ALLA SCOPERTA DEL MONTE PENNA

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Le previsioni mettevano condizioni di tempo instabile ma in barba al meteo io e Laura ci siamo decisi nel fare un giro domenicale fuori porta ugualmente la destinazione e’ il monte Penna. 
La montagna più rappresentativa della nostra zona con i suoi 1735 m di roccia basaltica, il suo profilo slanciato e la presenza del Pennino, quasi una sua replica in piccolo, ha ispirato il simbolo del Parco. Il versante settentrionale presenta un andamento ripido e roccioso, in contrasto con quello meridionale (provincia di Parma), più dolce e ricoperto da una foresta di faggi e conifere (Foresta Demaniale del M. Penna). La favorevole posizione e l'altitudine di tutto rispetto, permettono a chi giunge fino alla cima di ammirare un impareggiabile panorama, che unisce mare e montagna spaziando dal Mar Ligure alle Alpi Liguri, Monviso e Alpi centrali.
Partiamo dopo pranzo da Fontanelle direzione Borgotaro dopo 40 minuti di viaggio arriviamo a Fornovo speditamente dato la scarsissimo traffico da li prendiamo le indicazioni per Borgo Val di Taro “paese famoso per i suoi Funchi Porcini” la nuova strada fondovalle ci porta velocemente a destinazione,intanto all’ orizzonte si vedono gia’ nuvole minacciose che non promettono niente di buono,teniamo le indicazioni per Bedonia ,dopo 10 km lungo la provinciale attraversiamo il paese di Compiano famoso il castello che sovrasta il caseggiato
Una storia affascinante... di Compiano abbiamo notizie storiche certe dal secolo XI, nei documenti appare già un borgo fortificato con giurisdizione sull'alta valle del taro, ma l'analisi muraria del castello ci mostra la presenza di un torrione di epoca carolingia.
Attorno al mille Compiano è dei Malaspina; quindi, nel XI sec.,del Comune di Piacenza. Nella prima metà del XV sec., con Ubertino Landi, inizia il dominio della famiglia che durerà 452 anni, la più longeva Signoria d'Italia. All'inizio del '400 si affermò il predominio dei Visconti che relegarono in secondo piano i Landi nei loro territori. Il XVI e XVII sec. furono secoli di splendore, Compiano battè propria moneta, ebbe scuole pubbliche e un monte di pietà. Alle soglie del '700 Compiano passò ai Farnese a da quel momento iniziò il declino del borgo. Sotto il ducato di Maria Luigia il castello diventò prigione di stato dove vennero rinchiusi i carbonari dei moti del 1821. Durante la II guerra mondiale il paese riacquistò importanza e il 25 giugno 1944 Compiano divenne capitale del "Territorio libero della Valtaro". Nel dopoguerra il collegio delle fanciulle insediato nel castello venne chiuso e il maniero fu acquistato dalla Marchesa Lina Raimondi Gambarotta che nel 1987, data della sua morte, lo lasciò al Comune. Attualmente il castello è aperto al pubblico con visite guidate. All'interno risiede la collezione Gambarotta, mobilio e oggetti dell'ex proprietaria, la mostra "Orizzonti inglesi", oggetti della massoneria inglese, la mostra di monete coniate nella zecca di Compiano. Recentemente il Principe ereditario di Monaco, Alberto Grimaldi ha fatto visita alla Rocca: questo per rinsaldare le antiche radici comuni, partite appunto da Compiano. Passato il grazioso caseggiato di Bedonia dove si puo’ visitare la maestosa Basilica, il Santuario è dedicato alla Madonna della Consolazione, ma comunemente è chiamato «Madonna di San Marco» dal titolo dell’oratorio preesistente. 

Narra la tradizione che nel 1600, alcuni mercanti veneziani, assaliti da ladroni in questi paraggi, vennero miracolosamente liberati per intercessione della Madre della Consolazione. In ringraziamento fecero erigere un sacello denominato Cappellina del Pozzo. Nel 1685 fu eretto l’oratorio di San Marco, che ben presto divenne centro della devozione alla Madonna. Verso il 1731 dalla zona di Pontremoli giunse, sembra per opera di un frate cappuccino, l’attuale statua della Madonna della Consolazione, lavoro in legno di non comune pregio artistico (1531). Nel 1948, la Cappellina del Pozzo venne incorporata nella cripta, ultimata nel 1952. Nell’anno mariano 1954, venne innalzata la meravigliosa cupola degli architetti Sassi e Robuschi e nel 1955 furono elevati i muri perimetrali.
L’interno è a pianta quadrata con cappelle laterali, sopra l’altare c’è il grande mosaico della Pentecoste; al fondo si trova un tempietto con la statua lignea della Madonna e un vano semicircolare con vetrate raffiguranti la Visitazione e le Nozze di Cana. Nel 1889 fu incoronata da Mons. Scalabrini, fondatore dei Missionari di San Carlo per gli italiani emigrati; i Padri sono meglio conosciuto come Scalabriniani. 
