GIOVANNI FARABOLI  1876 - 1953

Testo tratto  dalla tesi di laurea del dott. RAUL ODDI  anno accademico 1997 - 1998


Monumento dedicato a Giovanni Faraboli che si trova nella piazza principale di Fontanelle

 

Giovanni Faraboli è forse uno dei nomi meno famosi in campo nazionale fra i tanti sindacalisti che ad inizio secolo hanno firmato le prime conquiste sociali del proletariato italiano: basta però pronunciare il suo nome a un parmigiano qualsiasi e tutti lo ricordano come "quello delle cooperative".
Sindacalista riformista, socialista di ispirazione "prampoliniana" da sempre, ha cullato per tutta la vita "il sogno" della cooperativa integrale quale soluzione ai problemi economici che affliggevano la società del suo tempo: solo attraverso l’adesione convinta della maggior parte della popolazione a tale tipo di organizzazione (che quindi doveva abbracciare tutti gli aspetti della vita economica e sociale) avrebbe raggiunto il risultato e da qui la sua opera di proselitismo costante, infaticabile per tutta la sua vita.
La "storia" di G. Faraboli è dunque, prima ancora che quella di un politico, o di un sindacalista, quella di un uomo completamente teso, aldilà di ogni etichetta che gli si possa attribuire, verso un obiettivo superiore, di alto valore morale oltre che economico: la sua coerenza, il suo impegno, il suo "senso religioso di devozione alla causa dei lavoratori" (come lo definì l’on. Saragat nel discorso commemorativo a Fontanelle del 4 settembre 1955) ne fanno un personaggio di straordinario interesse.
Le sue origini umili e gli onori che conseguirono alla sua attività (se non fosse per la sua morte nella più completa indigenza) farebbero di lui il classico interprete del "sogno americano ":il suo genio organizzativo e produttivo, infatti, nel regime capitalistico in cui viviamo, avrebbe potuto essere utilizzato per il proprio profitto come è stato per grandi imprenditori del nostro secolo. Ed invece mi trovo a parlare di una persona che dichiara attraverso le pagine del periodico socialista "L’Idea" (in merito ad un ordine del giorno di assemblea di lega nella quale era anche previsto di stabilire indennità per ufficio di segretario) "continuerò modestamente nel mio ufficio ma rifiuto ogni compenso, pur ringraziando il consiglio per il gentile pensiero. L’affetto vostro è il migliore dei compensi: uniti e affezionati alla nostra organizzazione, ecco ciò che desidera il vostro segretario Giovanni Faraboli".
Ma come poter pensare che G. Faraboli, disponibile quotidianamente e ad ogni ora nel suo ufficio della Cooperativa o sul palco di qualche manifestazione pubblica (nei periodi di intensa attività ne teneva anche tre o quattro al giorno),avrebbe mai potuto accettare tale compenso? Nella sua vita che definirei di idealista estremo non trovò nemmeno il tempo di "prender moglie" o di dedicare un minimo alla sfera personale: il progetto però della cooperativa integrale a Fontanelle andò in porto e fu uno degli esempi più riusciti a livello nazionale.
Vedremo come il suo "riformismo integrale" (come lo definisce lo storico Umberto Sereni nel suo "Movimento cooperativo a Parma"), nonostante la coerenza che ha sempre contraddistinto le sue posizioni, ne fa’ soprattutto un cooperatore più che un’attivista socialista o sindacalista, con le sue lotte spesso dure, ma sempre civili e improntate alla ricerca della soluzione razionale; con le sue cooperative aperte ai lavoratori di tutte le fazioni politiche (anche se per questo verrà criticato); con le sue vittorie sulle forze avverse, sempre limpide e trasparenti come le sue sconfitte. Sempre l’on. Saragat lo ricorderà così: "G. Faraboli era un socialista, vale a dire un uomo che crede nel destino umano degli uomini, un uomo il quale ha inteso di istinto probabilmente più che in senso dottrinario l’ammonimento immortale di Carlo Marx e cioè che il principale bisogno degli uomini e’ di diventare umani".
Socialismo della Bassa Parmense che, comunque, lo storico F. Santi definirà a più riprese "socialismo riformista padano non marxista ovvero movimento cresciuto e sviluppatosi dal basso, con la gente, insieme alla gente. Non burocratico, non deciso per decreto ma sofferto giorno per giorno a contatto con la dura realtà quotidiana che si lavorava per cambiare".
"Non l’attesa messianica del giorno liberatore, risolutore una volta per tutte di tutti i problemi, bensì consapevolezza delle necessità di edificare poco per volta in mezzo a mille difficoltà ,una costruzione solida e duratura" come ricorda anche M. Giuffredi nel suo "Dopo il Risorgimento".
Ed è proprio questo il punto fondamentale della sua opera che voglio sottolineare: G. Faraboli da riformista quale si definiva, aveva attuato nel "piccolo" della sua realtà locale, la vera "rivoluzione", trasformando Fontanelle in un’isola felice all’interno di un contesto di miseria e disoccupazione creatosi con l’avvento del capitalismo agrario sfruttatore del periodo.
