tempo della motocicletta. Si diede ad uno sport nazional popolare, il Flat Truck e successivamente al Dirt Truck, il motard moderno. Loro pero' correvano su anelli di terra battuta a 230 all'ora di traverso! Uscivano in derapata dalle curve e fermavano la loro corsa appoggiando la ruota posteriore alle balle di fieno latterali.
Divenne subito forte e vinse molti titoli americani. Fu uno dei primi a governare moto da 750 cc con oltre 130 cavalli per 140 kg di peso, inguidabili e potentissime. Poi in seguito vietate per la loro eccessiva pericolosita'. Stanco di vincere e incalzato da giovani promesse, appese gli stivali con la punta di ferro al caminetto e decise alla tarda eta' di vent'anni di buttarsi in quel gioco divertentissimo che erano le gare su piste d'asfalto. 
Debutto' alla 200 miglia di Daytona poi a Houston con scarsi e roccamboleschi gran premi. In una gara, si sbaglio e parti' dalla prima fila per errore. I comissari lo lasciarono in prima fila perche' si trattava del giro di ricognizione. Ma in quei frangenti, riusci' a rompere la frizione e non riuscire a terminare nemmeno quel giro. A Houston invece si "ingarello'" con altri piloti di contorno e al termine della gara non si accorsero della bandiera a scacchi, continuando a duellarsi a suon di staccate e accelerazioni. Vani i tentativi dei commissari nel fermarli con segnali e bandiere! Fu necessario l'intervento di un'automobile per bloccare la pista. Alla loro uscita nacquero discussioni con i comissari e fini' tutto in una grande scazzottata.
Kenny Roberts ha disputato diverse corse anche in duemmezzo, lo troviamo una prima volta sul podio nel '74 (terzo ad Assen) e poi, quattro anni dopo, tra i veri protagonisti: due vittorie (San Carlos e ancora Assen) e il quarto posto in campionato. Ed era già motorizzato Yamaha.
Ma certamente è stata la 500 a rendere mitico il King: per lui ventidue vittorie, trentanove presenze sul podio, e il dominio assoluto per tre stagioni consecutive dal 1978 all'80. Fu Freddie Spencer a stopparlo, un altro americano; ma Kenny era un vero guerriero, e per batterlo ci volle del bello e del buono.
Era soltanto uno dei tanti nomi di piloti statunitensi, quello di Roberts prima del 1977. La sua apparizione con la 250 era già bel e dimenticata. Dagli USA arrivava qualche voce: è uno che ha cominciato con le 250 e adesso vince con le 750 Yamaha, il padre è un concessionario, è un bell'acrobata. 
L'esordio nel mondiale avvenne ad Imola alla 200 miglia, dove arrivò secondo dietro a Giacomo Agostini. Quando gli chiesero cosa pensasse di Agostini, lui rispose che lo riteneva un pilota mediocre, visto che non sapeva guidare le flat truck.In quegli anni , il mondiale era dominato da piloti europei, lui era il primo "vaccaro" americano ad approdare in quella specialità. 
Bastarono poche gare per vederlo davanti a tutti e ad infrangere come nulla fosse, records di Haillwood che duravano da un decennio, come ad Assen.
Siccome il ragazzino era pieno di ormoni, non si accontentava di correre solo nel mondiale 500, ma bensi in tre categorie differenti. 250, 500 e 750 due tempi. Cecotto, Barry Sheene, Ago, alcuni dei suoi avversari.
Una gara per capire, poi subito la pole, il secondo posto in gara, il giro veloce; e alla terza uscita (al Salzburgring, il 30 aprile '78) la prima sonante vittoria surclassando Cecotto e Sheene. Subito altri due successi a Nogaro e al Mugello, due secondi posti, un'altra gara vincente a Silvertone e il primo titolo iridato. Una sola stagione per diventare il numero uno.
Roberts aveva due punti di forza. Motivazione e moto. La sua aggressività e il controllo del mezzo mettevano paura; la sua Yamaha quattro cilindri era potentissima, con un'erogazione meno brusca delle altre e molto ben gommata, in esclusiva, dalla Goodyear. 
Ma aveva anche qualche segreto, Kenny: conosceva qualche trucco più degli altri. Disponeva di un'ottima squadra: Kel Carruthers, Nobby Clark, Trevor Tilbury. Ma il king, soprattutto, sapeva controllare la moto anche quando derapa.
In quel periodo non esistevano le saponette, ma molte sono le foto dove lo si vedono col ginocchio a terra. Si proteggeva con un giro di nastro americano: aveva l'abitudine di nastrare dei pezzi di visiera all'esterno delle ginocchia, in modo da far scivolare sull'asfalto il terzo punto di appoggio. Si può dire che abbia inventato le moderne saponette. 
Dormiva nella brandina, sotto il suo gazebo, lui era un cowboy!