 
Teniamo le indicazioni per il passo del Bocco, finalmente i primi tornanti il fondo stradale e’ perfetto ci invoglia a “buttare giu’ la moto” in gratificanti pieghe, il paesaggio attorno a noi e’ davvero suggestivo ,costeggiamo il fiume Taro fino al caseggiato di Pontestrambo dopo il ponte teniamo la sinistra con le indicazioni del parco naturale,purtroppo per noi iniziano a cadere le prime gocce di pioggia, la strada e’ stretta ma in buone condizioni d’asfalto comunque dobbiamo prestare molta attenzione per il fondo stradale reso insidioso dalla pioggia che via via che saliamo si fa piu’ intensa e fastidiosa lungo la salita scattiamo alcune foto panoramiche dopo una mezzoretta arriviamo al rifugio del monte penna decidiamo di continuare senza fermarci la strada si fa piu’ accidentata adatta per una moto da Enduro comunque percorribile stando un po’ attenti anche da moto turistiche, passiamo in gallerie naturali fatte dal verde di un favoloso bosco, dalla Regione Emilia Romagna passiamo alla Liguria nei pressi del Passo del Tomarlo nel Parco Naturale Regionale dell'Aveto che comprende un territorio prevalentemente di crinale, interessando parte dello spartiacque tirrenico-padano e le cime piu’ elevate dell'Appennino Ligure (M. Maggiorasca, 1799 mt).
L'area protetta presenta una gran varietà e ricchezza di ambienti: prati e pascoli, faggete. zone umide palustri, lacustri e riparie, emergenze geomorfologiche, floristiche, faunistiche e mineralogiche. Questo territorio vanta anche una presenza umana millenaria testimoniata dai ritrovamenti preistorici avvenuti nella zona del monte Aiona. L'attività dell'uomo ha poi modellato questo territorio lasciando significative testimonianze storico-artistiche di una cultura che merita una conoscenza non superficiale negli aspetti passati e presenti.
Facciamo una piccola sosta per immortalare il paesaggio appenninico poi via per S. Stefano D’aveto dove ci fermiamo lo stretto neccessario per immortalare i ruderi della fortezza medioevale castello di Santo Stefano d'Aveto
è da considerarsi un frammento importante nel mosaico storiografico della Val d'Aveto del XVI secolo.
Si colloca cronologicamente, nel dipanarsi degli avvenimenti storici, anche perchè la sua compilazione è legata ad una straordinaria pagina della feudalità avetana: le insurrezioni popolari del 1591-1592. Alla morte di Antonio Doria nel 1577, del titolo di Marchese di S. Stefano venne insignito il figlio Giobatta.
Individuo violento e disinvoltamente iniquo, può essere additato come peggior esempio di autocratismo tardo cinquecentesco.
La sua scellerata reggenza, produrrà ben due eroiche rivolte del popolo santostefanese, che determineranno la caduta del despota,rima della successiva investitura di Gian Andrea Doria, per un breve periodo il feudo fu controllato dalla Serenissima Repubblica di Genova.
Sempre accompagnati dalla pioggia ci dirigiamo ad andatura da lumaca verso Bobbio costeggiando il suggestivo Torrente Aveto dopo un ora di strada ecco la vista di Bobbio finalmente anche la pioggia lascia il posto ad un caldissimo sole che in poco tempo ci asciugna i giubbotti zuppi d’acqua, Bobbio e’ un importante crocevia per noi motociclisti infatti che sovrasta il caseggiato vi e’ il monte Penice meta inrinunciabile per noi motociclisti e la statale che porta in Val Trebbia e Val d’Aveto,ma lo e’ stato anche nell’ epoca medioevale .
Piccola sosta al bar dei motociclisti poi via rientro a casa una giornata davvero indimenticabile anche se guastata un po’ dalla pioggia.
Alcuni cenni storici della zona tratti da uno studio del Prof.Enrico Mandelli
La zona di Bobbio era già abitata nell'Età della pietra e viene successivamente popolata da insediamenti liguri. Ai liguri subentrarono i Galli e poco dopo Bobbio entrò definitivamente nell'orbita Romana. Il nome della città deriva dal torrente che lambisce l'abitato da sud.