Aveva tentato di fornire l’esempio dì quella comunità a misura d’uomo nella quale, attenuate le rivalità fra simili e risolti problemi di organizzazione economica, si sarebbe potuto crescere intellettualmente e civilmente (cosa a cui teneva in particolare con suoi corsi serali di istruzione e la biblioteca pubblica).
Non stupiamoci dunque se, da uno dei suoi compagni di ventura dell’esperienza cooperativa, così come abbiamo visto nelle definizioni degli storici in precedenza, trapela questa descrizione del pensiero "faraboliano" con metafore che riportano a una specie di religione: P.Taddei infatti nel suo "Fontanelle in patria e in esilio" lo ricorda così: "...e quasi si direbbe che egli non abbia luce di pensiero o palpito di cuore che per comprendere, amare, ed agire in pro della causa alla quale ha dedicato tutta la vita. Egli non è mai tocco dal dubbio, preso da esitazione, da vani sconforti. In lui è la certezza del credente. Giovanni Faraboli è la fede che comanda l’azione" .Chissà, forse se fosse nato ad inizio millennio, ci troveremmo di fronte a un nuovo San Paolo...!
Due i momenti fondamentali che analizzerò della sua opera dopo una breve biografia e una sintesi del contesto economico nel quale visse: il conflitto con i sindacalisti rivoluzionari che sfocerà nella scissione ufficiale con creazione di una nuova camera del lavoro all’interno della stessa provincia, con Parma che per questo balza agli onori della cronaca italiana del 1908; l’esperienza, nello specifico, della cooperativa integrale di Fontanelle, esempio fulgido per tutta economia nazionale.
Infine vedremo come dopo l’assalto fascista che distrusse tutta l’opera della cooperativa di Fontanelle, Faraboli esiliato in Francia non si arrenda alle avversità e ricostituisca in grande l’esperienza di Fontanelle a Tolosa e a Parigi, raggiungendo la notorietà internazionale.

LA VITA DI GIOVANNI FARABOLI

Dalla nascita alle prime conquiste sindacali.
G. Faraboli nasce il 23 marzo 1876 da Luigi e Alba Giordani, in una frazione di San Secondo Parmense (località Valle) che però, per chi conosce i luoghi, e’ in chiaro "territorio" di Fontanelle (Comune di Roccabianca), dove verrà infatti battezzato, distando da questo poche centinaia di metri, mentre dal primo e’ ad almeno cinque chilometri. Ed e’ per questo che la sua attività si e’ svolta qui da subito, figlio di agricoltori.
Poche le notizie sui suoi primi anni e sulla sua famiglia che mi e’ stato possibile reperire; nessuno scritto lasciato da lui o da contemporanei. Di lui esistono testimonianze di chi lo ha conosciuto che lo descrivono come lavoratore instancabile, buon intrattenitore di folle, grado istruzione non elevato, a cui sopperiva con volontà ferrea di apprendimento.
Un ricordo di un compaesano fuori dal comune che ci descrive Faraboli, lo troviamo in un articolo del "Candido" scritto da Giovanni Guareschi, uno dei più noti scrittori italiani del Dopoguerra, assurto a fama mondiale per la creazione di personaggi famosi come Peppone e don Camillo e pure lui nato a Fontanelle: "Quella chiara e onesta faccia e quelle mani forti dì quel capo dei Rossi. ..un omaccione alto e massiccio come una quercia... Egli che fu un costruttore solido, massiccio, implacabile.
Forse proprio G. Faraboli e le sue lotte politiche hanno permesso a Guareschi di trovare ispirazione per le sue narrazioni e per far emergere quel lato della personalità di Faraboli che spesso è dimenticato o non condiviso: la tranquillità e la tolleranza pur nella decisione delle sue battaglie contro le ingiustizie sociali.
Faraboli fu senza dubbio l’esponente più significativo dell’esperienza del primo movimento di emancipazione della Bassa Parmense che aveva al centro la fitta rete dì cooperative di Fontanelle. Si iscrive nel 1902 al PSI e sostenne la corrente riformista, quella che nella zona della Bassa era preminente grazie all’opera di fine secolo di socialisti come Musini e Costa e dove c’era il collegio dì Borgo S. Donnino (odierna Fidenza) dal quale era scaturita l’elezione a deputato del professor Agostino Berenini.
Nell’aprile 1901 G. Faraboli aveva già fondato la prima lega a Fontanelle, quella dei contadini, e da qui, nel 1905, divenne membro della commissione esecutiva della Camera del Lavoro di Parma, in quel periodo retta da Alessandro de Giovanni.
La Lega dei contadini ebbe come primo obiettivo il rialzo dei salari che erano allora di 70 centesimi per stagione estiva e di 60 per quella invernale; nel 1902 abbiamo la costituzione del monte granario cui scopo è quello di fare prestiti ai soci in momenti di eccessiva disoccupazione e resistenza (anticipavano una quantità di frumento che il socio al momento del raccolto avrebbe restituito) e che poi si trasforma nel 1904 nella cooperativa di consumo poi chiamata "casa dei socialisti", fortemente voluta da G. Faraboli e nata fra la resistenza di molti con un capitale modestissimo di 842 lire8.