Vinse tre titoli mondiali e diverse 200 miglia. Campione del mondo della 500 una prima volta nel '78, quando aveva già quasi ventisette anni. Poi ancora due stagioni davanti a tutti, prima di cedere le armi a Lucchinelli e Uncini nelle sue annate più opache. L'ultimo acuto è dell'83, con un campionato da incorniciare. 
Era chiamato il marziano, o il king, oppure anche il canarino per via del suo colore: il giallo per tuta e moto.

Nei primi anni 80 dovette cedere lo scettro a piloti piu' giovani e pieni di voglia di vincere, tali Freddie Spencer, Randy Mamola, Franco Uncini e Marco Lucchinelli. Abbandono' le competizioni a metà degli anni 80, da diversi anni e' team manager e porta avanti una scuola per piloti del mondiale, dove insegna dirt truck, in Spagna. Il marziano e' stato uno dei piu' grandi piloti di tutti i tempi,capostipite di tutti i piloti americani, suo allievo fu Randy Mamola, inventò un nuovo stile di guida, quello che oggi vediamo nel motogp e prima nelle 500. "Non mi interessa così tanto mettermi in competizione con gli altri, quanto, in realtà, competere con me stesso. Un vero campione, secondo me, non deve solo vincere. Piuttosto è importante che vinca a suo modo. Per questo una grande corsa, una gara con la "G" maiuscola, è quella che nessun altro avrebbe vinto mai". a parlare così è Kenny Roberts senior.
Dopo aver vinto molto,  Kenny nel 1996, dopo un'esperienza vincente come team manager decise di abbandonare la Yamaha per fondare la propria squadra, costruendo e mettendo in pista dapprima una tre cilindri 500 due tempi e nel 2003 una cinque cilindri quattro tempi.
Da pilota a costruttore, l'oggi 55enne Roberts che è passato da una vita da sportivo (niente alcool né tabacco, solo Venere), a quella di un perfetto edonista: buoni sigari, ottimo vino e pietanze cucinate personalmente, ovviamente quando non è a giocare a golf da qualche parte, fra gli States e la Spagna, a pescare nel Montana o ... in sella a qualche motocicletta nel deserto del Mojave in California, per perdersi, e poi ritrovarsi in uno di quei dipinti ad olio che rappresenta la sua ultima passione.
"Mia madre - ricorda Kenny Roberts - era una donna supersportiva, mio padre, invece, molto calmo. credo di aver ereditato tratti del carattere da entrambi. A tredici anni ricevetti la mia prima moto, e da allora capii che, là, sopra, non mi piaceva essere battuto. Da nessuno".
Gareggiò, KR, sino all'età di 31 anni. 
"Mi ero sposato a 21 - ricorda - ma il matrimonio non sopravvisse al mio primo titolo, nel '78. Mia moglie non sopportava le continue assenze, ma la vita del pilota è nel paddock, che diventa come una famiglia allargata. Rimpianti? Non ne ho. Io, al massimo, posso controllare la mia vita".
Due figli sono nati da quella unione, Kenny junior e Kurtis. Entrambi piloti.
"Fosse stato per me, avrei preferito giocassero a tennis od a golf. Il motociclismo è uno sport pericoloso, e poi è duro correre con il nome Roberts sulle spalle. Comunque sono liberi di fare ciò che vogliono. personalmente non interferisco. Non do nemmeno consigli, se non sono richiesti e ciò vale anche per i piloti della mia squadra. 
La vita, comunque, non è fatta di domande e risposte, non è bianca o nera, è molto più complessa: è come guidare una moto, è questione di equilibrismo, di bilanciamento, di scelte solo apparentemente simili".
Per questo, per lui, la tecnologia è un mezzo per arrivare ad un fine.
"Potrò dire che ho percorso la mia strada quando avrò vinto con una delle mie moto. E ci riuscirò quando riuscirò, riusciremo, a trovare il bilanciamento perfetto fra ciò che ci può dare la tecnologia e l'esperienza, perché un pilota deve conoscere il carattere di chi ha davanti e di chi ha dietro, in corsa. Deve sapere il livello di aggressività e di intimidazione di cui è capace un collega, se vuole batterlo... e la tecnologia non potrà mai darti questo tipo di conoscenza...".
Diventa quasi surreale, il discorso di Kenny, quando con lui si approfondiscono certi temi mai esplorati ai bordi di una pista. Surreale come il cane blu che è diventato l'elemento ricorrente di alcuni suoi dipinti.
"Adesso ho molto tempo libero e dipingere mi aiuta ad estraniarmi dalla realtà - confessa KR - per un po' sono stato molto realista, adesso però avverto il bisogno di staccarmi da ciò che esiste. Voglio esplorare la mia immaginazione e catturare ciò che è vago, inesistente, che è solo una sensazione nella mia mente. Voglio avere di fronte qualcosa che mi metta in pericolo e mi spinga a migliorare...".

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