Nel 614, il monaco irlandese Colombano giunge con i suoi discepoli a Bobbio il cui territorio gli è stato donato dal re longobardo Agilulfo. Questa donazione ha anche una valenza politica in quanto Bobbio controlla la grande carovaniera, la via del sale, che da Piacenza, lungo la Valtrebbia raggiunge Genova, caposaldo dei Bizantini. A Bobbio, Colombano trova solo una chiesetta semidiroccata, dedicata a S.Pietro, e la restaura. Egli ha più di settant'anni, è stanco e forse malato: muore il 23 novembre 615 e i suoi discepoli lo seppelliscono nella chiesetta di S.Pietro. A reggere la comunità conventuale si alterneranno in qualità di Abati vari monaci seguaci del Santo. Il convento si popola rapidamente: già nel 643 conta centocinquanta monaci. Attorno al convento sorgono le prime case abitate da civili. L'Abbazia di Bobbio, con le sue scuole, la sua Biblioteca, il suo Scriptorium, la sua organizzazione economica, diventa rapidamente anche una potenza politica. Alla Corte Longobarda i monaci godono di una tale considerazione che spesso le crisi politiche sono da loro risolte o provocate. I possedimenti dell'Abbazia in età longobarda si estendono in tutta l'alta Italia.
Nel giugno del 774, Carlo re dei Franchi, si impadronisce di Pavia e pone fine al Regno Longobardo. Pochi giorni dopo i monaci bobbiesi ricevono nuovi vasti beni in dono e vengono così tacitati dal nuovo signore. Bobbio apriva ai Franchi la strada verso la Liguria e verso l'Italia media. La soggezione arricchisce il Monastero di Bobbio, che diventa monastero imperiale, ma ne compromette l'autonomia che aveva sotto i Longobardi. In questo momento Bobbio possiede beni in Valtrebbia, val Staffora, val Tidone, val d'Aveto, in Liguria, nel Monferrato e nelle Langhe, arriva fino alle porte di Torino, Attorno al Lago di Garda, da Salò a Bardolino, sui Laghi di Mantova, a Piacenza, Ravenna, Genova, Lucca e Pavia. L'Abbazia è ormai un ricco feudo. Il sistema curtense raggiunge in Bobbio la perfezione. La curtis non è un organismo chiuso, come si legge nei vecchi libri di scuola. L'eccedenza dei suoi prodotti viene scambiata con altri paesi. Sui fiumi e sui laghi dell'Italia Settentrionale corre una flotta di una quarantina di navi, che fanno spola da un porto franco all'altro. A Monticelli d'Ongina, sul Po, vi sono vasti magazzini, a cui arrivano carichi di sale e di pesce e da cui partono carni salate e affumicate. Sui monti di Bobbio vengono allevati cinquemila suini, centinaia di vacche e pecore. Queste ultime servono soprattutto per la produzione della pergamena, usata nello scriptorium, dove si copiano sistematicamente opere di scrittori latini antichi.
Bobbio crea una sua scrittura inconfondibile e le miniature dei suoi codici si richiamano alla cultura irlandese. Tale cultura si ritrova anche nelle magnifiche transenne in marmo che ornano l'antica basilica protoromanica edificata dall'Abate Agilulfo a partire dal IX° secolo. Ricordiamo i più famosi codici di Bobbio che hanno permesso la conservazione dei testi trascritti: il De Republica di Cicerone, attualmente nella Biblioteca Vaticana, il Virgilio della Laurenziana; il Plauto della Capitolare di Verona; le Lettere di Seneca a Lucillo della Queriniana, il Codice Purpureo dei Vangeli. I codici superstiti sono conservati all'Ambrosiana, alla Vaticana, alla Nazionale di Torino, a Parigi, a Madrid, a Berlino e in altre importanti biblioteche del mondo.
Nel 1014 l'Abate ottiene la dignità e la giurisdizione episcopale e nasce così la diocesi autonoma di Bobbio, che da borgo monastico sale al rango di città episcopale. Nei primi tempi vescovo e abate sono la stessa persona, poi le due cariche vengono affidate a persone diverse operando anche una divisione dei beni. Da questa decisione inizia la decadenza di Bobbio. Le lotte intestine tra abate e vescovo, aggiunte ai conflitti derivanti dai nuovi soggetti nascenti, i Comuni, porteranno rapidamente al declino la città trebiense.
Nel 1230 Piacenza occupa Bobbio; dominio che prosegue fino alla conquista Viscontea di tutta l'area lombarda. Bobbio, staccata da Piacenza e aggregata a Voghera, si orienta verso l'ambito di influenza pavese.
Nel 1387 è data in feudo ai Dal Verme, i quali la terranno, salvo qualche breve interruzione, fino alla metà del '700 quando, in seguito alle Guerre di Successione, passa ai Savoia. Da questo momento la storia di Bobbio si identifica con quella dello Stato Sabaudo. Elevata a capoluogo di Provincia, Bobbio ne segue le vicende fino alla costituzione del Regno d'Italia, quando viene incorporata nella provincia di Pavia. Nel 1923, chiede ed ottiene il passaggio a Piacenza, riprendendo a guardare alla naturale direttrice geografica della sua vita, la valle della Trebbia.