L’organizzazione di un forte movimento sindacale era per lui l’obiettivo primo da raggiungere all’epoca e il suo impegno e la sua influenza sì estesero subito anche ai paesi vicino a Fontanelle. Nel 1905 lo troviamo a Bologna a rappresentare la Bassa Parmense nel Congresso nazionale della Federazione Lavoratori della Terra e
il 31 dicembre del 1907 costituisce la cooperativa di lavoro per assunzione di opere pubbliche specie di bonifica e arginatura frequenti nella bassa Parmense9.
I primi sintomi dei contrasti all’interno della Camera del Lavoro di Parma, maturati in seguito alla decisione del segretario De Giovanni di non aderire al congresso di costituzione della Camera Generale del Lavoro, tenutosi a Milano nel settembre 1906, portano Faraboli e leghe della Bassa a scontrarsi con l’opinione prevalente alla Camera del Lavoro. Risolti i contrasti con la partenza di De Giovanni e l’assunzione della direzione della Camera del Lavoro da parte di Alceste de Ambris, Faraboli inizia una forte collaborazione con il nuovo segretario che portano il movimento sindacale ad una forte avanzata che culmina con il successo dello sciopero del maggio 1907.
La frattura riemerge però nell’autunno 1907 con la decisione della Camera Lavoro locale di aderire al Comitato Nazionale di Resistenza, nuovo organismo di ispirazione sindacale, contro quelle che sono gli intenti dei seguaci di Faraboli di restare legati a CGdL: la votazione è chiara e Faraboli, sostenuto dai voti dei collegi della Bassa, ottiene 3224 voti contro de Ambris che grazie al resto della Provincia, ottiene 15487 voti.
La scissione diventa operativa nel febbraio 1908 nel Convegno di Zibello quando la Bassa Parmense costituisce la "sua" Camera del Lavoro di Borgo San Donnino aderente alla CGdL e si prepara, separata, alla lotta contro l’Agraria Parmense per le rivendicazioni dei lavoratori.
Nel marzo dello stesso anno Faraboli è nominato membro del Comitato Centrale della Federazione Nazionale Lavoratori della Terra e come tale partecipò a convegni indetti sulla questione Parmense" ormai rimbalzata su cronache nazionali, che fecero risaltare ancor di più le due anime del movimento operaio.
Ma quali motivazioni c’erano alla base di una reazione così "forte" da parte di un personaggio sempre pronto al dialogo e alla soluzione diplomatica come Faraboli?
C’era, come dice giustamente U. Sereni nella sua opera, il rischio di compromettere il lavoro paziente di anni di cooperazione della Bassa Parmense, fenomeno dal quale Parma città era solo sfiorata che invece era il vero credo dell’opera di Faraboli e prima ancora di Italo Salsi. Questi, membro esecutivo della Camera del Lavoro di Parma e "innamorato dell’ordinamento cooperativo del suo Reggiano, volle affidare alle terre parmensi la semenza feconda che non tardò a dare vivi e forti germogli"
Le sproporzioni del fenomeno fra Parma e Provincia erano comunque evidenti: a Parma nel 1905 funzionavano sei cooperative di produzione e lavoro con 159 soci e solo il progetto di formare una cooperativa di consumo; in provincia i soli aderenti della cooperativa di lavoro di Zibello, Polesine, Roccabianca erano quattrocento, per non parlare delle ventinove cooperative di consumo già operanti...
Già nel 1903 era sorta la Federazione provinciale delle cooperative, fortemente voluta da Italo Salsi, proprio per coordinare l’attività di tutte le singole e formare una grande organizzazione sul modello reggiano, ed è in quest’opera dì espansione che troviamo impegnati dirigenti di leghe come Faraboil che danno un carattere nuovo a questa fioritura di cooperative specie di consumo, "imprimendole una fisionomia di strumento di lotta, che integra e rende più incisiva la battaglia rivendicativa dei lavoratori" come ci ricorda U.Sereni.
"Mutava sia pure in forma e modi tutt’altro che appariscenti, la geografia sociale di molti paesi, dove anche attraverso quelle piccole stanze, al cui ingresso ben visibile era posta la scritta Cooperativa, una nuova classe sociale, si sottraeva all’inedia e alla rassegnazione, per affermare un suo diritto alla vita e proporre modelli di aggregazione sociale diversi e superiori rispetto a quelli conosciuti, segnati dall’incubo della fame."
Il bagaglio ideale di questi nuovi cooperatori è ben sintetizzato da L Barbieri di Langhirano in un articolo del settimanale della Lega Nazionale delle Cooperative del novembre 1903, alla vigilia del Congresso della Federazione delle Cooperative di Parma, costituitasi pochi mesi prima con I. Salsi:" I rapporti con le organizzazioni di resistenza vanno regolati in modo che la cooperazione, che è l’avvenire, non debba in alcun modo intralciare l’opera della resistenza, così come la resistenza deve aiutare in ogni modo il divenire della cooperazione cui essa tende...". E ancora:
"La cooperazione ha assunto il carattere dell’Universalità. Essa, quale strumento di elevazione economico e morale, estende la propria azione a tutte le classi di cittadini. La classe dei lavoratori è quella che più abbisogna della sua opera e deve usarne primamente e goderne i benefici; ma ciò non può ne deve mutare il carattere dell’istituto che è quello dell’universalità... La resistenza anziché disperdere le proprie forze in conati pericolosi e vani, deve rientrare nella cooperazione e immedesimarsi in quelle forme che sono a sua disposizione: ma non cercare di fare della
cooperazione una devota ancella. Non si può asservire la cooperazione a un partito politico, il quale benché ricco di idealità, resta sempre un partito. ..La cooperazione mira più’ in alto, al di sopra dei partiti e delle classi, c’è la società. E’ solo per beneficio dì questa che noi prestiamo l’opera nostra modestissima."
Accanto così a preesistenti forme dì cooperazione, ridotte a strumenti di difesa dei privilegi di pochi soci e rinnovandole dalle fondamenta, si affermava una presenza nuova di esperienze cooperative che assicurava al movimento consistenza ed estensione: cooperative di consumo sorsero ovunque nel territorio provinciale interessato all’iniziativa di classe e mentre l’azione rivendicativa di molte leghe latitava, sotto la pressione della disoccupazione e degli avversari dell’Agraria organizzati, quelle che sfruttavano l’organizzazione cooperativa ottenevano risultati significativi nella battaglia, avvicinando le masse anziché allontanarle.
Ecco che se a Parma "l’azione diretta" del sindacalismo rivoluzionario poteva nutrire degli adepti, nella Bassa Parmense cooperativista, risultati alla mano, non si intendeva recedere dalle posizioni.
Lo stesso De Ambris arrivato a Parma nel 1907, affermava su un quotidiano "il Giornale d’Italia", nel 1908, di aver trovato una situazione ideale per iniziare la lotta con lo sciopero. "Gli scioperi sono stati voluti dalla forza delle cose. In un anno ne ho fatti trentasette.. .ma li ho fatti perché industria e agricoltura avevano fatto un lungo periodo di pace durante il quale il margine profitti di proprietari e industriali era salito a cifre gravissime. I lavoratori di Parma hanno dovuto conquistare in un anno quello che altre province hanno ottenuto in tempi lunghi e con opera costane e paziente."
Ma proprio questa serie di agitazioni del 1907 aveva portato il gruppo dirigente della Camera del Lavoro di Parma in contrasto con CGdL tanto da organizzare, promossa da Camera del Lavoro stessa, una struttura autonoma denominata "comitato di Resistenza" che si proponeva di disperdere l’influenza delle componenti riformiste. il gruppo che si rifaceva a Faraboli, al contrario, benché minoritario e teso verso adesione alla CGdL (che tanto aveva permesso di ottenere alle cooperative della Bassa),non poteva approvare ne’ le scelte di fondo in materia di trasformazione della società ne’ i modi di conduzione delle lotte dei nuovi dirigenti e se ne distaccò.

Il Grande Sciopero del 1908 e la Prima Guerra Mondiale.
Oggetto di pesantissimi attacchi da parte della stampa e dai dirigenti sindacalisti, accusato di essere il responsabile della scissione e di aver puntato, per bassi interessi politici, alla sconfitta dei lavoratori diretti dalla Camera del Lavoro di Parma nello sciopero del 1908, Giovanni Faraboli prosegue comunque in quei mesi drammatici la sua opera di organizzazione, rivolgendo le sue attenzioni alla battaglia contro la disoccupazione e all’estensione dell’attività della Camera del Lavoro dì Borgo S.Donnìno, cercando di unificare tutte le forze scontente della conduzione sindacalista.
Mai intralciò l’opera dei sindacalisti rivoluzionari nello sciopero del 1908 e come testimoniano le numerose raccolte fondi pro scioperanti e l’astensione da parte delle cooperative della Bassa di prendere lavori lasciati liberi da scioperanti, si cercò, semmai, nel limite delle decisioni prese, di favorirle.
"Non esitò ad affrontare l’impopolarità comunque per opporsi alla follia dello sciopero a ripetizione "dirà il Taddei nel suo Fontanelle in Patria e in esilio "per impedire ai trionfatori dell’ora il dominio sulle organizzazioni della Bassa. Il giovane contadino era infatti cresciuto alla scuola di maestri come C. Prampolini, M. Capriotti, Angelo Balestrieri che vollero essere e sempre furono educatori di masse. Si dovette così essenzialmente alla sua opera se gran parte delle organizzazioni della Bassa rimasero fedeli alla Confederazione del Lavoro e se il Partito Socialista della Provincia non restò spettatore rassegnato della Nuova Rivoluzione ("l’azione diretta") nel mito dello sciopero generale espropriatore".
Lo sforzo di aggregare intorno al nuovo centro gli effetti della momentanea diaspora dei sindacalisti rivoluzionari, non sortiva però un solido risultato e ben presto l’influenza riformista si restrinse all’area borghigiana. Nel 1910 G.Faraboli organizza un’importante Congresso della Camera del Lavoro di Borgo San Donnino sul tema della disoccupazione, ritornata a crescere pesantemente in seguito ai primi effetti della reintroduzione dei contratti parziali di mezzadria e di compartecipazione, come risposta padronale tesa a limitare il peso del bracciantato. Anche a Parma nel frattempo si comincia a risentire della crisi che colpisce
il Partito Socialista e le organizzazioni riformiste: l’on. Berenini, personalità di spicco di questa tendenza, legato a Bonomi e Bissolati, segue i due espulsi nell’esperienza del nuovo Partito Socialista Riformista. La Federazione di Borgo, inoltre, nel Congresso di Fontanelle del 27 settembre 1912, si dichiarava autonoma dal Partito Socialista Italiano e, approvata la scelta di Berenini, nomina un nuovo Comitato Direttivo dove figurava anche Farabol i.
Le polemiche all’interno del Partito non avevano però fiaccato l’espandersi dell’attività degli organizzati di Fontanelle, che sotto la guida dello stesso, avevano ingaggiato una strenua lotta per assicurare al Comune di Roccabianca un’amministrazione democratica ed onesta. Il Municipio infatti, in mano agli agrari, aveva iniziato una serie di angherie contro le organizzazioni cooperativiste, delle quali l’ultima gli risulterà fatale: nel 1911 decisero di aumentare la tassazione dei pubblici esercizi, ripartendola in modo che circa un terzo dell’aumento ricadesse sulla Cooperativa, a cui, all’epoca, aderiva il 90% dei lavoratori.
La sfida mossa dagli Agrari provocò una vasta agitazione condotta dai lavoratori, dalle organizzazioni e dal giornale dei socialisti parmensi che costrinsero l’autorità prefettizia a decretare lo scioglimento dell’amministrazione comunale.
I lavoratori che già da tempo si erano preparati al momento, si erano iscritti in gran massa alle liste elettorali dopo aver frequentato i corsi di alfabetismo promossi nella scuola serale della "Casa dei Socialisti". Dotata di locali accoglienti dove funzionavano gli spacci e avevano sede le cooperative di lavoro, le leghe, la sezione locale del Partito Socialista e la Biblioteca Edmondo de Amicis inaugurata nel 1910, la "Casa dei Socialisti" era il fiore all’occhiello delle conquiste del proletariato di Fontanelle ed aveva aperto la strada al movimento cooperativo di consumo della Bassa, seguita poi da Stagno, Pieveottoville, Santa Croce di Polesine e Ragazzola.
L’ultimo colpo di coda degli agrari e delle autorità che li appoggiavano, lo abbiamo con l’inghippo sulla data delle elezioni, come si evince dalle pagine dell’Idea del 11 maggio 1912 e del 25 maggio 1912, cercando di utilizzare le liste elettorali del 1911, nelle quali figuravano un 30% in meno di elettori rispetto alle nuove del 1912. Tutto sembrava stabilito, ma l’abile reazione diplomatica dei lavoratori organizzati, indusse il Regio Commissario Padula al rinvio: è la "resa" dell’Agraria ai cooperatori.
Alle nuove elezioni del 16 giugno 1912 trionfa il fronte popolare guidato da Faraboli che elesse il giovane contadino Paolo Bertoluzzi a sindaco di Roccabianca (Faraboli era consigliere di minoranza già nel luglio 1910).
Sono i periodi in cui lo stesso Faraboli è al culmine dell’attività; Taddei dirà nella sua opera che "a Parma lo si trova ovunque, negli uffici del Genio Civile, in Prefettura a sollecitare decisioni per l’esecuzione di lavori pubblici poiché i braccianti della Bassa sono disoccupati; ad incaricare l’on. Berenini e l’on. Albertelli di rimuovere, per tali lavori, presso il competente ministro, gli ostacoli di ordine finanziario e burocratico; e tutti va a scovare per indurli all’azione (l’avvocato, l’ingegnere, il professore, il maestro per scrivere un articolo o fare una conferenza, concedere assistenza tecnica o legale alla cooperativa, sborsare contributi per giornale di partito), incita i pigri e rimbrotta gli assenti e non solleva proteste da parte altrui perché a nessuno è dato di pensare che un’ora sola della sua giornata non sia completa dedizione per l’organizzazione operaia, per il partito socialista. Egli è sereno ed energico: fisicamente una quercia, ripete il padre, e nello sguardo ha la dolcezza e bellezza dell’occhio materno"
Il Programma della nuova Amministrazione di Roccabianca e’ un bel esempio di quello che era l’obiettivo Faraboli in quel periodo, ed era improntato sul binomio "lavoro-istruzione":
1)Costruzione di edifici scolastici grazie a benefici accordati da nuova legge DANEO-CREDARO;
2)Costruzione di casa di isolamento per le malattie infettive;
3)Costruzione di cimiteri comunali;
4)Appoggio a costruzione opere pubbliche atte a sviluppare l’attività economica locale (ponte sul Taro a Gramignazzo, Strada Padana, ponte sul Po verso Cremona);
5)Contributo alla soluzione grande problema delle tranvie e della navigazione fluviale, tanto utili al nostro Comune.
6)Massima cura delle Scuole e intesa cordiale coi maestri perché insegnamento, ispirato a sano criterio di laicità, riesca pratico e veramente utile alle classi lavoratrici;
7)lstituzione di scuole serali per adulti, analfabeti e iniziati, facendo affidamento su benefiche disposizioni ultime di legge;
8)Estensione e ordinamento di corsi per la popolazione con insegnamenti speciali di agricoltura ed economia domestica e sociale;
9)Borse di studio a giovani poveri che nelle scuole elementari dimostrino attitudini a corsi superiori;
1O)Largo appoggio all’istituto del Patronato scolastico e della Mutualità scolastica affinché la scuola possa davvero coadiuvare e fiancheggiare l’opera di elevazione materiale e morale delle classi più umili;
"Concludendo, se sorte ci arriderà alle urne, daremo le nostre forze migliori per inaugurare una politica di lavoro, tutela della sanità pubblica, promozione dell’istruzione, trasformando così il Comune in un vero istituto di assistenza sociale ove tutti cittadini trovino equo e onorevole trattamento".
Inizia un periodo cosi di tranquillità all’interno del quale la Cooperativa di Fontanelle può sviluppare le sue attività appoggiata anche dall’Amministrazione Comunale. Non passano però nemmeno due anni che l’accendersi della polemica tra interventisti e neutralisti all’interno della Provincia di Parma, nonché nel PSI, provoca nuove divisioni e stavolta ben più marcate di quelle avute con la guerra di Libia.
Faraboli e i lavoratori della Bassa sì schierarono su posizioni nettamente neutraliste mentre all’interno del PSI le posizioni sono talmente contrastanti da sfociare nell’ambiguità della formula "né aderire né sabotare la guerra".
Il nuovo Consiglio Comunale di Roccabianca, infatti, eletto nelle elezioni dei 26 luglio 1914, al suo insediamento, oltre a rendere il suo omaggio a Jean Jaurès17, assassinato il 31 luglio 1914 da un sicario per le sue posizioni intransigenti contro la guerra, approvava all’unanimità l’ordine del giorno Mondina-Faraboli:"Il Consiglio Comunale di Roccabianca riunito per l’inizio dei suoi lavori, facendosi interprete di tutta la popolazione, esprime l’avviso che bene fece il Governo nell’attuale grave momento internazionale a proclamare la neutralità d’Italia e unisce il proprio modesto voto nel domandare che tale neutralità non sia mai violata a qualunque costo, non prestandosi minimamente alle mire di coloro che aspirano a compensi territoriali comunque: e ciò quale più sicuro e luminoso esempio di una decisa politica di sana democrazia mirante allo sviluppo delle forze del lavoro, delle riforme sociali e della pace fra i popoli".
L’azione neutralista di Faraboli proseguì anche quando la guerra già infuriava e si hanno notizie di suoi interventi contro la guerra, di iniziative verso i militari in licenza, di azioni di sostegno verso le famiglie dei richiamati. Scriveva nell’aprile 1916 l’anonimo compilatore della Questura: "Continua sempre con speciale attività, mediante riunioni private, o comunque gli si presenti occasione favorevole la sua propaganda neutralista presso le organizzazioni operaie del Mandamento di San Secondo, in quelle vicine e in genere del basso parmense, propaganda che cerca di estendere quando gli è possibile anche fra i militari offrendo loro
bicchierate. Va rendendosi così con la sua attività ed influenza acquistata, sempre più pericoloso, motivo per cui viene su di esso esercitata una costante e rigorosa vigilanza".
Egli dichiara tuttavia, nel primo Consiglio Comunale dopo l’entrata in guerra dell’Italia del 1915 (orfano fra gli altri anche del sindaco Paolo Bertoluzzi che assieme ad altri consigliere si trova al fronte), "di essere stato contrario alla guerra per i propri principi e di avere anzi a tempo opportuno, insistito e fatto opera perché l’Italia si riconoscesse estranea al conflitto. Ciononostante questo non deve impedire né a lui né agli altri di compiere ora tutto il proprio dovere nell’aiutare nel limite delle proprie possibilità le famiglie dei poveri richiamati alle armi rimaste sprovviste di ogni appoggio e assistenza, dimenticando ogni odio di classe o lotta dì parte..."
Ma le inimicizie che si era creato con il suo operato non impedirono nella primavera del 1916 che fossero perquisiti tutti gli uffici dell’organizzazione per assistenza dei familiari dei richiamati e la casa del Faraboli stesso, alla ricerca dì qualche appiglio che gli permettesse di chiudere la Casa dei Socialisti e per fare internare il suo Segretario.
Tutto però fu inutile e gli incartamenti testimoniarono «un’opera indefessa, premurosa, affettuosa, compiuta col massimo disinteresse da uomini appartenenti al PSI a favore dei combattenti e delle loro famiglie".
Dopo il Congresso nazionale delle cooperative agricole, svoltosi a Reggio Emilia il 24 febbraio 1918, Faraboli entra a far parte del Consiglio di Amministrazione della Federazione Nazionale delle cooperative agricole con sede in Bologna. La sua attività ora è di ampio raggio, dalla Confederazione generale del Lavoro alla Bassa
Parmense, a Parma viene nominato membro della Giunta esecutiva della Commissione Provinciale per gli uffici di collocamento. E’ in questo periodo che la cooperativa agricola, pur sempre colpita dal fenomeno della disoccupazione che nei consigli comunali Faraboli costantemente ricorda, allarga la sua attività, espandendo notevolmente le affittanze e dimostrando con i fatti quanto fosse più alta la redditività dei terreni coltivati dai cooperatori. Nasce inoltre in questi anni un istituto di credito locale da questi denominato Piccolo Risparmio.
Ma i sussulti del primo dopoguerra erano già alle porte e non trascurarono certo il piccolo mondo di Fontanelle, mettendo a repentaglio le conquiste di anni di paziente e tenacia lotta dei lavoratori. Le bastonate volate già prima della guerra fra socialisti interventisti di Mussolini ai danni dei neutralisti di M. Serrati avevano lasciato il segno di una divisione ben più profonda e presa forse sottogamba dai dirigenti di partito. Già nell’estate del 1919 tumulti organizzati contro l’amministrazione socialista da esponenti degli agrari, del clero e dei commercianti che più risentivano del calmiere dei prezzi imposto dal Comune, si fecero incombenti anche a Roccabianca, nonché dopo lo sciopero di solidarietà con la Repubblica dei Soviet per il quale Faraboli con altri sarà processato. Era la reazione fascista ormai in agguato.

Il fascismo, l’esilio francese, l’addio.
Con la fine del 1920 e nei primi mesi del 1921 il quadro organizzativo della cooperazione parmense tocca la punta massima di sviluppo: il numero di cooperative, di iscritti, nonché i contratti di affittanza collettiva stipulati dalle stesse, raggiungono un’espansione mai conosciuta, con il solo punto interrogativo lasciato da una disoccupazione tornata a crescere.
All’apice della loro fortuna i cooperatori riformisti, conquistate le Amministrazioni Comunali di tutta la Bassa, si fanno però trovare impreparati dalla reazione delle classi che ormai consideravano vinte; inoltre la buona salute di cui godevano le cooperative era l’ultimo riflesso di una congiuntura economica che si stava ormai allontanando, sotto l’incalzare di un complesso di condizioni che avrebbero peggiorato la loro situazione.
"Era, infatti, nella vasta area lasciata scoperta dal restringimento dell’azione del movimento di classe, che si inseriva la controffensiva fascista" — ci ricorda U. Sereni —"proponendosi come polo di raccolta di tutti gli strati sociali offesi o non tutelati dalle organizzazioni dei lavoratori. Unendo alla distruzione violenta di tutto il quadro organizzativo dei lavoratori l’affermazione, strumentale e demagogica, e la parziale soddisfazione delle aspirazioni di quanti si riconoscevano esclusi dal monopolio dei rossi, il fascismo non incontrava, anche nelle campagne del parmense, forti ostacoli alla sua azione di scardinamento delle conquiste del movimento operaio e di riorganizzazione reazionaria della società. E’ da notare che non si lasciava trascorrere un giorno dalla distruzione delle leghe, senza costituire immediatamente in loro vece, dei sindacati a programma nazionale... La rapidità della conquista della Bassa stava anche in questo elemento, nell’aggregazione coatta e consensuale di un blocco antisocialista e antisindacalista che andava dai grandi proprietari alle altre figure sociali intermedie della campagna, ai commercianti dei borghi, nemici delle cooperative, fino ai braccianti rimasti esclusi dai turni di lavoro stabiliti dall’organizzazione"
Il 29 luglio 1922 i sindacati fascisti ormai avevano colonizzato, a suon di bastonate, tutta la Provincia e riunitisi a Congresso a Busseto decisero di puntare sui pochi centri che ancora resistevano, tra i quali "l’oasi rossa" di Fontanelle.
Con la compiacenza della forza pubblica che non "esercitò la benché minima azione di persuasione, minaccia o resistenza sui nuovi unni",22 il 6 agosto 1922 le squadre fasciste entrano in Fontanelle e incendiano i magazzini della Casa dei Socialisti, nonché la Villa Rossa, sede degli Uffici delle cooperative e la Biblioteca popolare. Per ultima la casa di Faraboli, emblema della resistenza e dell’esperienza cooperatìva e che come tale è ricordata sul periodico socialista "L’ldea": "Fontanelle è un mucchio di cenere... Tutto il lavoro che l’uomo aveva creato sollevandosi dalla propria umiltà e tendendosi in un mirabile sforzo di solidarietà è ridotto in cenere. Giovanni Faraboli aveva fatto il miracolo. Da sé stesso, con l’eroico sforzo degli autodidatti, si è conquistato una prevalenza morale che ha rivolto alla redenzione degli umili. Indicato alla deputazione rifiutò. La sua razza semplice e schietta gli fa preferire il lavoro costruttivo semplice, ignoto, faticoso.
E nella sua bassa, egli viene ad elevare i contadini dominati dalla servitù agraria e conturbati dal favore e dalla disillusione che la demagogia sindacalista ha portato nelle anime semplici.
Anima di apostolo fusa in un temperamento di contadino, Faraboli rincuora, suscita, crea... Le cooperative agricole, di consumo, di lavoro, le belle costruzioni del lavoro associato si moltiplicano nella Bassa. il miracolo è fatto. Ma è giunta l’ora più dura...
Giovanni Faraboli resiste... Tocca al fascismo l’onore di spezzare questo nobìle sforzo, di incenerire questa ricchezza che è poi ricchezza nazionale. . .
Costretto a lasciare Fontanelle, Faraboli, si rifugia clandestinamente in Francia, prima a Lille nel 1923 e poi a Tolosa nel 1926, dove riprese a lavorare con lo stesso entusiasmo di trent’anni prima e con gli stessi compagni di Fontanelle che lo avevano anticipato nell’esilio.
A Tolosa Faraboli ricostruisce il nucleo dei cooperatori della Bassa, con i fratelli Bertoluzzi, Amedeo Azzi, Primo Taddei ed insieme ricreano attorno alla cooperativa di lavoro, l’elemento di una nuova unione, l’occasione di garantire sostentamento a quanti hanno lasciato l’Italia e di diffondere gli ideali antifascisti.
Chiamata in un primo tempo Cooperativa dei lavoratori della Bassa Parmense, diverrà poi nel 1927, quando i soci decisero di farne un organismo legalmente riconosciuto, I’emancipazione, proprio come l’organizzazione che ai bei tempi di Fontanelle assumeva i lavoratori edili e di arginatura.
Non perde occasione dì fare propaganda antifascista e ovunque c’è una manifestazione contro, egli si presenta per accusare e inveire; una nota del Consolato di Tolosa del luglio 1934, ricavata dal già citato Sereni e diretta al Ministero degli Interni italiano, infatti descrive la minaccia che reca Faraboli pur da oltrefrontiera: "...egli è riuscito a creare circa un centinaio di sezioni nei vari dipartimenti, a raccogliere nel solo primo semestre 1934 oltre ventimila franchi per la propaganda sowersiva e a distribuire un numero rilevante di giornali e stampe antifasciste, si può dedurre quale sia la di lui attività politica...".
Temendo la perdita di una fisionomia propria del Partito Socialista, non cede nel 1937 al tentativo di riunificare le due anime del movimento operaio nella lotta al fascismo, rifiutando l’ipotesi di unità con i comunisti.
La Francia nel frattempo è divenuta sempre più inospitale e le difficoltà burocratiche per i fuoriusciti antifascisti per accedervi sono sempre maggiori: Faraboli, in buoni rapporti con le autorità municipali di Tolosa, si dedicherà cosi in questo periodo all’attività diplomatica necessaria per accelerare le pratiche per il disbrigo del rilascio di permessi e documenti e ad alleviare il disagio dei suoi connazionali.
Con il rapido precipitare della situazione, la sconfitta dell’esercito francese, l’invasione nazista e la formazione del governo di Vichy, ormai il Sud-Ovest di Faraboli era divenuto il luogo più sicuro.
Divenuto segretario del Comitato di assistenza dei profughi italiani (che garantiva anche la prosecuzione dell’attività socialista sciolta di iniziativa dalle autorità) non scamperà all’internamento nel campo di Vernet per dieci giorni, ma poi scarcerato continuerà la sua attività in favore della Resistenza.
Alla fine della guerra la sua infaticabile attività ventennale in Francia in favore degli esiliati, verrà premiata dal neo Presidente della nuova Repubblica Italiana, Luigi Einaudì, con una delle più alte onorificenze assegnate: la stella degli italiani benemeriti all’estero.
Fu uno dei rari momenti di felicità degli ultimi anni della sua vita: isolato politicamente e seriamente ammalato, il suo ritorno in Italia non fu certo sereno, ma mai volle intralciare per la sua situazione l’operato dei suoi compagni. Ha saputo mettersi da parte e al suo rientro a Genova, costretto a letto dalla malattia e impossibilitato a uscire dall’angusta stanzetta assegnatagli in cima ad una scalinata di un centinaio di gradini, protestò per la dispersione di tempo e denaro che profusero alcuni suoi compagni per farlo rientrare a Parma, non volendo essere di peso a nessuno.
Muore a Parma nella più completa indigenza all’Ospizio degli Incurabili il quattro febbraio 1953, con il funerale pagato a mezzo di una pubblica sottoscrizione popolare.
"MUORE ABBANDONATO ANCHE DA COLORO CHE AVEVA EDUCATO AL SOCIALISMO, CHE NON RISPONDEVANO PIÙ ALL’APPELLO E SI ERANO LASCIATI ANDARE VERSO UN ESTREMISMO PIÙ PERICOLOSO."